Il Vangelo non è socialista, caro Prodi

C’è una lettura che avrebbe fatto molto bene al ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, prima di scrivere la Finanziaria che in due settimane è diventata ormai un bersaglio obbligato non solo dell’opposizione e di chi crede nell’individuo e nella sussidiarietà prima che nello Stato e nel fisco rapinatore, ma di chiunque abbia un po’ di buon senso: dunque compresi molti esponenti dell’opposizione tra le fila di Ds e Margherita, nonché i sindaci a partire da quelli del centrosinistra. Leggere Cofferati che dava a Padoa-Schioppa del demagogo contro i presunti ricchi e Casini che a Capri veniva coperto di applausi dai giovani imprenditori dando ragione a Cofferati, è stato esaltante. Ma torniamo al libro, perché incrudelire contro Padoa-Schioppa dà poca soddisfazione: non è lui il vero ispiratore della manovra tutta tasse e Stato che a Prodi è costata, in pochi giorni, prima il sostegno dei grandi giornali che lo coccolavano, poi di Confindustria tradita sul Tfr, e infine di molti della sua stessa maggioranza. Il libro è stato scritto 40 anni fa dal figlio di un medico luterano della Bassa Sassonia, e dunque Padoa-Schioppa forse sarà più incoraggiato perché l’autore è un cristiano ma non un cattolico, in quanto tale più “sospetto” agli occhi di un esponente della tecnocrazia bancaria europea. L’autore è Wilhelm Roepke, uno dei più grandi difensori delle libertà di mercato e dell’etica cristiana prodotto dal terribile secolo scorso. E il titolo del libro dice tutto: Il Vangelo non è socialista.
Se Padoa-Schioppa lo avesse riletto prima della Finanziaria, non avrebbe apposto la sua firma a un provvedimento che abroga uno dei meccanismi che nella scorsa legislatura fu finalmente possibile introdurre nell’ordinamento italiano: la libertà per ciascun contribuente di devolvere il cinque per mille del proprio reddito a favore di enti del terzo settore attivi nel campo della cultura, della salute, del sostegno alla famiglia, agli inabili, ai malati. Oltre 30 mila soggetti no profit lo scorso anno hanno potuto così contare su oltre 300 milioni di euro: devoluti direttamente dai cittadini e senza intermediazione del filtro pubblico, secondo l’autonoma valutazione di ciascuno delle migliori possibilità di far fare meglio a chi vuole e sa fare, a prescindere dallo Stato. Non è affatto una scelta secondaria, l’abrogazione del cinque per mille. È il segno più evidente di quella nazionalizzazione dell’individuo e della persona che la Finanziaria del governo Prodi esalta nella massimizzazione del prelievo fiscale, di quella statolatria per la quale la scuola e la sanità sono solo quelle pubbliche, e idem dicasi per arte, cultura, salvaguardia ambientale e incentivi alla produzione. Hanno detto il ministro Ferrero e il viceministro D’Antoni che si è trattato di un mero errore, e che il cinque per mille verrà ripristinato in parlamento. Bisognerà vigilare con grande fermezza. No, non è stato un errore tecnico. No, la redistribuzione selvaggia a opera solo di un fisco rapace non è affatto cristiana. E il Vangelo, appunto, non è socialista. Come afferma la Mater et Magistra, «Scilicet privata possessio humanae personae libertatis iura in tuto ponat opertet, simulque necessarium suam conferat operam ad rectum instaurandum societatis ordinem»: la proprietà privata è garanzia essenziale della libera persona e al tempo stesso un elemento non sostituibile dell’ordine della società. Amen, caro Padoa-Schioppa. E così sia.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.