Il voto di scambio tra Sanchez e indipendentisti in Spagna

Il leader socialista trova l'accordo con Puigdemont. In cambio concederà l'amnistia a 1.400 condannati o processati. Attentato contro un ex leader del Pp in Catalogna

Il leader dei socialisti spagnoli Pedro Sanchez (Ansa)

L’accordo fra il Partito socialista spagnolo (Psoe) e gli indipendentisti catalani è cosa fatta, e già settimana prossima il terzo esecutivo di fila guidato da Pedro Sanchez potrebbe ottenere l’investitura delle Cortes, il parlamento spagnolo. Dopo il patto concluso settimana scorsa con l’Erc (Sinistra repubblicana catalana), quello siglato giovedì con Junts por Catalunya, il partito dell’ex presidente della Generalità di Catalogna Carles Puigdemont, fuggiasco in Belgio dal 2017 inseguito da un mandato di cattura spagnolo per reati legati al referendum d’indipendenza illegale da lui promosso, spiana la strada al premier socialista uscente per ottenere la risicata maggioranza di cui ha bisogno per continuare a governare la Spagna dopo le elezioni del luglio scorso che pure avevano visto il sorpasso sui socialisti da parte del Partito Popolare.

Al cuore dell’accordo con i due partiti separatisti catalani c’è l’amnistia per tutti gli accusati e i condannati per reati connessi al referendum del 1° ottobre 2017: potrebbero beneficiarne circa 1.400 persone che hanno già subìto condanne per quei fatti o il cui processo è ancora in corso. Nove di loro erano già state scarcerate nel 2021, in seguito a un provvedimento di grazia dello stesso Sanchez.

Inganno agli elettori

Il testo della legge che sarà sottoposta al parlamento spagnolo per introdurre il provvedimento di amnistia è stato oggetto di diverse laboriose stesure, poiché deve coprire anche le recenti accuse di associazione terroristica, formalizzate contro Puigdemont, la leader di Erc Marta Rovira e altre dieci personalità dei due partiti da un procuratore spagnolo. La maggioranza degli spagnoli (fra il 59 e il 70 per cento a seconda dei sondaggisti), le istanze giudiziarie (tutte tranne il Tribunale costituzionale, controllato da una maggioranza pro-socialista), molti organi di stampa e la maggioranza degli stessi elettori socialisti vedono nella manovre politiche di Sanchez una rottura dello Stato di diritto in Spagna.

Le manifestazioni di protesta delle ultime settimane, con assembramenti di gente comune davanti alla sede del Psoe a Madrid, stanno diventando sempre più minacciose a causa dell’azione di gruppi radicali che hanno provocato cariche e lancio di gas lacrimogeni da parte della polizia. A Sanchez viene rimproverato di avere ingannato gli elettori, per aver affermato in campagna elettorale che non ci sarebbe stata nessuna amnistia per i catalani (in parlamento lo aveva solennemente proclamato già nel 2019) e di infrangere il fondamentale principio democratico dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini.

Voto di scambio

Come fa notare l’associazione per i diritti del cittadino Hay Derecho, che ha pure promosso una raccolta di firme contro l’amnistia,

«viene concessa un’amnistia in cambio di voti per un’investitura, cosa che viola chiaramente l’uguaglianza tra gli spagnoli, poiché implica che i politici acquistino l’impunità in cambio dell’appoggio che il loro partito garantisce (…). Un patto attraverso il quale alcuni politici concedono l’amnistia ad altri che hanno commesso reati allo scopo di restare al governo, rappresenta un’offesa insopportabile non solo per qualsiasi cittadino rispettoso della legge, ma anche per tutte le autorità (polizia, giudici, procuratori, authority, funzionari, ecc.) che hanno il compito di imporre il suo rispetto».

Il voto di scambio è palese, e Sanchez stesso ha ammesso in varie occasioni la natura della sua transazione coi separatisti: per lui si tratta di evitare che la Spagna sia governata dalle destre, ed è a questo scopo che ha concordato che i 1.400 catalani colpevoli di reati connessi col referendum illegale usufruiscano di un trattamento di favore rispetto a tutti gli altri spagnoli.

Il FT con Sanchez

Affermazioni che elidono automaticamente l’altra motivazione con cui cerca di giustificare la sua iniziativa: favorire una riconciliazione fra le parti che è nel pubblico interesse. Motivazione fatta propria dal compassato Financial Times, che in un editoriale del 7 novembre lodava il leader socialista per essersi assunto rischi politici che valgono la pena di essere corsi nell’interesse della Spagna.

Pochi giorni dopo il quotidiano della City pubblicava la lettera di un lettore spagnolo che criticava il senso dell’editoriale con argomentazioni solide:

«L’amnistia è ingiusta perché esenta alcuni cittadini dal rispetto della legge a vantaggio del governo, invece di fare giustizia. La motivazione di Sanchez per la misura dell’indulto è opportunistica, guidata dalla necessità di ottenere un sostegno parlamentare piuttosto che da una vera riconciliazione. Indipendentemente dallo scopo dichiarato della legge una volta introdotta, il suo obiettivo preponderante è il mantenimento del potere politico piuttosto che la promozione dell’unità. I leader indipendentisti, infatti, hanno costantemente riaffermato il loro rifiuto di abbandonare la loro causa, sottolineando l’intenzione di procedere con un referendum sull’autodeterminazione».

L’attentato a Vidal-Quadras

La presidente della Comunità di Madrid, Isabel Diaz Ayuso, ha denunciato gli accordi fra Psoe e partiti catalanisti come l’inizio di una “dittatura”, e su ABC Alberto Garcia Reyes parla di “venezuelizzazione” della Spagna. Su La Razon José Antonio Vera adombra le prossime mosse di Sanchez: poiché l’unico soggetto istituzionale che può far fallire la sua operazione politica è la magistratura spagnola, bisogna temere che, dopo quello del Tribunale costituzionale, il Partito socialista prenda anche il controllo del Consiglio generale del potere giudiziario (equivalente del Consiglio superiore della magistratura italiano) e del Tribunal Supremo (l’equivalente della Cassazione italiana), dai quali stanno arrivando segnali contrarissimi all’amnistia. Infatti tutte le associazioni di giudici (di destra e di sinistra) hanno firmato un comunicato congiunto contro l’accordo voluto da Sanchez.

Ad alzare ancora di più la temperatura di un clima politico surriscaldato è arrivato l’attentato, in piena capitale, contro l’ex leader del Partito Popolare in Catalogna nonché fondatore di Vox (partito di destra radicale) Alejo Vidal-Quadras, colpito al volto da uno sparo.

Completamente snobbati, nel frattempo, gli interventi dell’Unione Europea, che attraverso il commissario alla Giustizia Didier Reynders chiedeva lumi su un’amnistia che non sembra rispondere ai criteri comunitari, e l’appello dell’ex premier socialista Felipe Gonzales a Sanchez perché non cedesse alle richieste di Puigdemont e cercasse piuttosto di vincere nuove elezioni. Al primo il sottosegretario alla presidenza del governo Sanchez ha risposto che l’amnistia è materia del parlamento, e quindi il governo non può fornire delucidazioni a Bruxelles prima che essa venga presentata, mentre il secondo non è stato semplicemente preso in considerazione.

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