Immigrazione, Bagnasco: «Accogliere tutti non vuole dire accogliere tutto»

La lezione del cardinale a Milano. Il diritto a partire e a restare, il contrasto ai criminali e il dubbio che a molti convenga la «perdurante instabilità» dei paesi poveri

I relatori al convegno “Partire senza costrizioni. Liberi di rimanere”, Milano, 22 settembre 2023

Quando il cardinale Angelo Bagnasco ha terminato il suo intervento, Maryan Ismail, prima imam donna in Italia, ha voluto ringraziarlo e domandargli un aiuto. Ismail ha chiesto all’arcivescovo emerito di Genova ed ex presidente della Cei, di fare in modo che la Chiesa non accetti meccanicamente l’islam maggioritario, ma aiuti quello moderato ad emergere e ad avere forza.

Milano, venerdì 22 settembre. Il dialogo tra Bagnasco e Ismail è avvenuto durante il convegno “Partire senza costrizioni. Liberi di rimanere” organizzato dall’associazione LabOra e Fondazione Farefuturo, su iniziativa del consigliere regionale Matteo Forte (Fdi).

Cosa aveva detto di così entusiasmante Bagnasco per suscitare la reazione dell’imam? Il cardinale aveva incentrato il suo intervento a partire dal titolo “Il fattore religioso per una possibile convivenza” parlando di «un diritto di restare» e un «diritto di partire dalla propria terra alla luce della piena legalità, sapendo che qualunque diritto è legato a un bene vero per sé e per gli altri». Il problema, ha detto Bagnasco, è che «si parla di diritto senza riconoscente il fondamento».

«Senza appartenenza non c’è casa»

«Questa base fondativa è la persona stessa, ciò che la qualifica in quanto umana, e che precede le note specifiche dei singoli individui», ha detto il cardinale. «Come credenti, sappiamo che questo fondamento rimanda a Dio creatore, come esseri razionali siamo rimandati alla comune natura e al dono della ragione, nonché alla responsabilità di usarla correttamente. Nella prospettiva della dignità umana, è lesivo parlare dei processi migratori in termini strumentali, cioè come se colui che emigra fosse “forza-lavoro” anziché una persona unica e irripetibile. In nessun ambito, a nessun livello e per nessun motivo (economico, sociale, interesse politico, religioso, prestigio personale o associativo) è lecito servirsi degli altri servendoli. Ciò sarebbe indegno perché è una forma di sfruttamento camuffato, un male vestito di bene».

«Nella visione cristiana, la laicità dello Stato trova la sua affermazione nella distinzione evangelica tra Dio e Cesare. Questa distinzione non afferma uno Stato moralmente neutro verso qualunque opzione comportamentale: accogliere tutti non vuol dire accogliere tutto», ha proseguito Bagnasco. «Se così fosse, in realtà non si accoglierebbe nessuno, poiché accettare tutto e il suo contrario non crea un volto da offrire, un grembo in grado di abbracciare chiunque, ma piuttosto una realtà fluida che non crea appartenenza: e senza senso di appartenenza non c’è casa».

Da sinistra: Matteo Forte (Fdi), Hassen Chalghoumi, Vittorio Robiati Bendaud, il cardinale Angelo Bagnasco, Maryan Ismail

Studiare la lingua e la storia

Fatte queste premesse, il cardinale ha insistito sul fatto che deve esserci un legame, un rapporto, un nesso «tra chi è accolto e chi accoglie: infatti, senza il bene di tutti non vi è bene di nessuno».

«Se, come giustamente si dice, bisogna puntare alla “integrazione” e non fermarsi a forme croniche di “assistenzialismo”, allora bisogna insistere su alcune condizioni», che secondo il cardinale si riassumono nell’idea che sia necessario «integrarsi là dove si è. Da qui l’impegno serio e verificato di studiare la lingua e la storia del Paese» perché «le leggi e le regole valgono per tutti, e vanno rispettate da tutti con le conseguenze previste, per chi è accolto e per chi accoglie».

L’Italia, l’Unione europea, il mondo

Essendo un fenomeno «su scala mondiale», esso va affrontato da tutti con «intelligenza e onestà». Bagnasco ha auspicato quindi che le grandi istituzioni mondiali si impegnino in una «massiccia e severa azione di contrasto verso coloro che – criminali e organizzazioni criminali – sfruttano i migranti». «Se l’Italia deve avere la solidarietà operosa dell’Unione – ha chiosato -, anche l’Unione deve chiamare in causa i soggetti internazionali».

In secondo luogo si è chiesto se il mondo sviluppato «ha veramente a cuore che i paesi di provenienza dei migranti si sviluppino». Il dubbio è lecito, visto che la loro «perdurante instabilità» aiuta a «sfruttare meglio le loro grandi risorse» e rende più semplice «il controllo politico».

Infine una stoccata sotto forma di domanda: «Pensando all’Europa, a volte viene da chiederci: il mondo guarda con simpatia e convinzione al cammino unitario del Continente? Oppure qualcuno pensa diversamente per interessi propri e per una diversa geopolitica?».

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