Immigrazione e libertà di rimanere. «Occorre ricostruire una vita comunitaria»

In un convegno a Milano è stato mostrato un video di John Kanu, il Chesterton della Sierra Leone. Italiani ed europei prendano appunti

Il video fa sorridere, con quel sottofondo di versi di galline, galli, uccellini e pecore, forse anche il barrito di un elefante. Ma il contenuto è eccezionale. A parlare è John Kanu, un “folle di Dio” chestertoniano (qui la sua storia) che, da ragazzo, ebbe la possibilità di lasciare la Sierra Leone e approdare a Oxford dove ottenne un master in Scienze sociali applicate. John, anziché rimanere in Inghilterra, dove aveva ricevuto un’offerta di lavoro e di cittadinanza, decise di ritornare nel suo disgraziato paese e lì applicare le idee sull’uomo e sull’economia imparate da Gilbert Keith Chesterton. Già solo questo basterebbe per il plot di un film, ma Kanu ha fatto di più, e reso il film una realtà.

Il video che vedete in pagina è stato trasmesso durante il convegno “Partire senza costrizioni. Liberi di rimanere” organizzato a Milano venerdì scorso dall’associazione LabOra e Fondazione Farefuturo, su iniziativa del consigliere regionale Matteo Forte.

Occorre ricostruire una vita comunitaria per ricomporre le fratture presenti nella società, è il messaggio di Kanu. Un messaggio che lui ha incarnato con la sua vita e il suo impegno e che ha dato dei risultati. La Chesterton Academy che, partita con 14 studenti, oggi ne ha 350. Una goccia di speranza nel mare della desolazione africana, ma anche un esempio significativo, concreto, reale di che cosa si possa fare nel Vecchissimo Continente.

Liberi di rimanere

Bisogna sottrarre il dibattito sull’immigrazione dall’emotività, come ha detto Forte aprendo i lavori del convegno. E soprattutto da un approccio ideologico secondo cui il mondo si divide tra «quanti sarebbero umani perché accoglienti e quanti sarebbero disumani perché non accoglienti».

Il convegno di Milano ha provato a fare esattamente questo, attraverso una serie di interventi di grande spessore, tra cui quello dell’arcivescovo emerito di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco.

Il tema dell’immigrazione è caldo e ce lo dice la cronaca: gli sbarchi sulle coste italiane, il possibile default della Tunisia, i colpi di Stato in Niger e Gabon, le catastrofi naturali in Marocco e Cirenaica. Ma è un tema anche “eterno” in Italia e in Europa e di cui si torna continuamente a discutere senza riuscire a trovare una soluzione per quella che, giustamente, è stata descritta come una “sfida epocale”. Come si può permettere che guerre, persecuzioni, catastrofi naturali, sottosviluppo non spingano le persone a lasciare i loro Paesi, spesso a rischio della vita e spesso incappando in nuove forme di sfruttamento e schiavismo? Insomma, come da titolo, come si può fare perché queste persone possano “partire senza costrizioni” e siano anche “libere di rimanere”?

Diritto a non emigrare ed educazione

Qualche ipotesi e qualche caso concreto, il convegno di Milano li ha mostrati. Nel tentativo, come ha di nuovo spiegato Forte, di «declinare attraverso esempi concreti proprio il “diritto a non emigrare”. Diritto che, è convinzione di chi vi parla, diventa sempre più urgente da garantire, visto che, nel solo mese di agosto, sono sbarcate sulle nostre coste 25.664 persone, tra il 12 e il 13 settembre abbiamo raggiunto l’apice di 7.998 in 48 ore, oppure – altro dato significativo su cui riflettere – nel 2022 il 56 per cento dei richiedenti asilo ha ricevuto un diniego».

Non è il banale “aiutiamoli a casa loro” – slogan che ha ormai assunto un sapore pilatesco –, ma il riconoscimento che per un effettivo sviluppo delle terre d’Africa non bastino effimeri slanci emotivi o biechi calcoli neocoloniali, ma sia necessario ascoltare e valorizzare quelle esperienze che hanno già mostrato di dare frutto. Finché nel dibattito pubblico sull’immigrazione ci si muoverà nello spazio angusto dello slancio umanitario o del calcolo economico, si rimarrà lontani da una soluzione.

Come ci disse Kanu in quell’intervista di tanti anni fa, «lo sviluppo non è una questione di elettricità, di strade, di infrastrutture. Tutto questo serve, ma lo sviluppo è in primo luogo una questione di persone. Il nostro lavoro consiste nel cambiare le mentalità e questo avviene attraverso l’educazione. L’educazione compie, realizza, completa. Ma solo se è centrata sulla verità e su ciò che è giusto. Allora diventa quella scintilla dentro di te che nessuno ti può portare via. L’educazione ti arricchisce di una ricchezza che nessun ladro potrà mai rubarti».

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