Il grande gorgo mediatico. Stampa-Repubblica: un impero inghiottirà tutti?

È nato un impero capace d’inghiottire ogni voce diversa. E nessuno protesta a parte un vecchio amico

Pubblichiamo l’articolo contenuto nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Boris è meravigliato, ma non tanto, di un’impudicizia italiana. Si attacca Vladimir Putin come persona poco affezionata alla libertà di stampa (e pure essendo russo e putiniano, Boris lo ammette a malincuore), ma in Italia non c’è stata alcuna campagna seria, organizzata, efficace per contrastare un accorpamento micidiale nel sistema della comunicazione. Qualcosa di veramente nemico della libertà di conoscere, di attingere liberamente cose vecchie e cose nuove, pensieri e opinioni contrastanti, proprio perché in un quadro di apparente assoluta libertà.

Si chiama – onore a Umberto Eco che inventò la formula – “censura additiva”. Si arriverà a non poter più individuare la perlina nuova e vera, la goccia d’oro, perché sovrastata da un’immensa mole di cose uguali, soffocanti, uniformi, appena appena lievemente diverse, ma tutte lungo il medesimo mainstream.

La prova di quanto dico? Sta esattamente nel fatto che nemmeno i giornalisti si sono opposti. Il grande pubblico non sa niente. Per una ragione pratica. Quelli che appartengono al gruppo delle testate sotto il marchio di fabbrica De Benedetti-Elkann-Marchionne-Scalfari si sentono ben coperti, sono nella Casa Madre. Gli altri? Se dovesse andar male la ditta dove lavorano, o peggio fosse accorpata pure essa nell’Impero, che fine farebbero? Per questo neppure tra i giornalisti e sui giornali avversi o concorrenti a questo schieramento è nato qualcosa di solido, visibile, leggibile in opposizione a questo gorgo assorbente di ogni parola diversa.

Per questo Tempi va difeso come un tesoro universale di libertà persino da parte di chi lo snobba o lo avversa, o magari spera si esaurisca così da non trovarsi più nessun sassolino nella scarpa che disturba il suo cammino perfettamente liscio sui tappeti rossi stesi per lui dal potere. Basta che non metta in questione l’assetto del potere, del quale si accontenta di godere l’uso di un piccolo pulpito. Un po’ come propose l’imperatore in Vladimir Solov’ëv, rivelandosi essere l’Anticristo. Il quale consentiva la cura della Bibbia, la sua diffusione, vendita in fascicoli, eccetera. In cambio di un colpo di turibolo. Attenzione, dunque. È giusto sfruttare tutti gli spazi, come la colomba che nel Cantico dei Cantici si infila nella fessura delle rocce, ma è altrettanto giusto accorgersi con astuzia di serpente che non bisogna farsi sigillare nella teca del cattolico, infilato anche lui nella processione, quella che fa l’inchino non al mafioso di periferia, ma alla Grande Mafia.

A Boris piace constatare che l’unico che ha fatto sentire la voce sul punto della libertà di stampa in Parlamento, è un vecchio amico: Maurizio Lupi. Ha affrontato il governo in aula, in diretta tivù. Stupisce che il giorno dopo nessun giornale di destra o sinistra abbia eccepito alcunché. Nessuno lo ha criticato. Per forza: nessuno, proprio nessuno ne ha riferito…

L’interrogazione di Lupi che non ha fatto notizia
Rimedia Boris. Lupi è stato scientifico. Ha detto: «Itedi (società che controlla la Stampa e il Secolo XIX) e il gruppo editoriale l’Espresso (che ha la proprietà de la Repubblica, del settimanale l’Espresso e di un gruppo di giornali locali) hanno firmato un memorandum d’intesa tendente alla fusione delle proprie attività. Tale operazione darà vita al primo gruppo dell’editoria italiana, con circa 5,8 milioni di lettori, 2,5 milioni di utenti unici sul web, 750 milioni di euro di ricavi. Questa fusione comporterà la riunione in un solo gruppo di 3 quotidiani nazionali, 17 quotidiani locali, 2 concessionarie pubblicitarie (Manzoni e Publikompass), il 30 per cento di Persidera (multiplex digitali) e radio nazionali». Dopo di che Lupi chiede al governo di occuparsene, monitorando, prendendo posizione. Domanda: con questa concentrazione sarà garantito il pluralismo dell’informazione?

D’accordo con Lupi, Boris non ha paura della censura del governo. Non ce n’è bisogno. Basta già quella che fanno da soli i giornali. Come scrisse Gilbert Keith Chesterton, amatissimo da Renzi, a cui speriamo fischino le orecchie, «non sarà necessario che qualcuno combatta la proposta di una censura della stampa. Non c’è bisogno di una censura della stampa. Abbiamo una censura ad opera della stampa». Almeno Tempi no!

@RenatoFarina

Foto Ansa

Exit mobile version