In assenza di Bruxelles, tutta Europa cerca soluzioni per i migranti

L'Italia si accorda con l'Albania per alleggerire la pressione sugli hotspot; la Germania raddoppia i controlli; il Nord Europa rinnega le porte aperte. E il Pd, prima di stracciarsi le vesti, si ricordi di Minniti

Il Pd ha accusato Giorgia Meloni di creare una «Guantanamo italiana in violazione del diritto europeo» quando lunedì sera la premier ha annunciato un protocollo d’intesa siglato con Tirana per aprire in Albania due centri da tremila posti per l’identificazione dei migranti. Il Partito democratico fa quello che sa fare meglio: dare addosso al governo. Non si preoccupa però né di offrire soluzioni a una crisi migratoria che sta investendo tutta l’Europa, né si rende conto che, quando latita Bruxelles, nascosta dietro accordicchi che si dissolveranno davanti al primo sbarco massiccio sulle coste di Lampedusa, i governi sono obbligati a fare da sé.

L’accordo sui migranti tra Italia e Albania

È quello che in Europa stanno facendo tutti, a prescindere dalla latitudine e dal colore del partito al potere. L’obiettivo dell’Italia da un lato è scoraggiare le partenze dei migranti, dall’altro alleggerire la pressione sugli hotspot, dove dovrebbe avvenire la separazione tra migranti economici destinati al rimpatrio e richiedenti asilo. In Italia ce ne sono quattro, perennemente al collasso. Quello di Lampedusa, capienza massima 400 persone, a settembre ne ospitava 6.000.

In Albania in un anno potrebbero sostare nei due centri, dove vigerebbe la giurisdizione italiana, 39 mila persone per un massimo di 28 giorni a migrante (dall’inizio dell’anno sono sbarcati via mare 145.794 migranti, il doppio dell’anno scorso). Qui dovrebbe essere verificato, con procedura accelerata, se sussiste il diritto alla protezione internazionale o se si rende necessario il rimpatrio.

L’accordo ovviamente è gravido di problematiche, non solo giuridiche, anche se l’Unione Europea finora non ha avuto nulla da obiettare. Basti ricordare che un tentativo simile fatto dal Regno Unito, e che doveva partire nel 2022, è ancora fermo al palo in attesa della sentenza definitiva della Corte Suprema sulla sua legittimità.

La Germania rinnega le “porte aperte”

Italia e Regno Unito non sono gli unici paesi che stanno cercando di governare il fenomeno migratorio, limitandolo. Rimanendo in Unione Europea, anche la Germania ha approvato restrizioni delle prestazioni per i richiedenti asilo e un prolungamento dei controlli alle frontiere orientali del paese, con l’obiettivo di ridurre l’immigrazione irregolare.

Sono lontani i tempi delle porte aperte di Angela Merkel: il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha deciso che saranno mantenuti i controlli che Berlino già effettua alle frontiere con Svizzera, Repubblica Ceca, Polonia e Austria. Inoltre, nel caso si prolunghino le procedure per stabilire chi ha diritto all’asilo politico, i migranti otterranno un sussidio speciale solo dopo 36 mesi e non più 18 come ora.

Meglio l’Albania dei trafficanti di migranti

Una stretta migratoria, molto più radicale di quella che il governo italiano tenta di fare, è stata annunciata anche dai governi di sinistra di Norvegia, Islanda e Danimarca, dalla Svezia, dove i Democratici appoggiano l’esecutivo, e dalla Finlandia, feudo di una destra piuttosto xenofoba.

Per quanto riguarda i Ventisette, il fenomeno migratorio dovrebbe essere governato da un’Unione Europea unita, in grado di riformare gli accordi di Dublino tenendo in considerazione la necessaria solidarietà ai paesi di primo approdo.

Fino a quando prevarranno gli egoismi nazionali e particolari, l’Italia, come gli altri, continuerà a fare da sé andando a tentoni. Ma il Pd che oggi sbraita contro la Meloni dovrebbe spiegare perché l’accordo con l’Albania è più scandaloso di quello raggiunto da Marco Minniti, ex ministro dell’Interno durante il governo di sinistra guidato da Paolo Gentiloni, con alcune milizie libiche (trafficanti di esseri umani inclusi).

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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