Indagine sul potere della tela di Raffaello che sconvolse un popolo intero

Di Pietro Piccinini
14 Ottobre 2020
Perché mai tutti i più grandi geni della cultura russa, e perfino il regime ateo di Lenin e Stalin, hanno sentito il bisogno di ammirare la Madonna Sistina?
La Madonna Sistina di Raffaello, particolare

Articolo tratto dal numero di ottobre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Sapevate che esiste un quadro “di regime” di Dmitri Nalbandian che raffigura Lenin nella Galleria di Dresda assorbito nella contemplazione della Madonna Sistina di Raffaello? E sapevate che alla fine della guerra Stalin in persona volle assolutamente che il capolavoro del pittore marchigiano fosse portato dalla Germania a Mosca, e che per tenerlo al sicuro lo nascose per otto lunghi anni, fino alla propria morte, facendolo pure restaurare con somma cura? Anche qui, esiste un quadro che vuole eternare questo rapporto sorprendente tra il dittatore comunista e la Madre di Dio, si chiama Il salvataggio della Madonna Sistina e lo ha dipinto Mikhail Kornetsky. Stalin non vi compare, ma ci sono due soldati armati a guardia del dipinto di Raffaello, mentre una restauratrice fa quel che deve.

Perché mai, dunque, perfino il regime più ateo e antireligioso della storia ha sentito l’esigenza di accostare i suoi padri nobili a un’opera così evidentemente cristiana e cattolica? È una delle domande a cui prova a rispondere Bianca Gaviglio in Raffello, la Madonna Sistina e i russi (Lindau), lettura consigliatissima per rendersi conto, nel cinquecentenario della morte, del genio universale di questo gigantesco artista italiano. A quanto pare, infatti, forse più di noi occidentali, sono stati i russi a cogliere storicamente il valore immortale di quella tela tanto celebre quanto (a noi) sconosciuta. E pensare che era nata per decorare la cappella del monastero di San Sisto a Piacenza.

Copertina del libro di Bianca Gaviglio Raffello, la Madonna Sistina e i russi

Fatto sta che – si scopre nel libro – davanti alla Madonna Sistina si è inginocchiata la crème della crème della cultura russa. Gogol’, Solov’ëv, Bulgakov, Florenskij, Puškin, Herzen, Belinskij, Tolstoj: tanti ne hanno scritto per tramandare il loro «incontro» sconvolgente, qualcuno invece per provare a smontarne il mito. Nessuno comunque, nemmeno anarchici e socialisti e mangiapreti, hanno potuto evitare di farci i conti. Quell’opera fu addirittura «centrale» per la vita di Dostoevskij, ricorda la Gaviglio. Mentre l’ateo Grossman le dedicò uno dei suoi racconti più impressionanti.

Ma com’è che questa folgorazione contagiosa ha colpito proprio i russi, diffidenti come sono verso il realismo dell’arte occidentale, ai loro occhi tanto capace di rispecchiare le cose quanto proprio per questo ripetitiva e superficiale? Per la stessa Gaviglio «resta un punto interrogativo». Questo non vuol dire però che l’indagine non valga la pena. Insegnante di filosofia e storia nei licei, l’autrice ha il merito di non inanellare rispostine imbevute di accademia, preferisce accendere l’interesse dei lettori formulando ipotesi mai definitive (impossibile il contrario) e andando a «pescare qua e là autentiche perle» partorite dagli «spiriti geniali del pensiero e della letteratura» russi. E guarda caso, «le perle più luminose sono misteriosamente accomunate dall’attrazione per la Madonna Sistina».

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