Infrastrutture: tante risorse, niente garanzie

Governo e grandi opere, è vero amore? A leggere l’analisi della manovra di finanza pubblica per le infrastrutture nel 2007 della direzione Affari economici e Centro Studi dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) sembrerebbe di sì. Sembrerebbe, in quanto emerge un aumento delle risorse destinate all’adeguamento infrastrutturale del paese del 25,9 in termini reali rispetto al 2006 (nel calcolo non si considera l’Alta Velocità). Per il 2007, la Finanziaria dispone quindi autorizzazioni di spesa fino a 3.703 milioni di euro, che nel triennio 2007/2009 raggiungono la somma complessiva di 14.048; all’incremento per il 2007 contribuiscono autorizzazioni di spesa pari a 3.113 milioni di euro e contributi pluriennali che quest’anno ammonteranno a 590 milioni di euro.
Dov’è l’inghippo? Semplice: «Su tale calcolo pesa il rischio legato all’effettiva operatività del Fondo istituito presso l’Inps – recita il documento Ance – con le risorse accantonate per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato del trattamento di fine rapporto». Tali risorse, in gran parte destinate al finanziamento di infrastrutture, «potranno essere effettivamente utilizzate solo in seguito alla valutazione positiva di questo nuovo strumento contabile da parte delle autorità statistiche comunitarie». In altre parole, le risorse potranno essere usate subordinatamente alla decisione di Eurostat sul loro trattamento contabile, e alla conseguente compatibilità degli effetti complessivi con gli impegni comunitari assunti dall’Italia. E se in sede comunitaria venisse rigettato l’utilizzo del Tfr come fonte di finanziamento (che riguarda la quasi totalità delle risorse destinate all’adeguamento infrastrutturale dell’Italia)? E se il gettito di Tfr verso il fondo Inps fosse insufficiente? Le cose si complicano andando a leggere i comma 511, 512 della manovra, che introducono un’innovazione all’utilizzo dei contributi pluriennali dello Stato per investimenti pubblici, da cui si evince che la cassa per attivare mutui pluriennali (un fondo istituito presso il ministero dell’Economia) si attesta ad un valore di 520 milioni di euro. è questo il tetto che lo Stato impone di rispettare ai beneficiari dei contributi pluriennali per le richieste agli istituti di credito. E se i profili di spesa non dovessero coincidere? Resta il ricorso al sistema bancario, ma senza la garanzia dei contributi pluriennali dello Stato che te ne fai?

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