«La riscossa dell’Europa parte da una nuova cultura della vita»

Di Valerio Pece
15 Dicembre 2024
Intervista all’eurodeputato Paolo Inselvini che ci racconta il suo scontro con Morace e il suo impegno nel neonato Intergruppo sulla demografia. «Mi piacerebbe collaborare con gli universitari di Obiettivo studenti»
Paolo Inselvini, eurodeputato di Fratelli d’Italia
Paolo Inselvini, eurodeputato di Fratelli d’Italia

È stato eletto al Parlamento europeo per Fratelli d’Italia con oltre 16.500 preferenze, è tra gli europarlamentari più giovani (di certo il più giovane degli italiani), e su vita, famiglia e libertà educativa le idee chiare sembra non gli manchino. Insieme a un pragmatismo tutto bresciano. «È incredibile come l’attacco alla nostra amata civiltà europea avvenga soprattutto dall’interno delle stesse istituzioni comunitarie», dichiara Paolo Inselvini a Tempi, «ma è impossibile cancellare la storia perché “le radici profonde non gelano mai”, parola di Tolkien». Dopo le minacce ricevute per aver osato chiedere in Parlamento come fanno due mamme ad avere un figlio, e soprattutto dopo la recentissima nascita dell’intergruppo parlamentare sull’emergenza demografica da lui fortemente voluto e di cui è co-presidente, in questa intervista l’europarlamentare racconta le sue profonde radici valoriali e il suo coraggioso lavoro a Strasburgo, frutto di «una netta discontinuità da ogni déjà vu».

Cosa è successo al Parlamento europeo con l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Carolina Morace?

Dopo il mio intervento sull’utero in affitto è accaduto qualcosa che alla lunga non potrà che fare del bene, perché quando si tira troppo la corda con l’ideologia, si finisce – spiace dirlo – per far risultare la propria posizione alquanto ridicola. L’onorevole Morace, per rispondere a me che le chiedevo di spiegare come fanno due donne ad avere un figlio, ha risposto che sono «vecchio», che «siamo nel 2024», che io «ancora non capisco». Ma soprattutto che la sua donna «ha un figlio», perché «quando ci si ama la filiazione è normale». Peccato però – piccolo particolare – che la sua donna il figlio lo ha avuto da un uomo.

Tutto vero, però sui social sembra non abbiano colto il particolare, tanto che l’hanno attaccata duramente.

Per quella domanda mi sono arrivate minacce di morte, pubbliche e private. Sembra incredibile ma è così. Certo, va detto che certe lobby sono organizzatissime a dispetto del loro numero. Anche perché, non dobbiamo dimenticarlo, c’è chi per distruggere viene foraggiato economicamente. Detto questo, pian piano le cose stanno cambiando. E poi, come si diceva una volta, sono convinto che “tutto concorre al bene”. Oso dire che anche la forte discontinuità rappresentata dalla nuova squadra di governo del presidente americano Trump sarà di aiuto alla vecchia e troppo remissiva Europa. In ogni caso, a proposito delle minacce subite, in queste settimane ho ricevuto migliaia di attestati di stima e di fiducia. Questo mi ha convinto ancora di più che la maggior parte della gente la pensa come noi.

Cosa manca ancora per uscire da quella “cappa” che a Bruxelles e a Strasburgo sembra essere così soffocante?

Ho trent’anni – quindi non così vecchio come afferma un po’ sprezzante la collega pentastellata – ma credo di poter rispondere con cognizione di causa: manca un lavoro culturale che parta dalle scuole. Ci vogliono insegnanti coraggiosi, che raccontino anche le conseguenze di quello che è venduto come “progresso”. Quanto ci sarebbe da dire, per esempio, sulla deriva eutanasica in corso in nord Europa, a cui le solite forze di sinistra vorrebbero tanto che l’Italia si adeguasse.

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Non sono rimasti in molti a dar credito alla scuola. È ancora così importante?

Certo! Innanzitutto dobbiamo proteggere i nostri bambini dall’ideologia gender e da una educazione sessuale esclusivamente ideologica. In questi anni ho seguito personalmente e con scrupolo molte segnalazioni inviatemi dalle famiglie. Si tratta di genitori stanchi, ad esempio, che ai loro figli si insegni che l’utero in affitto è un modo come un altro per far nascere un bambino. Questo indottrinamento non è accettabile, la priorità dell’educazione deve tornare alla famiglia, che a sua volta va aiutata. Senza neanche andare lontano, servono insegnanti che prendano più sul serio anche gli assist educativi del ministro dell’Istruzione Valditara.

Per esempio?

Penso alla vita nascente, un tema che la scuola inspiegabilmente censura. Perché nell’ora di scienze o di biologia non mostrare ai ragazzi lo sviluppo del bambino nei nove mesi in cui è nella pancia della madre? Quando accade il risultato è sempre lo stesso: giovani che rimangono increduli di fronte al fatto che a 22 giorni c’è un cuore che batte. Che nessuno gliel’abbia mai detto è uno scandalo. Ed ecco spiegato perché tra gli adolescenti nasce il mito dell’aborto come “diritto”, con la violenza che ne consegue appena si cerca di lavorare a favore della vita. Nessuno ha mostrato loro il bimbo che ride, si muove, si ciuccia il pollice. Solo una ritrovata “cultura della vita” ci può portare al rispetto dell’altro.

Lo striscione esposto fuori dall'aula in cui si è svolto l'incontro "Accogliere la vita", Università Statale, Milano, 26 novembre 2024 (foto Tempi)
Lo striscione esposto fuori dall’aula in cui si è svolto l’incontro “Accogliere la vita”, Università Statale, Milano, 26 novembre 2024 (foto Tempi)
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Passando dalla scuola all’informazione, a suo giudizio questa fa invece la sua parte?

Poco. È evidente che i media sono spesso poco coraggiosi, quando non totalmente schierati. Anche l’attacco dei collettivi di sinistra al convegno sulla vita che si sarebbe dovuto tenere all’Università Statale di Milano è stato raccontato, usando un eufemismo, molto parzialmente. «Interrotto il convegno», si è letto all’inizio su molte agenzie di stampa, come se questo non si fosse svolto per un guasto alle luci della sala. Ho apprezzato il vostro giornale, che leggo sempre con attenzione, che a quell’attacco compiuto a suon di bestemmie, violenza fisica e povertà intellettuale ha dato l’importanza e lo spazio che meritava (qui, qui e qui, ndr).

Eppure, secondo certa vulgata, convegni e approfondimenti sulla vita nascente censurerebbero la libertà di espressione.

Purtroppo siamo al paradosso. L’oscurantismo arriva tutto dall’altra parte, da coloro che si dicono per la libera scelta e invece cercano di chiudere la bocca a chi la pensa diversamente. Noi non ci permetteremo mai di censurare il pensiero altrui, a maggior ragione usando la violenza. Invece questo accade sistematicamente nei nostri confronti. Se c’è un pericolo riguardante la libertà di parola e di pensiero, come ho ribadito nel mio discorso al Parlamento europeo, è solo nei nostri confronti.

Per tornare al suo “tutto concorre al bene”, la posizione degli organizzatori del convegno sulla vita è sembrata quantomeno “alternativa”.

Sì, sono andati controcorrente e hanno spiazzato. Malgrado quanto subìto dai tanti ragazzi arrivati fin lì per ascoltare le relazioni delle tre donne professioniste, nessuno ha ceduto alla tentazione della vendetta. È successo esattamente il contrario, e penso che chi li ha bullizzati non potrà rimanere indifferente. Dopo quell’attacco gratuito, le dichiarazioni dei responsabili di Obiettivo studenti, gli universitari vicini a Cl, sono state di grande ispirazione. Pur parlando di “grazia” e non di “meriti”, questi ragazzi hanno scritto di «struggimento mai sperimentato per chi non ha incontrato o ha respinto l’Amore che ha conquistato noi». È con giovani di questo tipo che mi piace collaborare, giovani con le idee chiare, mossi non dal risentimento ma solo dall’amore e dalla voglia di testimoniare la verità.

Cosa significa per il movimento pro life e pro family che un trentenne dia battaglia al Parlamento europeo senza paura?

La mia presenza propositiva al Parlamento europeo dice da sola che per i giovani di buona volontà c’è spazio. Serve solo più coraggio. E se la ricerca dell’Università di Oxford che i giornali riportano in questi giorni ci dice che, per via del devastante rapporto con i cellulari, la parola dell’anno è “cervello marcio”, significa che avere un ideale oggi è diventata una priorità, un modo per salvarsi. È importante riconoscere che senza aiuti, senza guide autorevoli, senza seguire le orme sapienti di chi ci ha preceduto non è possibile alcun risultato concreto.

Lei chi ha avuto come “maestro”?

Tanti. Ovviamente la mia famiglia: padre, madre, nonni, che oltre ai principi mi hanno tramandato la fede in Cristo. Non posso dimenticare la formativa nonché gaudente esperienza liceale con i padri carmelitani, un’Istituto paritario di eccellenza, contro ogni barriera, dove ho appreso con maggior consapevolezza la bellezza del cristianesimo e la sua importanza per ogni tipo di sviluppo sociale.

Andando più avanti negli anni chi l’ha ispirata?

Un uomo a cui devo molto, anche in termini di studio, cioè di conoscenza scientifica delle cose, è Massimo Gandolfini. Alla sua già delicata professione di neurochirurgo, il professore ha sommato un impegno fortissimo per quelli che Benedetto XVI chiamava “principi non negoziabili”. È stato il primo a girare l’Italia per far chiarezza sul pericolo gender. Eppure alla sera, magari dopo ore passate in sala operatoria, lo trovavo alle veglie delle Sentinelle in piedi, da solo, per dire il suo “no” pubblico ai liberticidi disegni di legge prima di Scalfarotto e poi di Zan. Adottare poi sette figli, tutti provenienti da famiglie bisognose, è la prova provata del suo spessore umano.

Cosa risponde a quelli che la dipingono solo come un “crociato”?

Chi vorrebbe estromettermi dal dibattito pubblico sappia che porto con orgoglio una spilla con la croce di san Giacomo, simbolo del cammino di Santiago de Compostela. Una spada gigliata, in qualche modo la stessa che Chesterton chiedeva di sguainare per difendere il fatto che due più due fa quattro e che le foglie sono verdi in estate. Ripeto: a chi vorrebbe ghettizzarmi ingenuamente utilizzando un appellativo, rivendico che nella mia ottica politica la vera priorità dell’Europa è ritrovare le sue radici cristiane.

Ci parli della sua attività. A Strasburgo in quali Commissioni parlamentari è attivo?

Sono presente in quattro commissioni. Nell’Envi, la commissione su Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, dove lavoro per salvaguardare l’eccellenza italiana da contraffazioni continue e di ogni tipo. Sono nella Commissione sviluppo, legata soprattutto ai rapporti con l’Africa. Poi nella Commissione petizioni, ancora troppo sottovalutata, ma che a mio avviso, se ben sfruttata, ha ampi margini per condizionare la linea del Parlamento. Faccio parte infine della Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (Libe), dove si trattano temi fondamentali e delicatissimi: immigrazione, cosiddetti diritti civili con annessi enormi nodi etici, lotta alla droga. Qui il mio lavoro è focalizzato soprattutto a evitare una catastrofe, cioè che il fentalyn e le nuove droghe sintetiche arrivino sul mercato europeo. In questa commissione sono il parlamentare di raccordo tra Ecr, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei di cui faccio parte, e Europol, l’agenzia che collega i corpi di Polizia dei vari stati della Ue. Ciò che salta all’occhio aggirandosi tra le Commissioni è che ne manca una, la più importante.

Quale?

Con una crisi demografica dalle conseguenze enormi, che non ci sia un commissario alla demografia è un’imperdonabile miopia. Fortunatamente lavoriamo al tema da tempo e finalmente pochi giorni fa, il 12 dicembre, abbiamo festeggiato la nascita in Parlamento dell’Intergruppo sulla demografia. Oltre a me, gli altri co-presidenti sono l’eurodeputata Romana Tomc, del Ppe, e Vasile Dîncu, di Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D). La crisi della denatalità è il tema più urgente che l’Europa deve affrontare, da essa derivano tutte le altre criticità, a iniziare dal sistema pensionistico. Dopo questo grande risultato ottenuto superando anche non poco ostruzionismo, ci auguriamo che il maggior numero di parlamentari europei, di tutti i gruppi politici, aderiscano all’intergruppo per collaborare a proposte concrete. Non mi stancherò mai di dire che la riscossa dell’Europa passa soprattutto dal sostegno alla famiglia e da una nuova “cultura della vita”.

Qual è la prima proposta che farete sull’emergenza “culle vuote”?

Innanzitutto non ci fermeremo allo studio del problema. Una delle prime misure sarà di tipo strutturale: togliere dal deficit le spese fatte per investire sulla natalità. Non farle rientrare, cioè, nelle restrizioni legate a Maastricht, bensì inserirle alla voce investimenti. Semplicemente perché non c’è investimento più grande di questo, di un bambino che nasce. E chi per motivi ideologici si ostina a non capirlo sta letteralmente uccidendo l’Europa.

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