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Into the Woods ci rapisce in un bosco di musiche e avventure
Se Into the woods, il nuovo film della Disney basato sul celebre musical di Broadway che uscirà nelle sale italiane il prossimo 2 aprile, è a base di fiabe, questo non vuol dire che necessariamente ci racconti una fiaba. Ciò però non comporta il buttarsi alle spalle quei significati profondi e quei messaggi allegorici e morali piuttosto sfaccettati che l’appiglio al genere letterario tante volte saccheggiato dal cinema ha sempre portato con sé. A cominciare dalle trasposizioni più infantili, e semplicistiche, fino alle rivoluzioni degli ultimi anni, quando sono state proposte ardite reinvenzioni dei clichè originali, un caso per tutti, Hansel e Gretel cacciatori di streghe. Il nuovo prodotto Disney va ancora oltre: incrocia situazioni e personaggi di alcune delle fiabe più conosciute per giocare, in modo beffardo e contemporaneo, con gli stereotipi che abbiamo tutti immagazzinato da bambini guardando le indifese Cenerentola, Biancaneve e Aurora, tutte bellezza e poca spina dorsale. Il risultato non è però una ridicolizzazione di un universo che ha fatto sognare adulti e bambini, ma un riproporlo agli occhi del maturo spettatore del XXI secolo, che gusta le musiche di Stephen Sondheim e il libretto di James Lapine, interpretati da un cast all’altezza della situazione.
Il tema principale è quello di fare attenzione a ciò che si desidera, e che ogni azione può portare una conseguenza grave, e che dunque bisogna sempre riflettere a fondo. In questo caso la storia si muove grazie al desiderio di un fornaio e della moglie di spezzare l’incantesimo della strega che impedisce loro di avere figli. Per portare a termine il loro desiderio il loro destino sarà indissolubilmente incrociato a quello di Cenerentola, Raperonzolo, Cappuccetto Rosso e Jack il ragazzino del Fagiolo Magico, ognuno presente nel bosco nelle proprie faccende affaccendato.
L’unico elemento veramente magico è la strega, di cui veste i panni una magnifica e sempre in forma Meryl Streep, che osserva il muoversi affannato e a volte stupido del genere umano. È lei a unificare le vicende e a portare avanti concetti drammatici nella loro brutale sincerità, come l’impossibilità delle madri di seguire i figli nel loro individuale percorso impedendogli di fare scelte ritenute sbagliate (il tema Children won’t listen). Vicino a temi complessi vengono anche demoliti i pilastri fiabeschi: i principi sono vanesi, retorici (Agony) e la loro presenza è quasi interamente inutile, mentre i bambini innocenti possono essere insanabilmente dispettosi e furbi come Cappuccetto Rosso. Cenerentola appare molto più realistica e con i piedi per terra rispetto alla versione contemporaneamente al cinema prodotta dalla Disney. E non mancano certi twist sentimentali inaspettati, che mettono in forse la fedeltà sentimentale, immediatamente punita. Nota a margine la merita il lupo, un piccolo personaggio ironico e beffardo interpretato con il solito brio da Johnny Depp, inarrivabile in questi piccoli ritratti istrionici.
Le musiche, con una partitura ricca di temi e di intrecci, tessono con cura i vari racconti, valorizzando dialoghi e movenze, senza invece puntare sui balli corali e sulle grandi scene di massa tipiche di Broadway come può accadere in Chicago, dello stesso Rob Marshall, qui regista. Il musical mostra poi che cosa succeda dopo il lieto fine, e come le situazioni possano ingarbugliarsi: questa seconda parte, per certi aspetti più complessa da realizzare ma anche più stimolante, appare nel film con meno forza e senza quella maggiore profondità che avrebbe meritato. Un peccato, che però non sminuisce il valore dell’opera, una festa di costumi e di luoghi, di voci e di volti tutti in parte, e che mostrano quel lato oscuro della fiaba che ha sempre affascinato l’immaginario dell’uomo. Un film che dona più di quel che si possa pensare, ricco di idee, e che si rivela un ottimo intrattenimento per questa Pasqua.
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