
Introdurre il Fattore Famiglia si può, ecco tutti i numeri
Il premier Mario Monti, in una intervista a Famiglia Cristiana, ha confermato quanto anticipato dal ministro Andrea Riccardi: l’introduzione in Italia del Fattore Famiglia è incompatibile con la situazione generale dei conti dello Stato. L’insistenza con la quale il Governo continua a giudicare questo strumento fiscale, che porterebbe a una maggiore equità rispetto alla realtà di tassazione oggi vigente, come troppo oneroso, contraddice il piano di graduabilità che il Forum delle associazioni familiari propone per l’introduzione operativa dello stesso Fattore. Vediamo perché.
Il principio del Fattore Famiglia è quello di quantificare il costo di mantenimento indispensabile per ciascun componente del nucleo familiare. Si determina così una “No tax area” all’interno della quale l’aliquota d’imposta è pari a zero. Superata la No tax area, invece, si applicano le aliquote progressive attualmente previste. La No tax area complessiva si ottiene moltiplicando il costo di mantenimento per il valore di una scala di equivalenza modulata sul numero dei componenti e sulle problematiche connesse con il nucleo familiare. La scala di equivalenza, che costituisce in sostanza il Fattore famiglia, tiene conto del costo dei figli e di altre situazioni particolari come la presenza di disabilità, monogenitorialità e altro.La No tax area può essere applicata da entrambi i coniugi dichiaranti con il peso dei figli a carico distribuito tra i due.
Il Fattore Famiglia si potrebbe applicare gradualmente a partire dalle famiglie più numerose: il primo anno si partirebbe dai nuclei con sei figli, il secondo con i nuclei con cinque figli e via via a scalare. I costi sarebbero così limitati a 900 milioni di euro per la prima applicazione alle sole famiglie dai quattro figli in su. I successivi gradini di impegno aggiuntivo sarebbero di 2,7 miliardi (3 figli), 7,9 miliardi (2 figli), 5,3 miliardi (1 figlio), fino ad arrivare ai 16-17 miliardi totali. Un altro sistema di introduzione graduale potrebbe invece basarsi sul reddito, partendo dalle famiglie più in difficoltà, quelle cioè con reddito al di sotto della soglia di povertà. Si potrebbe cominciare con una base di 6.500 euro di No tax area e un recupero parziale per gli incapienti (con credito di imposta solo al 20 per cento, per esempio), aumentando successivamente il credito di imposta fino a portarlo al cento per cento. Con una base di 6.500 euro, tra l’altro, nessun nucleo familiare ci rimetterebbe rispetto al sistema attuale e il costo della manovra, a regime, scenderebbe a 12 miliardi complessivi. Eliminando al cento per cento la tassazione negativa, si avrebbe un costo globale di circa 1 miliardo. Ammettendo un primo 20 per cento di credito d’imposta, comunque esigibile tramite assegno, il costo salirebbe a 2 miliardi. Aumentando progressivamente il livello di tassazione negativa si può, gradualmente negli anni, arrivare a regime, sempre però partendo dalle famiglie incapienti, quindi le più povere. Questi sono i conti del Forum delle associazioni familiari, che meriterebbero sicuramente un’attenzione maggiore di quella ricevuta sinora.
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