
‘Io difendo il Corriere della Sera’. Il fioretto di Vittadini
Negli ultimi tempi, sulle pagine del Corriere della Sera, sono stati riaperti temi importanti e anticonformisti. Pensiamo alla continua e non superficiale attenzione all’educazione e al fenomeno religioso così come don Giussani l’ha riproposto a partire dagli anni Cinquanta nella società italiana, che troviamo, ad esempio, in molti articoli di Pierluigi Battista. Tutto questo non è scontato, quando si vedono spesso riapparire steccati ideologici pieni di livore. Allo stesso modo troviamo una posizione rispetto al mondo musulmano attenta a coglierne i fermenti positivi, ma parimenti precisa – come testimoniano gli editoriali di Magdi Allam, Ernesto Galli Della Loggia e Angelo Panebianco – nel denunciarne le degenerazioni terroristiche, oggi purtroppo rappresentate anche da personaggi istituzionali quali il presidente iraniano e il gruppo dirigente di Hamas. Non è scontato quando esponenti politici di primo piano sfilano in cortei in cui si inneggia al grido di “Dieci, cento, mille Nassiriya”, quando giudici (con sentenze impugnate dalla stessa procura) assolvono reclutatori di kamikaze, quando intellettuali e, a volte, anche esponenti clericali non condannano il terrorismo con chiarezza.
Un contributo importante per uscire dalla retorica del declino arriva poi dalla riapertura del tema della vitalità attuale dei distretti, della capacità competitiva di parte delle imprese italiane piccole, medie e grandi, come emerge chiaramente dalle pagine economiche del Corriere. Non è scontato quando, sullo stesso quotidiano milanese, editorialisti à la page, mentre giustamente denunciano le storture del nostro sistema, in modo superficiale e parziale denigrano tutte le peculiarità del sistema economico italiano, senza riflettere su fattori che ne possono determinare un nuovo sviluppo, come soprattutto il fattore umano.
Infine, in particolare negli ultimi tempi, con un’attenzione di sguardo non unilaterale su fenomeni nuovi, italiani e internazionali, è stata descritta – tra gli altri da interpreti quali Massimo Gaggi e Dario Di Vico – la fine del ceto medio, che con l’emergere di un esercito di partite Iva caratterizzate da volontà imprenditoriale e dall’impossibilità di sostenere un welfare state costoso e clientelare, può favorire una nuova welfare community ispirata a sussidiarietà e solidarietà. Non è scontato, quando sullo stesso Corriere della Sera, personaggi al centro di tutti gli affari degli ultimi tempi si permettono di stravolgere i fatti, istituendo una nuova laica teologia dell’economia basata sulla pre-moderna tesi dell’homo homini lupus e sullo Stato come unica entità capace di fermare la cattiveria inevitabile degli uomini. E, allora, in definitiva? Quanto detto mostra che il nemico non sta in qualche giornalista e l’arma da usare per la battaglia è il fioretto, non la clava.
*presidente Fondazione per la Sussidiarietà
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