Iraq, Sako agli ortodossi: «Isis ci minaccia. Se non vogliamo sparire, torniamo uniti»

Di Leone Grotti
26 Giugno 2015
Il patriarca dei cattolici caldei propone un «nuovo cammino verso l'unità» alle Chiese assira e antica d'Oriente, che non riconoscono il Papa. «È necessario fare qualcosa per fermare la gravissima emorragia di fedeli dalla nostra terra»
20080530 - MILANO - CRO - IRAQ: APPELLO ARCIVESCOVO DI KIRKUK. MOnsignor Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, oggi a Milano per una conferenza stampa per un appello per l'Iraq. DANIEL DAL ZENNARO/ANSA

«In Iraq la nostra presenza come cristiani è minacciata e nessuno sa quando e se l’Isis scomparirà dal nostro territorio e come la situazione evolverà». È a partire da questa considerazione che ieri il patriarca della Chiesa cattolica caldea, Mar Louis Raphael I Sako, ha lanciato sul sito del patriarcato una proposta coraggiosa: «Un sinodo congiunto tra la Chiesa cattolica caldea, la Chiesa assira d’Oriente e la Chiesa antica d’Oriente per iniziare il nuovo cammino verso l’unità».

UN SOLO PATRIARCA. Il progetto di riunire chiese cattoliche e ortodosse, su cui anche papa Francesco insiste moltissimo, è ambizioso ma non è semplice. Prima di tutto, spiega la sua proposta Sako al sito Baghdadhope, «io dovrei dimettermi dalla mia carica» e così dovrebbe fare anche Mar Addai II, attuale patriarca della Chiesa antica d’Oriente, mentre questo posto nella Chiesa assira d’Oriente è per il momento vacante. Per Sako, si tratta di «unificare queste tre chiese, che a livello di fede sono già unite, sotto l’autorità di un nuovo patriarca che possa meglio difendere gli interessi delle nostre, o meglio dire, della nostra comunità».

«IL PAPA RIMANE A CAPO». I problemi non mancano e anche il patriarca ricorda che «la mia è una proposta da studiare insieme». Un ostacolo è il ruolo del Papa: la Chiesa caldea riconosce la sua autorità, le altre due no. Come sciogliere questo nodo? «Deve essere chiaro che si tratterebbe di una Chiesa cattolica di cui il Pontefice romano rimarrebbe a capo. Uniti, però, potremmo far valere di più anche il peso delle nostre tradizioni, liturgie e usi». Una Chiesa «legata a Roma», insomma, «ma più libera di gestire i propri affari interni». Anche perché «la comunicazione con Roma a volte è lunga e difficile. La rispettiamo, ma le urgenze delle chiese “a rischio” sono diverse da quelle in paesi dove la loro esistenza non è minacciata».

POSSIBILI CONSEGUENZE. Se si «mira all’unità che molti fedeli chiedono, si potrà realizzare» anche «il riconoscimento dell’autorità del Papa». Negli anni passati, continua il patriarca, «troppe spinte nazionalistiche ci hanno divisi». Ora però bisogna metterle da parte, perché «ben altri sono i problemi. Ad un esame obiettivo della situazione è innegabile che l’unione delle diverse comunità possa anche portare ad un maggior peso politico qui in patria. Dirò di più, una tale unione potrebbe spingere altre chiese minoritarie in Medio Oriente ad unirsi per contare di più. Chi dice che non potrebbe essere la spinta perché, ad esempio, la Chiesa Sira possa unirsi a quella Maronita?».

CHIESA D’ORIENTE. E quale dovrebbe essere il nome di questa nuova Chiesa? «Il nome proposto è quello della chiesa di origine di tutti noi, Chiesa d’Oriente, una chiesa cattolica nei fatti che però avrà una sua identità locale. D’altra parte non si dice Chiesa maronita Cattolica, ma solo chiesa Maronita, perché non Chiesa d’Oriente? In questo modo potremo testimoniare la nostra fede ed il nostro amore. Uniti e non divisi».

«UNITÀ NELLA DIVERSITÀ». Sempre tenendo fermo un punto: «Con l’aiuto di Dio ogni problema può essere superato se alla base di tutto c’è la fede in Lui. Certo, tutto dovrà essere discusso con Roma. Il processo, se avviato, non sarà breve e forse non indolore». Ma è arrivato il momento per affrontare questo problema perché «alla luce della continua e gravissima emorragia di fedeli dalla nostra terra è necessario fare qualcosa se non vogliamo che le nostre piccole chiese spariscano. Lo scopo ultimo è quello di mantenere l’unità nel rispetto delle diversità».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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3 commenti

  1. Andrea UDT

    Temo che loro vinceranno.

    Hanno una cosa che noi (almeno io, come occidentale) abbiamo perso:

    il senso del sacrificio per un ideale più grande di noi.

    E fede.

    Se veramente credono di andare in paradiso con 72 vergini a disposizione, cosa può dissuaderli?
    Cosa può farli ragionare? In una guerra fondata su motivi economici, di sopravvivenza, di potere.. ..un qualche compromesso per evitarla si può proporre. Sempre che il compromesso non sia peggio.

    Con questa gente cosa si può fare? Ti costringono a muover guerra, sapendo benissimo che noi non siamo più capaci di muover guerra, perchè non c’è più qualcosa per cui siamo disposti a morire.

    Hanno già vinto in partenza.

    E quelli che danno la colpa a politici smidollati e opportunisti dovrebbero riflettere. I politici oggi danno le risposte che noi vogliamo siano date.

    Esiste una opinione pubblica oggi in grado di sostenere una guerra, perdita di vite umane, la consapevolezza che non esistono “interventi mirati”, che ci sarebbero inevitabilmente vittime collaterali, che non sarebbe una cosa rapida (10 anni in Iraq a tenere la pace con le armi, 15 in afganistan)?

    Siamo in grado di farlo per evitare il genocidio dei cristiani?

    Ma quale opinione pubblica sarebbe capace di reggere questo?

    E’ per questo che l’odiato Obama ha mollato il medio oriente. Gli elettori USA non sono più disposti a crepare per il medio oriente. Prima di biasimarli, prima di biasimare gli Obama e chi verrà dopo di lui, chiediamoci se noi siamo disposti a farlo.

    1. Menelik

      “…Se veramente credono di andare in paradiso con 72 vergini a disposizione, cosa può dissuaderli?
      Cosa può farli ragionare?…”

      E chi li vuole dissuadere?
      Chi li vuole far ragionare?
      C’è forse qualcosa su cui ragionare?
      C’è una sola cosa da fare:
      FERMARLI.
      Qualcuno si potrebbe chiedere come.
      Io risponderei:
      Da quando in qua un cadavere si muove, parla, gesticola, compie attentati sulle spiagge di Tunisi, taglia teste di operai degli stabilimenti di gas e le infilza alle inferriate?
      Charo, no?
      I Curdi darebbero un occhio nella testa per avere il fior fiore della tecnologia bellica europea.
      Deve entrare una cosa nella testa:
      l’isis deve diventare un esercito di cadaveri.
      Altrimenti lo diventeremo noi.
      Mi pare semplice la comprensione della cosa.
      Poi le disquisizioni su chi starebbe dietro l’isis, se il Papa o Napolitano o il bue e l’asinello o la CIA o la KGB o la DDT o la LSD, o la STP……chissene frega?
      L’unica cosa che dovrebbe fregarci è:
      COME TRASFORMARLI IN CADAVERI.
      Punto.

      1. SUSANNA ROLLI

        Menelik, almeno tu hai le idee chiare!

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