Irlanda unita? «È inevitabile»

Di Emmanuele Michela
10 Settembre 2023
Le conseguenze della Brexit, la crisi delle comunità protestanti e i cambiamenti demografici a Belfast spingono gli irlandesi del nord a non ritenere più un tabù l'unità con Dublino
Festa a Belfast per le celebrazioni dell'anniversario della Battaglia del Boyne (foto Ansa)
Festa a Belfast per le celebrazioni dell'anniversario della Battaglia del Boyne (foto Ansa)

L’unità irlandese? È ormai inevitabile. A dirlo è Wallace Thompson, uno dei fondatori del Dup, il Partito unionista – che sostiene, cioè, l’appartenenza del Nord Irlanda al Regno Unito – più votato in Ulster. «Penso che siamo inevitabilmente in movimento verso questa direzione. Quando arriverà non lo so, ma penso che stiamo andando verso una qualche forma di nuova Irlanda», ha detto alcuni giorni fa al Belfast Telegraph.

Secondo Thompson – vicino in passato a Ian Paisley, storica figura di riferimento politico per i protestanti – una simile apertura non sarebbe da intendersi come una sconfitta: «Stiamo chiudendo gli occhi, facciamo finta che non ci siano problemi. Questo è il problema dell’unionismo: siamo in negazione, costante negazione. Parlare con quei gruppi che chiedono una nuova Irlanda, per me, non è segno di debolezza, bensì di forza».

La Brexit e la crisi di governo del 2022

Ci sono fatti del recente passato che spingono verso questa possibile novità. Innanzitutto la Brexit, e la discussione sulla sua complessa applicazione in terra irlandese: là dove dovrebbe correre il solo confine territoriale tra Gran Bretagna ed Europa – appunto, tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord – la costruzione di una qualsiasi frontiera fisica andrebbe contro quanto stabilito dal Good Friday Agreement, accordo che nel ’98 ha messo fine ai decennali conflitti dei Troubles, mettendo le basi per uno Stato per entrambe le comunità e per una pace che da allora resiste.

L’empasse ha portato, nel 2022, a una crisi di governo con successive elezioni, vinte per la prima volta dallo Sinn Fein (partito che sostiene la causa repubblicana). Ma da allora le parti non hanno ancora trovato la quadratura per governare, e le cariche di Primo Ministro e di vice-Primo Ministro – sempre parte degli accordi del ’98 è l’equiparazione delle due cariche, scelte dalle due diverse comunità per condividere la gestione del potere – sono entrambe vacanti. Anche la “Cornice di Windsor” – concordata da Londra e Bruxelles per aggirare lo stallo – non ha accontentato il DUP, amplificando la crisi.

La crisi delle comunità protestanti in Irlanda del Nord

Ma il successo dello Sinn Fein rivela altro: il voto cambia a Belfast, perché sta cambiando l’immagine demografica del Paese, immortalando la crisi delle comunità anglicane e presbiteriane. L’ultima indagine, nel 2021, diceva che i cattolici sono ormai il 42,3 per cento della popolazione, contro il 37,3 dei protestanti. Un dato sorprendente, sebbene non inatteso, considerato che a inizio Novecento (quando nacque il Nord Irlanda) i protestanti erano in proporzione 2 a 1. I cattolici fanno più figli, e la secolarizzazione interessa maggiormente la comunità avversa. Chi si confessa senza religione è il 17,4 per cento (era il 10 per cento nel 2011), praticamente un terzo gruppo emergente.

Trarre conclusioni di natura politica da questi numeri non è semplice, ma è significativo vedere anche i dati relativi ai passaporti: mentre il numero di chi detiene un passaporto britannico è sostanzialmente invariato (circa un milione di persone), quello di chi ne ha uno irlandese è quasi raddoppiato, da 375mila a 614mila, con un aumento delle richieste sensibile dopo il 2016, anno della Brexit. Si definiscono britannici 814.600 persone, 634.600 irlandesi (in crescita rispetto al 2011) e 598.800 nord-irlandesi.

Un referendum entro i prossimi dieci anni?

Non è detto, tuttavia, che un cattolico sia per forza a favore della riunificazione, così come è noto che molti leader dell’unificazione irlandese, nei tempi passati, fossero protestanti. La demografia dà un quadro, che i sondaggi rendono ancor più complicato: a oggi nessuna ricerca vede vincere il “sì” a un’Irlanda unita. Quel che è certo è che la causa irlandese è in crescita, e che un’eventuale unificazione dovrebbe passare da un referendum. Lo stabilisce lo stesso Good Friday Agreement, che riconosce il diritto del popolo di tutta l’isola irlandese a realizzare un Paese unito, previo consenso di entrambe le parti. Quando accadrà? L’ultima indagine diceva che a Belfast sono più coloro che credono che ciò accadrà entro 10 anni rispetto a chi non ci crede.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.