
«Israele ci bombarda senza sosta, ma il Libano vuole la pace»

Se lunedì è stato il giorno più sanguinoso in Libano dalla guerra del 2006, con quasi 500 morti e 1.645 feriti, anche ieri i bombardamenti israeliani si sono susseguiti senza sosta.
L’esercito di Tel Aviv continua a martellare nel sud del paese e nella Valle della Bekaa le postazioni di Hezbollah, che risponde al fuoco con il lancio di missili. Le colonne di fumo che si alzano da Baalbek, Talya, Jezzin, Marjeyoun fanno il paio con le colonne di automobili che dal sud cercano riparo a Beirut. Neanche la capitale sfugge però ai bombardamenti: ieri Tel Aviv ha colpito nuovamente il sobborgo meridionale di Dahieh.
«Israele ci bombarda senza sosta»
Sono già decine di migliaia gli sfollati a causa dell’operazione israeliana “Frecce del Nord”. Lo Stato ebraico assicura di aver colpito «più di mille obiettivi militari» del “Partito di Dio” con oltre duemila bombe, ma le ripercussioni civili sono enormi.
«Siamo travolti. Israele ci bombarda senza sosta, ma il Libano vuole la pace», dichiara a Tempi il giornalista indipendente Fady Noun, di stanza a Beirut. «Se il conflitto si allargasse in modo sistematico alle infrastrutture civili sarebbe una catastrofe. Solo Hezbollah vuole questa guerra e Israele non può fare di tutta l’erba un fascio: deve limitare gli attacchi».
«Hezbollah è in guerra, non il Libano»
Il conflitto tra Israele e Hamas rischia di allargarsi al Libano fin dall’8 ottobre dell’anno scorso, da quando cioè Hezbollah ha iniziato a lanciare missili contro il nord di Israele per dimostrare solidarietà a Gaza e ad Hamas. «È Hezbollah ad avere aperto il fuoco per primo l’8 ottobre 2023. Il Libano ha fatto di tutto per convincere i miliziani a modificare la loro strategia, invano», continua il giornalista di Beirut, che ha lavorato per il più importante quotidiano libanese in lingua francese L’Orient-le Jour ed è corrispondente dalla capitale per AsiaNews.
Dal 2006 al 2023, grazie alla Risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha imposto la fine delle ostilità tra Hezbollah e Israele, la pace ha regnato alla frontiera tra Libano e Israele.
Ora però la situazione è degenerata e settimana scorsa il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha formalmente inserito tra gli obiettivi della guerra il ritorno nell’Alta Galilea dei centomila israeliani sfollati che hanno dovuto lasciare le proprie case per sfuggire ai missili di Hezbollah, dando di fatto il via all’escalation.

Il Libano rischia la catastrofe
«Il Libano non deve essere sacrificato sull’altare dello scontro con l’Iran», continua Noun, «né la causa del Libano deve essere sacrificata per quella palestinese. Per dimostrare solidarietà a Gaza, Hezbollah avrebbe dovuto utilizzare mezzi diplomatici e umanitari».
Lo scontro tra Israele e i terroristi, che non è ancora deflagrato in una «guerra totale» nonostante l’alto numero di vittime, sta comunque facendo danni enormi al Libano: «Abbiamo tutti paura, c’è un grande clima di incertezza», spiega il giornalista. «Le compagnie aeree stanno sospendendo i voli per il Libano. Rischiamo di restare isolati».
Il paese, già indebolito da una gravissima crisi economica, «rischia di diventare ancora più fragile». Questa è la stagione della raccolta delle olive, spiega con un esempio Noun, «e nel sud del paese si produce quasi il 20% dell’olio d’oliva libanese apprezzato in tutto il mondo. Se questa guerra continua non sarà possibile produrlo e la perdita economica sarà enorme».
Gli errori di Israele
Le inevitabili critiche a Hezbollah non cancellano però gli errori compiuti da Israele. «Se Tel Aviv e Netanyahu vogliono distruggere Hamas, questa guerra durerà ancora a lungo», ragiona il giornalista libanese. «Le idee, infatti, non si possono uccidere ed è solo garantendo un avvenire ai palestinesi che Israele potrà vivere in pace. E lo dico per realismo. Nelle relazioni internazionali amare significa dare agli altri tante possibilità di svilupparsi in modo sostenibile quante ne diamo a noi stessi. Israele deve capire che non otterrà mai con la guerra ciò che non è riuscita ad avere con la pace».
Il riferimento di Noun è alla risoluzione della questione palestinese, secondo i termini in cui ne parla anche il Vaticano: «Israele deve accettare la soluzione dei due Stati e uno statuto internazionale per la città di Gerusalemme. Finché non accadrà, la guerra non potrà finire».
Il problema, continua, è rappresentato soprattutto da personaggi come Bezalel Smotrich, il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra, leader del partito religioso-nazionalista Sionismo: «È un razzista, è cieco alla realtà, considera i palestinesi degli animali umani, non capisce che la guerra non porta a niente. I popoli israeliano e palestinese devono potere vivere insieme, in pace, uguaglianza e giustizia».

La lezione del Libano a Iran e Israele
Un esempio è stato fornito proprio dal Libano in seguito agli attentati israeliani del 17 e 18 settembre, quando l’esplosione dei cercapersone e dei walkie-talkie nelle mani dei membri di Hezbollah ha causato decine di vittime e centinaia di feriti, anche civili.
«La solidarietà, l’empatia e la compassione dimostrate dai libanesi sono una lezione per Israele, Iran e Hezbollah», racconta Fady Noun. «Di fronte all’orrore dei volti sfigurati, medici e operatori sanitari sono rimasti svegli fino all’alba, fino allo sfinimento delle forze, per ricucire i volti e le mani dilaniati dalle esplosioni. Coloro che hanno tentato l’impossibile per ricostruire volti, salvare occhi, curare labbra e nasi, sono stati i primi attori, i primi eroi della ritrovata solidarietà nazionale».
Nonostante le divisioni interne, nonostante il dolore provocato al paese dall’alleanza tra Iran e Hezbollah, «il Libano ha dimostrato al mondo che anche il disaccordo più profondo deve fermarsi davanti alla sofferenza umana».
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Correzione (16 settembre 2024)
Come segnalatoci da un lettore, le esplosioni di massa di cercapersone e walkie-talkie in Libano provocate dagli israeliani sono avvenute il 17 e 18 settembre, e non in ottobre, come erroneamente riportato nella prima versione di questo articolo.
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