
Italia-Brasile: attenzione agli sgambetti di “gamba di legno” Scolari
Spettri pesanti, aria densa. Quando si parla di Seleçao la fantasia e il buon umore sono le prime qualità che vengono in mente, associate al gioco frizzante che, da Pelé in avanti, ha accompagnato gli anni d’oro della Nazionale brasiliana. Non c’è lo stesso clima diafano sulla squadra di adesso, in campo stasera a Nyon nell’amichevole di lusso contro l’Italia: la gara di oggi non mette in palio nulla, ma sarà un test autorevole sulla strada dei Mondiali 2014, che il Brasile disputerà proprio in casa. Tra le attese e le pressioni di una nazione che rischiano di farsi soffocanti: i pentacampeones non possono perdere la Coppa del Mondo se si gioca in casa. Non serve rispolverare il precedente del O Maracanaço del ’50, quando allo stadio di Rio ci furono persone che si suicidarono dopo la sconfitta imprevista in finale contro l’Uruguay; basta vedere l’enorme seguito con cui i verde-oro vengono accolti ovunque in patria, nonostante il gruppo in gioco abbia evidenti limiti e sia privo di un leader.
SCOLARI, L’USATO SICURO. Lo sa bene la Federazione che, per l’occasione, ha voluto puntare sull’usato sicuro: lo scorso novembre è stato richiamato Felipe Scolari, ossia colui che nel 2002 vinse l’ultimo Mondiale con la Seleçao. Gli esperimenti Dunga e Menezes hanno portato tutti a rinnamorarsi del baffo più amato del Sudamerica, tornato volentieri a guida di quella squadra che lo consacrò 11 anni fa. Dalle parti di Rio ci si ricorda di lui per l’impresa nipponica: quel Brasile arrivò ai Mondiali dopo un girone di qualificazione mediocre, fu fortunato a trovarsi in un girone agevole per poi dare il meglio nella fase a eliminazione diretta. Felipão fu eletto tra i grandi uomini di calcio del Brasile, impresa non certo secondaria se si pensa che, in gioventù, Scolari era noto nel Rio Grande come Perna-de-pau, gamba di legno, per le doti tutt’altro eccelse con cui aveva tentato di seguire le orme del padre, tra i migliori difensori centrali degli anni Quaranta. Meglio dedicarsi ad allenare, avrà pensato: di panchina in panchina il suo inseguimento è culminato a Yokohama, quando Cafu ha sollevato la quinta Coppa del Mondo della sua nazione.
EUROPA AMARA. Per tornare a quell’istantanea Scolari ha messo la firma lo scorso novembre, riassumendo l’incarico da ct del Brasile. Là solo dove, stando ai risultati, è in grado di essere profeta: già perché alla vittoria del 2002 ha fatto seguito il lungo viaggio in Europa, in cerca di fortuna. Felipão è diventato Big Phil, soprannome ricamato in terra inglese nel 2008 durante la sua permanenza disastrosa sulla panchina del Chelsea; prima era arrivato ad un passo dal portare il Portogallo al suo primo successo di peso, conquistando il secondo posto all’Europeo del 2004 e il quarto al Mondiale del 2006. Ma il peggio era ancora a venire, nel flop con gli uzbeki del Bunyodkor: l’allenatore più pagato al mondo silurato dopo aver fallito l’accesso della squadra alla fase finale della Champions League asiatica. Così, eccolo riprendersi la strada verso casa: prima il Palmeiras, poi di nuovo il Brasile.
IN COPPIA CON PARREIRA. La Federazione brasiliana punta fortissimo sui Mondiali e non vuole sbagliare: a Scolari ha affiancato Carlos Alberto Parreira, coordinatore tecnico proprio voluto da Felipão, scelte che premiano l’esperienza di chi è stato la guida delle ultime due vittorie in Coppa del Mondo, 1994 e 2002. I nomi però non sono certo gli stessi di quelle avventure: difficile rintracciare un Ronaldo o un Bebeto, un Ronaldo o un Ronaldinho. Si scommette su Neymar, che ha soli 21 anni e non ha mai giocato in Europa, si incrociano le dita su Hulk e Oscar, Julio Cesar e Thiago Silva, nella speranza che Kakà possa farsi riconoscere con tutta la sua esperienza. Se n’è accorta la stampa, che ha fissato l’asticella per il ct: se riuscirà a vincere dimostrerà a tutti il suo valore. A partire già da stasera, di fronte all’Italia: contro le grandi europee il Brasile non vince dal 2010. E il vecchio Perna-de-pau col vecchio Continente ha ancora un conto aperto.
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