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Julius Jordan e il primo testamento. Che non era né Nuovo né Antico

Di Fabrice Hadjadj
24 Gennaio 2022
Nel 1929 l’archeologo nazista aveva toccato il cielo con un dito: aveva trovato la scrittura più remota conosciuta, di 3.500 anni anteriore a Gesù e alla sua religione della debolezza!
L'archeologo Julius Jordan davanti a un leone babilonese
Annemarie Schwarzenbach, «Babilonia, il Leone e il dottor Julius Jordan!», 1933-34, Biblioteca nazionale della Svizzera

È una cosa strana, dopotutto: trovarsi a Berlino sotto i bombardamenti, nel febbraio del ’45, e morire per un’ulcera. C’erano tanti modi per essere uccisi in quel momento, e invece no: anziché essere fatto fuori da un proiettile o da un crollo, uno si divora da se stesso. La verità che uno non ha potuto dire viene scolpita dal proprio succo gastrico sulla parete del proprio stomaco. Confinato in una camera dell’ospedale Franziskus, Julius Jordan di anni 68 sa che non arriverà a 69; allora con la mente torna indietro, rivede quella che è stata la sua vita: una vita trascorsa a scavare la terra. Era un cercatore di tesori, di quel genere di oro che non si scambia in banca con denaro, ma che si trasforma in ricchezza per la memoria e per lo spirito.

Si ricorda del suo primo grande scavo a Qala’at Shirqat, sotto la direzione di Walter Andrae: portavano alla luce un mondo inghiottito dalle sabbie, facevano riemergere le rovine dell’antica Assu...

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