KERRY, L’ESPRESSIONE DELL’INCERTEZZA USA

Di Gianni Baget Bozzo
02 Settembre 2004
Mai una elezione presidenziale era stata dominata dalla politica estera come accade a quella che contrappone George Bush a John Kerry.

Mai una elezione presidenziale era stata dominata dalla politica estera come accade a quella che contrappone George Bush a John Kerry. Il paradosso è nel fatto che le politiche dei due candidati alla presidenza non sono così opposte come quelle degli schieramenti che li sostengono. Infatti Kerry si è ben guardato dal seguire la politica di disimpegno totale dall’Irak che costituisce invece il pathos pacifista dei suoi sostenitori.
è come se il dibattito riguardasse due concezioni dell’America piuttosto che due aspiranti presidenti. Mentre Bush esprime lo spirito del suo schieramento, Kerry invece parzialmente contraddice il popolo. L’elettorato americano, o almeno l’opinione pubblica americana, è divisa in modo più radicale dei due candidati alla Casa Bianca.
La ragione è che Bush incarna un principio, cioè la convinzione che gli Stati Uniti siano oggi l’unico potere in grado di mantenere l’ordine internazionale e che la principale minaccia a quest’ordine e agli Stati Uniti sia costituita da quella particolare evoluzione dell’islam che è l’islam radicale e rivoluzionario.
Si tratta di una concezione imperiale dell’America, che non può disinteressarsi di un problema così importante per l’equilibrio del mondo come la condizione religiosa politica e istituzionale del mondo islamico. Non è una novità che l’America si prenda cura del mondo, lo ha fatto in tre guerre mondiali, se consideriamo guerra anche la Guerra fredda e in tutti e tre i casi l’America è stata vincitrice e ha imposto il suo ordine all’Europa nella Prima Guerra mondiale, al mondo nelle altre due. La novità della guerra di Bush è che l’avversario questa volta non è uno Stato (l’impero tedesco, il nazismo, l’Unione Sovietica), ma un evento culturale religioso come il mondo islamico. L’intervento americano, anche se provocato da un attentato terroristico contro il proprio territorio che seguiva a molte altre azioni del genere, questa volta ha assunto la forma di una decisione propria e per di più unilaterale. Con la dottrina della guerra preventiva, Bush ha cambiato il tipo di ordinamento fondato sulle Nazioni Unite, un’idea americana di ordine internazionale che si era lentamente disgregata sino alla semplice impotenza. Kerry non può negare la realtà del problema che Bush ha posto e risolto e per questo non fa del conflitto irakeno il motivo della competizione presidenziale.
Ma una parte dell’elettorato americano non si riconosce nelle responsabilità che la storia ha attribuito agli Stati Uniti come singolo paese, nonostante essa sia stata esercitata di fatto per tutto il secolo ventesimo. Ma durante il secolo scorso la decisione americana appariva inquadrata in una realtà internazionale che la sosteneva e la motivava.
Questa volta il presidente americano ha dovuto prendere la decisione solitaria di riconoscere nel radicalismo islamico un avversario totale e accettare di combatterlo in tutta l’area del mondo.
Questa è una decisione nuova nella storia americana ed esprime una condizione di necessità. Lo stesso fatto che alla divisione totale dell’elettorato attorno alla politica del presidente Bush corrisponda un parziale disimpegno del candidato Kerry rispetto al fronte pacifista dei suoi sostenitori dimostra l’eccezionalità del momento. Per questo il candidato Kerry sembra piuttosto l’espressione dell’incertezza che il volto dell’alternativa.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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