
L’affidamento della bimba di Bologna? Una trovata per introdurre l’adozione alle coppie gay
Giancarlo Cerrelli, autore di questo articolo, è vicepresidente dei Giuristi cattolici.
L’attacco ideologico alla famiglia prosegue senza sosta. Un tassello significativo in questa dinamica ideologica è senz’altro quello posto dal Tribunale per i minorenni di Bologna che ha confermato il decreto del giudice tutelare di Parma, già impugnato dalla Procura presso il Tribunale dei minori di Bologna, che ha, di fatto, permesso l’affidamento temporaneo di una bimba di 3 anni a due omosessuali di mezza età.
Tale provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bologna, che ritengo abnorme, induce a porci alcuni punti di domanda:
• È possibile che in una città come Parma, residenza della minore, non si siano trovate famiglie, conformi all’art. 29 della Costituzione, preferibilmente con figli minori, disponibili a ricevere la minore in affidamento?
• La scelta di optare per l’affidamento della minore verso due uomini di mezz’età omosessuali non afferisce per caso a una gestione autoreferenziale e ideologica della vicenda da parte dei servizi sociali e dunque del Tribunale per i minorenni?
• Il Tribunale per i minorenni ha tenuto veramente conto del bene integrale della minore che è indubbiamente propiziato dal fornire alla stessa figure genitoriali di riferimento complementari e differenti, come indica e suggerisce la natura?
• Il Tribunale non ha forse privilegiato il “diritto al figlio” da parte degli adulti, piuttosto che il vero bene della minore, preso atto che i due affidatari, durante l’interrogatorio loro effettuato, hanno manifestato, in modo evidente e prevalente, l’interesse ad esaudire primariamente il loro desiderio di genitorialità, piuttosto che il bene della minore?
• Tale affidamento non è forse una tappa di un progetto pilota che tende a permettere, in modo surrettizio, l’adozione di minori da parte di nuclei di persone omosessuali nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 44 della legge n.184/1983, così come modificato dall’art. 25 della legge 149/2001?
Quest’ultimo punto di domanda merita alcuni chiarimenti.
Ai sensi dell’art. 4, legge 4 maggio 1983, n. 184, così come modificato dall’art. 4, comma 4, legge 28 marzo 2001, n. 149, l’affidamento familiare «non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore».
Nel caso de quo il Tribunale ha disposto la durata massima di affidamento prevista dalla legge, cioè quella di 24 mesi e ciò non è un elemento trascurabile, se si considera che alla fine del biennio, qualora si riscontrasse un pregiudizio alla minore dall’allontanamento dalla famiglia affidataria, il giudice tutelare potrà disporre un’ulteriore proroga.
Tali circostanze non sono assolutamente trascurabili perché sono funzionali alla possibilità di giungere artatamente ad un’adozione, sfruttando la disciplina residuale, prevista dall’art. 44 della legge 184/1983.
Il nostro ordinamento, infatti, oltre a riconoscere e a tutelare il prioritario diritto del minore ad essere istruito ed educato nell’ambito della propria famiglia d’origine anche mediante interventi mirati atti a promuoverla (Titolo 1 “Diritto del Minore alla propria famiglia”, legge n. 149/2001 ), disciplina due sole forme di adozione: quella legittimante di cui all’art. 6 e seguenti, legge n. 184/1983 così come modificato dall’art. 6 e seguenti, legge n. 149/2001 e quella in casi particolari, disciplinata dall’art. 44, legge n. 184/1983, così come modificato dall’art. 25, legge n. 149/2001.
Una peculiarità dell’adozione in casi particolari è che, ai sensi dell’art. 44, comma 3, nei casi di cui alle lettere a), c) e d) l’adozione è consentita anche a chi non è coniugato.
Per l’emissione di un provvedimento conforme a questo tipo di adozione, che viene definita “mite”, è necessario che la famiglia che vuole adottare il minore dichiari, mediante la presentazione di un’apposita domanda, la propria disponibilità a modificare la qualità del rapporto già da tempo esistente con il minore, trasformandolo da affidamento familiare in adozione particolare.
La cosiddetta adozione “mite”, necessita, comunque, che la famiglia d’origine del minore, benché gravemente deficitaria, conservi comunque con questi un ruolo abbastanza significativo o comunque tale da escludere lo stato di abbandono morale e materiale, che sembra essere il caso della bimba di Parma.
Tali elementi ci fanno ritenere che quest’affidamento sia la prima tappa di un progetto pilota che aprirà la strada, nel nostro ordinamento giuridico, all’adozione da parte delle persone omosessuali.
Qualcuno potrebbe obiettare che a ciò osta il fatto che i richiedenti sono persone dello stesso sesso; a tal proposito credo che il Tribunale per i minorenni di Bologna non abbia di queste fisime; invero, nella motivazione del provvedimento di affidamento, ritiene che il fatto che «… i due componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso non può considerarsi ostativo. Ciò anche tenuto conto che, in assenza di certezze scientifiche, o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per lo sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».
Tale discutibilissima motivazione non è originale, ma è mutuata da una recente pronuncia della Cassazione dell’11 gennaio 2013, n. 601, nella quale è affermato che «non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale», concludendo che «si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino».
Il “caso di Bologna”, pertanto, non è da sottovalutare, perché sembra essere, come detto, il progetto pilota per introdurre l’adozione dei minori da parte delle persone omosessuali nel nostro ordinamento. Con il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bologna ci si è incamminati verso una frattura dei legami genitoriali naturali a favore della creazione di rapporti legali artificiali, che non tiene conto del vero interesse del minore ad avere genitori complementari e sessualmente differenti. Tale processo giuridico porterà a depotenziare la genitorialità naturale, a favore di simulacri di genitorialità, con grave danno per la nostra società.
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64 commenti
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Forse Cerrelli dovrebbe prima di tutto capire che quanto da lui chiamato “interrogatorio” è (così come risulta nei decreti del Tribunale) un “colloquio”: la coppia è stata sottoposta a nove colloqui (che non sono interrogatori) ed ad una visita domiciliare. La giusta terminologia è importante se si vuole giuridicamente analizzare un decreto di affidamento. Inoltre – come riportato nel decreto – è chiaro che la coppia affidataria non voglia sostituirsi ai genitori mentre è incomprensibile come Cerrelli possa scrivere che i due «hanno manifestato, in modo evidente e prevalente, l’interesse ad esaudire primariamente il loro desiderio di genitorialità, piuttosto che il bene della minore»: non risulta in nessun decreto del Tribunale e l’ipotesi che Cerrelli abbia assistito a quelli che lui definisce “interrogatori” è alquanto improbabile.
l’articolo non l’ho letto e neanche i commenti ma una cosa credo sia evidente: ci siamo quasi anglosassonizzati. siamo nel regime di common law. fra poco diranno che occorre che il parlamento si adegui non tanto/solo alla società ma anche alle sentenze dei giudici. poi sarà fatta. il parlamento conterà poco, giusto i criteri generali lasciando il resto alla (molta) discrezionalità della magistratura.
come scenario lo reputo abbastanza probabile. del resto oggi al mondo dominano i paesi di regime common law e noi dovremmo, purtroppo, adeguarci in tutto.
Questa storia della assenza di certezze scientifiche, o dati di esperienza, che sconsiglierebbero un contesto innaturale è veramente un capolavoro di logica che lascia basiti:
1. il buon senso non è un dato di esperienza?
2. quando parlano di certezze scientifiche, in psicologia immagino, stanno pensando ad equazioni di matematica superiore? o sanno che il termine scientifico in tal campo è parecchio indeterminato?
Non facciano ridere (o meglio piangere).
Bè io non credo che il giudice l’abbia fatto deliberatamente per questo motivo…
Non ci credo che qualcuno si sia spaccato la schiena per trovare «…. una famiglia, preferibilmente con figli minori, ….». Figuriamoci poi se una “marea di persone” abbiano vagliato l’idoneità dei due affidatari. Credo invece che il giudice abbia preso a piene mani dalla “normativa secondaria” e fidato del “Settore Welfare e Famiglia (che) attesta la piena idoneità sotto questo profilo della coppia cui la piccola” . Siamo in una regione così progressista che può essere un punto di partenza per ogni esperimento di ingegneria sociale (perché di questo si tratta) .
Dieci giorni fa sul corriere.it c’era questa intervista a due donne magistrato questo è il link:
http://27esimaora.corriere.it/articolo/di-nicolaluccioli-immagino-un-paese-senza-discriminazione-fuori-e-dentro-la-giustizia/
dove per evitare la violenza sulle donne i bambini all’asilo devono giocare con gli stessi giocattoli, e alla faccia del complesso di Edipo si auspica il totale superamento del modello maschile di riferimento.
Parte della magistratura è favorevole all’ideologia del gender dunque ne vedremo ancora di sentenze così.
nessuno mi toglie la convinzione che questa situazione sia stata ”cercata” e ”provocata” per uno scopo che non ha nulla a che fare con il bene della piccola vittima.
Finalmente uno che non legge Repubblica. O almeno che non la beve. Bravo Beppe.
Seeeeee…l’avran concepita apposta
Aiutate quella bambina, possibile che nessuno aiuta quella bambina. Per quel che ne sappiamo in questo momento quella creatura può essere preda degli sporchi giochi degli omosessuali, possibile che nessuno la aiuta? Lo Stato che fa? E’ possibile che per supportare un’ideologia non si esita a passare sopra il corpo di una bambina? Vergogna alla Magistratura, e vergogna alla gente che tollera e che non va con i forconi a portare via quella bambina
Questo commento, sig.ra serenella, ben evidenzia il l’infondato furore prettamente ideologico che anima chi si oppone alla famiglie composte da persone dello stesso sesso e a ciò che ne deriva…creando, come in questo caso, una ingiusta ed immotivata discriminazione verso una coppia affidataria ritenuta adeguata ad accogliere un minore.
Di “sporco” le assicuro c’è solo questo.
“una ingiusta ed immotivata discriminazione ” giusto! è per questo che è stata emessa la sentenza! Mica per il bene della bambina….no e chi se ne frega, l’importante è non discriminare….. molto meglio
E chi lo decide che due maschi, sono adeguati ad accogliere una bimba di 3 anni?
E no queste cose stanno al di sopra del potere dei magistrati, la “natura” non la regolano i signori togati, la Natura è legge per definizione, e chiunque è tenuto a rispettarla.
La “natura” affida i cuccioli alla propria mamma, e nella fattispecie umana la mamma è sia femmina che DONNA, ed i cuccioli hanno il sacrosanto diritto naturale ad avere affetto ed amore “Materno”, che solo una Donna può dare.
Serenella ha ben ragione d’indignarsi ed anche di adirarsi, ormai abbiamo superato ogni limite.
Luca allora che una bambina sia stata ffidata a due lesbiche a Geniova ti trova d’accordo? Il problema è che i due sono maschi come due frati?
Ti risulta che ai frati vengono affidati bimbi di tre anni?
Se fosse vero sarei nettamente contrario allo stesso modo, i figli piaccia o meno nascono da una donna, essa porta avanti la gravidanza, gli partorisce e gli allatta, in fondo il rapporto madre figlio/a non si spezza mai, ecco perchè sopratutto se ancora in tenera età una bimba/o deve essere sempre affidato ad una donna, se possibile (e si deve far di tutto affinchè lo sia) la mamma naturale, altrimenti nei casi estremi ad altra donna che ne prenda le veci.
Relativamente alla tua domanda “maliziosa” sulla coppia lesbo, non conosco il caso di genova, comunque se una delle due fosse la mamma naturale, nulla da obbiettare.
Se a due frati venissero affidati bimbi di 3 anni sarei nettamente contrario allo stesso modo.
I figli piaccia o meno nascono da una donna, essa porta avanti la gravidanza, gli partorisce e gli allatta, in fondo il rapporto madre figlio/a non si spezza mai, ecco perchè sopratutto se ancora in tenera età una bimba/o deve essere sempre affidato ad una donna, se possibile (e si deve far di tutto affinchè lo sia) la mamma naturale, altrimenti nei casi estremi ad altra donna che ne prenda le veci.
Relativamente alla tua domanda “maliziosa” sulla coppia lesbo, non conosco il caso di genova, comunque se una delle due fosse la mamma naturale, nulla da obbiettare.
Ma la natura cosa centra? Che significa? Basta con queste fregnacce della natura, se non lo sai ogni specie ha i suoi protocolli ben specifici per allevare la prole, ad esempio il polpo femmina si lascia morire e fa da cibo per i figli, nei lupi non sono certo mamma e papà che insegnano le regole, e via discorrendo. In questo caso come in migliaia di altri casi al mondo si tolta una bimba ad una madre che si trova in situazione disagiata. E la si è tolta proprio per il bene della bimba. Piuttosto nchiediamoci qual era il disagio e se non si poteva risolvere evitando di togliere la bimba alla madre, e serenella o chi per esso/a non si è indignata, ha semplicemente scritto una scempiaggine senza senso e senza logica, da persone ignorante, spero vivamente sia un troll.
Il polpo è quanto di più lontano dalla nostra specie, a me non risulta sia un mammifero, visto che ti sei buttato a mare almeno aver preso ad esempio i delfini che allattano i cuccioli per 1 anno e mezzo il che equivale ad un cucciolo umano di 6 anni. Relativamente ai lupi parli di regole cioè di scuola, come i nostri bambini hanno l’insegnante elementare anche i cuccioli di lupo hanno i loro insegnanti, ma vengono allattati dalla mamma non certo dagli zii.
Altro che fregnacce della natura, mi sa di ricerca razionale assai poco funzionale, e della voglia di voler sommare a tutti i costi patate con cipolle, ma piaccia o meno provando a sommare assieme 1 patata ed 1 cipolla si ottiene che il risultato è rappresentato dagli stessi addendi della somma in quanto tale operazione è impossibile od insensata, come questa decisione pseudo-sentenza.
Infatti, se tu che hai parlato e fatto un paragone con la natura, che io ho contestato parlando di per l’appunto di specie diverse, che con l’uomo non hanno a che fare, e comunque nel branco di lupi le femmine allattano anche altri cuccioli. Poi è vero, verissimo, che si vorrebbe e si spererebbe che un figlio resti con i propri genitori, nessuna persona sensata direbbe il contrario. Il problema deriva per l’appunto quando questo, per un motivo o per l’altro, non accade.
ma piantala! è una sentenza politica, possibile non lo capisci?
La realtà è che state riuscendo a farvi veramente odiare. Dopo la pedofilia e la pederastia ora la manipolazione di una bimba con il beneplacito di chi dovrebbe tutelare i minori. State riuscendo a farvi veramente odiare. Mi date la nausea. Magari chiederà di dormire nel lettone con gli “zii”. MI VIENE IL VOMITO
Trovo le tue parole decisamente disgustose e ovviamente riprorevoli. Con quale criterio pensi di poter giudicare due persone che non conosci e qualificarle come ignobili mostri? Sono state poste sotto osservazione da una marea di persone che nulla hanno trovato di riprorevole e disdicevole nei loro confronti, quindi o tu sai qualcosa e perciò anzichè scrivere dovresti recarti immediatamente presso gli organi competenti per sporgere una dettagliata e probante denuncia, oppure le tue illazioni (tra l’altro offensive per la dignità delle persone) lasciale tranquillamente riposare all’interno della tua mente o se preferisci del tuo cuore (entrambi malvagi soprattutto se si tratta di illazioni) e impara a portare rispetto almeno verso le persone che come tutti gli esseri viventi hanno diritto comunque alla propria dignità.
Se vuole io la posso aiutare ad usare correttamente il modo congiuntivo dei verbi. “la aiuti”, “non si esiti”… Dopo che avremo imparato a scrivere in italiano corretto ci preoccupiamo di analizzare una sentenza immagino da lei non letta!
Serenella non rappresenta a pieno il pensiero di tanti altri come me, ma solo di chi e’ terrorizzato da quell’immagine che i gay danno di loro nelle manifestazioni tipo “Gay Pride”. Un’immagine violenta e terrorizzante.
Sono convinto che quest’immagine (cioe’ il Gay Pride), non rappresenta per niente la comunita’ gay in Italia, ma questo e’ cio’ che lor signori fanno passare.
Serenella secondo me e’ terrorizzata, anche se il sentimento di amore verso i deboli (in questo caso i bambini) che la spinge puo’ essere genuino, soprattutto piu’ importante dei congiuntivi.
In compenso nei tre interventi qui sopra del bene della bambina non c’e’ traccia…
Ora che il gay-pride possa essere eccessivamente visivo, e presentare palesemente determinati comportamenti provocatori, nessuno lo nega, ma per l’appunto è una manifestazione quindi fare una certa scena diventa anche un operazione di marketing, sicuramente discutibile, così come può essere discutibile qualsiasi manifestazione che abbia intenti provocatori, o peggio violenti. Associare invece due persone omosessuali a due delinquenti, solo per il fatto di essere omosex, è a mio avviso un atto ignobile e da censurare senza se e senza ma. per quanto riguarda il bene della bimba, primo non conosciamo tutta la storia, non sappiamo cosa ha portato l’allontanamento della stessa da sua madre, il padre non si sa manco dov’è, quindi, una pletora di persone, quali assistenti sociali, psicologi, (tutte persone che hanno decisamente più competenza di noi e che hanno seguito il caso passo dopo passo), corroborati tra l’altro da una sentenza che a leggerla pare evidente che abbia vagliato ogni possibilità, hanno deciso proprio per il bene della bimba, di affidarla adue persone già conosciute, con cui aveva già in precedenza un rapporto, piuttosto che sradicarla completamente dal suo ambiente per inserirla seppur momentaneamente in un altro. tanto più che la madre continua ad avere regolari rapporti con sua figlia. A livello di opinioni personali tutto è lecito, ma prima bisognerebbe conoscere tutta la vicenda, e non indignarsi a priori solo perche alla fine quello che non piace è il solo fatto pregiudizievole di averla affidata a due persone omosex, che se andiamo a ben vedere si stanno comportanto meglio, fino a prova contraria, del padre naturale della bimba, eterosex.
Io non ho avuto difficolta’ a dire che Serenella sbaglia, secondo me.
Non affiderei mai mio figlio ad uno del Gay Pride, nemmeno per 2 minuti.
Certo, non conosco la vicenda personale, penso solo che in Italia certe decisioni le puo’ prendere solo un giudice con certe idee, tanto e’ vero che la Procura ha impugnato…
Egregio Francesco, che tu non affideresti tua figlia per due minuti ad un gay o ad uno del gay pride si era capito. Il problema è proprio quello, cioè considerare un gay o una lesbica un essere (neanche una persona) di cui non fidarsi a priori proprio per il suo essere gay. perdonami ma non ha senso, non segue nessuna logica se non un mero pregiudizio. poi il mondo è pieno di persone che hanno pregiudizi, non si riesce proprio a vivere tranquilli senza dover per forza considerare qualcuno incapace di questo o di quella cosa. Anche tu vedi parli, anzi scrivi citando “certe idee” nella persona del giudice, come fosse un pericoloso massone pronto a fare chissà che…e la procura ha impugnato per il semplice fatto pregiudizievole delle persone omosex, contestando il famoso art. 2, che in sentenza è comunque citato ed esplicato, almeno in parte. un gay o una lesbica sono persone come tutti gli altri, con le stesse capacità, difetti nella media di tutta la popolazione mondiale, non mangiano bambini, non li appendono agli aquiloni per fargli provare l’ebbrezza del volo. Ogni persona è una storia a se, diversa da tutte le altre, e non catalogabile, smettiamola di tentare di fare catalogare tutto e di fare sempre di tutta un erba un fascio, non è così che funziona. Adesso cosa vogliamo fare, togliamo la bambina ai due (dove magari si trova benissimo ed è contentissima) per darla ad un’altra famiglia solo perchè sono omosex?
Ecco, ma anche tu leggi Repubblica???
Pensi che chi scrive qui non consideri i gay delle persone? Chi sono io per giudicare un gay?
Rileggi il mio intervento e trova qualcosa di “omofobico”.
Non ho nessun pregiudizio verso nessuno: ho un post-giudizio verso l’operato dei giudici e non affido mio figlio a chi fa pagliacciate. Non ho detto che non lo affido ad un gay. Ci sono parecchi prof dei miei figli che sono gay.
Sono contro matrimonio e adozioni a gay, NON sono contro i gay !
Mai letto repubblica. Non ho detto che tu non consideri i gay persone, infatti l’ho messo tra parentesi, poi ho ho detto gay e partecipanti al gay pride. Quindi si deduce che affideresti un figlio ad un gay purchè non partecipi al gay pride giusto? E già questo non si capisce il perchè, magari potrebbe essere più serio una persona che partecipa al pride piuttosto anzichenò. essere contro matrimoni gay ed adozioni non è di per se stesso indice di omofobia o di pregiudizio, sempre che la motivazione sia realmente basata su principi o valori condivisibili o basi morali e/o giuridiche rilevanti, e così dovrebbe essere anche per chi invece è favorevole, fuori da semplici e fuorvianti scelte semplicemente ideologiche.
Caro Alberto,
accetta un consiglio disinteressato: se proprio ci tieni ad insegnare i verbi ai “fake” in stile “agitprop” come “Serenella”, ti conviene prima imparare ad usare la punteggiatura con un po’ di decenza.
La sua scrittura sarà anche impeccabile, da un punto di vista grammaticale, ma se nella sostanza rappresenta un insieme vuoto, serve a ben poca cosa, soltanto a dimostrare la propria boria ed il proprio ego smisurato.
No, Serenella, nessuno la aiuta, e questi sciagurati sopra di me ci godono.
per quello che ne sappiamo in questo momento lei Serenella invece potrebbe essere una mamma senza scrupoli che incita la figlia minorenne a prostituirsi tenendosi una percentuale sui guadagni.
Questo per farle capire che con discorsi basati su “per quel che ne sappiamo in questo momento” si finisce quasi sempre a dire bestialità specie se scattano automatismi ideologici, nella fattispecie
“omosessuali=pedofili”
Non mi piace e non condivido la decisione del giudice.
Però non mi piace nemmeno il razzismo ideologico e omofobo.
vorrei inoltre far notare alla redazione che più e più volte nei commenti l’affermazione o l’esplicitazione del concetto
“omosessuali=pedofili”
è saltato fuori.
Non credo proprio che rientri nel concetto di libera opinione o contributo al dibattito.
Di parere contrariamente sembrano essere i moderatori che questi post non li rimuovono mai.
avete letto “esposto dei giuristi per la vita sull’istigazione a pratiche di pedofilia dello spettacolo Victor”? spettacolo andato in scena durante la rassegna “gender bender “.
e d’ altra parte un gay o affine all’ideologia gay ha scritto nero su bianco su questo sito a riiguardo della pedoflila che per essere considerata o meno una pratica lecita “molto dipende dal bambino …”.
poi, se ci si può sposare non solo tra uomo e donna, perché non tra uomo e bambino, tra fratelli, tra gruppi ?
Sono d’accordo con Andrea. Non avevo letto interamente il commento e mi ero fermato alla prima frase. Ovviamente sono illazioni inaccettabili.
R.G. n. 712/2013 Vol.
Il Giudice Tutelare
Il 12 aprile 2013 perveniva a questo Ufficio la richiesta di rendere esecutivo il provvedimento di affido eterofamiliare dal 18 febbraio 2013 al 31 dicembre 2013 in favore della minore A., nata il xxx in xx, disposto il 21 febbraio 2013 dal Comune di XXX – Settore Welfare e Famiglia e sottoscritto dal dirigente dello stesso dr. S., dalla quale risultava che la minore predetta era stata affidata alla famiglia composta da B., nato il xxx a xx (XX), e C., nato il xxx a xx (XX).
Il 21 giugno 2013 il Comune di XXX – Servizio Minori produceva documentazione integrativa concernente il positivo esito del vaglio condotto dal competente Servizio Sociale circa l’idoneità della coppia composta da B. e C. a rivestire il ruolo di famiglia affidataria per la minore, all’esito di un percorso intrapreso il 5 aprile 2011 e consistito in nove colloqui e una visita domiciliare[1].
La peculiarità del caso concreto – a quanto consta a questo Giudice connotato da assoluta novità – rende opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento, al fine di individuare l’esatto significato del termine “famiglia” nell’ambito dell’ordinamento vigente, con specifico riferimento alla disciplina dell’affido consensuale eterofamiliare temporaneo dei minori e degli adolescenti, istituto che, come noto, non è preordinato all’adozione, ma al perseguimento del benessere dei bambini, assicurando a quelli in gravi difficoltà un contesto di cura amorevole da parte di persone a ciò idonee. Le caratteristiche fondamentali dell’istituto in commento sono, infatti: l’eccezionalità e la temporaneità; il consenso formalizzato degli esercenti la potestà; il mantenimento dei rapporti con i genitori in previsione del rientro nella famiglia d’origine; l’inserimento del minore viene in una “famiglia” che non ha con lui legami di parentela (oppure oltre il 4° grado).
Viene dunque in rilievo, a livello di normativa primaria, l’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, intitolata “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” (come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149), che consente di disporre l’affidamento «ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli (leggasi, il minore) ha bisogno» o, in via residuale, a una «comunità di tipo familiare».
Ben più articolato appare il quadro della disciplina locale e secondaria; senza pretesa di esaustività, vanno richiamati in questa sede:
l’articolo 12 della legge 12 marzo 2003, n. 2 (e successive modifiche) della Regione Emilia Romagna, che utilizza il vocabolo “famiglia” senza ulteriori specificazioni quanto al riconoscimento di benefici economici;
l’articolo 31 della legge 28 luglio 2008, n. 14 della Regione Emilia Romagna, che ribadisce la centralità dell’interesse del minore e della sua famiglia al fine di individuare se prediligere l’affidamento familiare o l’inserimento in comunità[2];
la deliberazione del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna del 28 febbraio 2000, n. 1378, che al punto 2 definisce l’affidamento familiare «quell’intervento attuato inserendo il minore presso una “famiglia” in senso proprio, cioè presso un nucleo caratterizzato da una propria autonomia di vita familiare secondo il costume comune e che, conformemente allo stato di famiglia anagrafico, può anche essere unipersonale», specificando al punto 5.3. che «la famiglia affidataria è un nucleo mono o pluriparentale che, accogliendo il minore al proprio interno, gli offre un contesto positivo sul piano relazionale ed educativo, con l’obiettivo di restituirgli il senso della normalità, della crescita e del suo percorso di vita», evidenziando dunque la necessaria idoneità degli affidatari rispetto al compito loro affidato anche sotto il profilo genitoriale;
la Direttiva della Regione Emilia Romagna n. 1904 del 2011, parte II.1, che afferma che le espressioni “famiglia affidataria” e “nucleo affidatario” si riferiscono tanto a contesti in cui siano presenti entrambe le figure parentali che alle persone singole, ferma restando la necessità di una previa valutazione della motivazione, delle competenze e delle capacità genitoriali della famiglia presa in considerazione per l’affidamento «in relazione all’accoglienza ed al sostegno del bambino o del ragazzo in difficoltà»[3].
La medesima direttiva, nella parte II.2.1, prescrive che gli affidatari possiedano «idonee qualità morali», desunte in linea di massima dalla non ascrivibilità di fatti penalmente rilevanti, anche soltanto ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione[4].
Ancora, la parte II.2.7 impone ai Servizi Sociali di organizzare un percorso finalizzato a valutare «le caratteristiche del nucleo familiare e la sua storia, il suo contesto socio-ambientale di riferimento; le caratteristiche personali dei soggetti che si candidano, le modalità di relazione all’interno del nucleo e le specifiche motivazioni all’affidamento; la sussistenza delle competenze genitoriali richieste per sostenere tale esperienza»;
il Regolamento del Comune di XXX, approvato il 26 gennaio 2012 con deliberazione del Commissario Straordinario n. 47/8 (che per l’appunto disciplina l’affidamento familiare ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184 e successive modificazioni di cui alla legge 28 marzo 2001 n. 149, della deliberazione del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna 28 febbraio 2000, n. 1378 e della Direttiva della medesima Regione n. 1904 del 2011), e in particolare:
a) l’articolo 1, in base al quale l’affidamento familiare si configura come un intervento temporaneo di aiuto e sostegno al minore e alla sua famiglia che si trova a vivere una situazione di difficoltà, da attuarsi attraverso l’inserimento dei minori presso un «nucleo familiare diverso da quello originario», riproducendo la locuzione contenuta nella già citata Direttiva Regionale 1904 del 2011;
b) l’articolo 2, che definisce gli affidatari «il nucleo familiare accogliente che può essere costituito da una coppia o da una persona singola. Con i termini “famiglia affidataria” e “nucleo affidatario” si intende, quindi, comprendere entrambe le possibilità»;
c) l’articolo 4 che, conseguentemente, utilizza la locuzione «famiglia affidataria» o semplicemente il lemma «famiglia» con riferimento, in particolare, alle ipotesi di affido cd. consensuale, eterofamiliare e a tempo pieno, vale a dire disposte previo consenso del genitore esercente la potestà (nel caso di specie, la madre C., nata il xxx in xxx, come risulta dalla sottoscrizione di apposito atto in tal senso);
d) l’articolo 5, che prende in considerazione la composizione del nucleo esclusivamente nella prospettiva della compatibilità «con le esigenze e i bisogni del minore».
Da quanto sinora esposto emerge, dunque, l’assenza da un lato di una precisa definizione legislativa volta a escludere un nucleo composto da persone dello stesso sesso dal concetto di “famiglia” rilevante ai fini dell’affido del minore non versante in stato di abbandono; dall’altro, la mancanza di qualsivoglia richiamo al matrimonio quale vincolo che unisca gli affidatari, diversamente da quanto avviene, come noto, nell’art. 29 della Costituzione, coerentemente con la possibilità, espressamente contemplata, di assegnare il minore a una persona singola.
Appare, pertanto, ragionevole interpretare la nozione di famiglia rilevante in questa sede prendendo le mosse proprio dall’omissione di cui si è ora detto; invero, la normativa ordinaria che disciplina la materia, come si è visto, è intervenuta tutta in un momento successivo all’entrata in vigore della Carta Costituzionale e ciò consente di ritenere che la lacuna in questione sia frutto di una scelta deliberata. Siffatta conclusione trova d’altronde conferma nell’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, laddove ai fini dell’adozione il legislatore richiede, al contrario, che i futuri genitori siano uniti in matrimonio.
In altri termini, ciò che rileva in questa sede è la sussistenza di una situazione di fatto paragonabile al contesto familiare sotto il profilo accuditivo e di tutela del minore; in ipotesi, persino un nucleo composto da due consanguinei del medesimo sesso potrebbe essere valutato idoneo a tal fine dal competente Servizio Sociale.
Ebbene, in relazione al caso di specie va ribadito che scopo dell’affido eterofamiliare è il perseguimento del miglior interesse del minore, come si evince dall’ultimo comma dell’articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 183, modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149; sotto altra prospettiva, deve senz’altro escludersi un diritto di adottare in capo ai soggetti adulti, a maggior ragione laddove trovi applicazione l’istituto in questione, che presuppone non già uno stato di abbandono ma un transitorio momento di difficoltà dei genitori effettivi (o, come nel caso di specie, dell’unico genitore esercente la potestà).
Alla luce di quanto sinora premesso si deve, dunque, ritenere che il fatto che i componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso non possa considerarsi ostativo all’affidamento di un minore.
Ciò, anche tenuto conto che, come rilevato da recente giurisprudenza di legittimità[5], in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale.
Nel caso concreto, in particolare, la documentazione prodotta il 21 giugno 2013 dal Comune di XXX – Settore Welfare e Famiglia attesta la piena idoneità sotto questo profilo della coppia cui la piccola A. è stata affidata; né constano elementi per porre in dubbio, in questa sede, gli esiti della verifica condotta sul punto dal competente Servizio Sociale.
P.Q.M.
Dichiara esecutivo il provvedimento di affidamento familiare della minore A., nata il xxx in xxx, disposto il 21 febbraio 2013 dal Comune di XXX – Settore Welfare e Famiglia, a B., nato il xxx a xxx (XX), e C. , nato il xxx a xxx (XX), dal 18 febbraio 2013 al 31 dicembre 2013.
Manda alla Cancelleria per la comunicazione al Comune di Parma – Settore Welfare e Famiglia, nonché al Procuratore della Repubblica in Sede e gli adempimenti di competenza.
Parma, 3 luglio 2013
Il Giudice Tutelare
dr. Luca Agostini
Eccerto che è un progetto pilota, hanno le antennine pronte per captare qualsiasi occasione per realizzare i loro progetti, costi quel che costi.
E poi vorrei chiedere: che ne sanno due uomini di 50 di come si allevano bambini di tre anni?
Ad una coppia etero di quella età è permesso adottare??? Io ho dei dubbi!!!
Si tratta di AFFIDAMENTO e non di ADOZIONE! Ma è tanto difficile da capire?
E certo c’hai arragione, ti è proprio difficile capire che la sentenza della cassazione si riferiva alla madre naturale diventata poi lesbo.
Un caso un pochino diverso direi dal dare in pasto una bimba di 3 anni a due giovani maschi conoscenti, la vostra morale da strapazzo la potete anche buttare nel cesso, nonostante certi compiacenti magistrati.
Sono i bambini ad essere portatori di diritti, gli adulti possono benissimo comprarsi un peluche, quando vogliono sentirsi meno soli.
La solitudine interiore, quando si è poveri di sentimenti veri porta a ricorrere a surrogati ed espedienti, egoistici e prevaricatori della felicità altrui, quando si è incapaci di arricchire il “proprio se” della gioia di vivere, si pensa di poter prelevare tale gioia dai bambini, bambini usati come elemento terapeutico per attenuare i disagi esistenziali degli adulti.
Lasciate in pace i bambini, che come tutti i cuccioli di questo mondo hanno bisogno dell’affetto-amore “materno” che solo una Donna può dare.
Sei mai cresciuto senza genitori? Conosci qualcuno che l’abbia fatto? Meglio 2 genitori gay che nulla…
Se mi dici che ci devono essere delle “preferenze” mi va bene, meglio dei genitori etero che omo, ma dire che se un bambino non puo’ avere una madre allora non deve avere nulla no.
Cosa intendi con “quando si e’ poveri di sentimenti veri” e “quando si è incapaci di arricchire il “proprio se” della gioia di vivere”? Indendi forse che degli omosessuali sono cosi’ disgraziati da vivere nell’eterno dolore esistenziale? Spero che tu non intenda questo ma piuttosto che chiunque stia soffrendo (omo o etero che sia) non deve scaricare le proprie sofferenze su dei bambini.
Se intendi questo ti do ragione.