
Là dove si USA multiculturale e multicolore
Saluti da New York a tutti i nuovi lettori! Sul vecchio Tempi, intitolammo questa rubrica West Side Story come il musical di Broadway (1957-1960), poi film da Premio Oscar (1961). Adattata da William Shakespeare, è la storia di due bande rivali della Grande Mela, l’una statunitense, l’altra portoricana. Lo vidi la prima volta a Broadway nel 1958, arrivando da Puerto Rico per frequentare il college. Il modo in cui venivano rappresentati i portoricani e quello in cui li trattavano gli statunitensi mi scioccò. New York è legatissima alla storia portoricana (bandiera e canzoni patriottiche sono state ideate qui) e così, scherzosamente, qualcuno ha cominciato a considerarne i quartieri portoricani una nuova città dell’isola. Rivedere West Side Story alla TV ha ridestato le emozioni e la meraviglia di 40 anni fa. E mi ha fatto riflettere. Per molti versi, la vita di New York rappresenta, oggi come allora, la frontiera avanzata del futuro dove s’incontrano razze, culture e fedi diverse. Oggi, un West Side Story senza dei neri sarebbe impensabile! Gli Stati Uniti non possono infatti essere spiegati ignorando la storia degli afro-americani sia del Nord che del Sud. West Side Story fu già a suo tempo piuttosto sottile nel mostrare che chi si definiva “autoctono” portava un cognome europeo orientale, ebraico, irlandese o italiano. Oggi, una pellicola così s’incentrerebbe sulle tensioni fra i diversi gruppi ispanici del West Side attuale: dominicani, messicani, gente dell’America Centrale e (ancora) portoricani. Una storia davvero interessante ritrarrebbe una giovane afro-americana nel ruolo di un’“americana” e un’acerba signora di El Salvador in quello di un’“immigrata”. Dietro qualunque accadimento (economico, politico o culturale) di questo Paese, sta la più decisiva di tutte le domande: che cos’è un americano? Cosa significa il “noi” con cui inizia la Costituzione statunitense? La domanda evoca la relazione fra nazionalità e cittadinanza, Stato e nazione, o tutte queste e la cultura. Ma qualunque sia la teoresi, in un modo o nell’altro gli Stati Uniti danno, giorno dopo giorno, risposta al problema più concretamente, e in specifico lo fa New York. Al mondo non esiste un altro luogo così. Cerco di non trascurare mai queste domande. Anche perché, portoricano di New York, le ho nel sangue. Il vero conflitto di West Side Story esiste ancora: quello fra l’appartenere alla nazione portoricana e l’essere cittadini statunitensi. La tensione che, sia qui sulla “terra ferma”, sia sulla nostra isola, vivono oggi tutti i portoricani sarà assolutamente decisiva per il futuro di questo Paese. In West Side Story, le due parti si riconciliano quando si confrontano «non con l’origine», ma con la possibilità di un destino comune che può colmare tutti i desideri del cuore umano. «Da qualche parte, c’è un posto per noi», dice la canzone più commovente della colonna sonora.
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