
La campagna autunnale del Kaiser Cav.

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Si definisce un fondista. «Non inteso come scrittore di fondi sui giornali, ma come uno che lavora tanto e cerca di dare la propria interpretazione dei fatti». Il presidente del gruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, Renato Brunetta, è sempre al lavoro su tanti dossier. Auspica un patto di unità per il centrodestra, premiato da molti sondaggi e in grado di tornare al governo del paese grazie alla spinta di Silvio Berlusconi che ha ritrovato un asse con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Brunetta guarda avanti, studia i dati economici e le ricette da inserire nel programma di governo del centrodestra e si prepara a quella che forse rappresenta la battaglia più importante: la legge elettorale.
Presidente, da dove si riparte?
La base era ed è il modello tedesco. Abbiamo lavorato molto nel corso degli ultimi mesi puntando su un sistema a base proporzionale. C’era un accordo con Pd e M5s, ma poi sappiamo come è andata a finire. Volevamo tornare a discuterne anche a luglio ma poi il Partito democratico di Renzi ha deciso di rimandare tutto a settembre.
C’è un colpevole che ha fatto saltare il banco?
Le regole si scrivono tutti insieme. Renzi lo ha ribadito più volte ma poi qualcosa non ha funzionato, e tra cinquestelle e franchi tiratori del Pd la riforma elettorale è naufragata.
Adesso occorre rimetterci mano altrimenti il rischio è che si vada a votare non con una legge frutto del lavoro parlamentare ma con due meccanismi diversi per Camera e Senato che seguono le sentenze della Consulta.
I tempi ci sono. Iniziamo con i lavori in Commissione il 6 settembre e già il 12 potremmo avere un testo base. In teoria, sempre se si trova un accordo tra tutte le forze politiche, entro fine settembre possiamo anche votare la legge elettorale alla Camera. Non so se Pd e M5s ci stiano. Noi comunque siamo pronti.
Quale legge si augura? Preferisce un premio di maggioranza alla lista o alla coalizione?
Bisogna fare un passo indietro. Il primo accordo da fare nel centrodestra è un patto di unità. Tutto il resto è secondario. Non conta un premio alla lista o alla coalizione: se siamo uniti vinciamo con ogni legge elettorale. Anche stando così le cose.
Alcuni nel centrodestra come il governatore Toti non escludono la possibilità di dare vita a una lista unica.
La priorità è stare uniti, poi la soluzione si trova. Bisogna che i tre petali del centrodestra come definisco Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia siano coesi, e poi allargarsi verso la società civile e ricucire ove possibile le diaspore. Tutti i sondaggi ci danno avanti, quindi occorre preparare un programma di governo serio e credibile su tasse, immigrazione, sicurezza, sviluppo, occupazione.
I sondaggi sono mutevoli ma vi attribuiscono tra i 5 e i 10 punti di vantaggio su M5s e Pd. Sente un vento di centrodestra anche grazie alla rentrée di Berlusconi?
Le politiche del centrosinistra hanno fallito. Berlusconi è tornato centrale nella politica italiana, anzi per la verità lo è sempre stato, e gli elettori sono pronti a dare fiducia alla sua azione. La sua spinta anche in campagna elettorale è incredibile e attendiamo buone notizie a novembre dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Un ritrovato asse tra Berlusconi e Merkel aiuta anche in chiave europea una nuova legittimazione dell’ex premier nella scena pubblica?
Qualcuno si accorge solamente adesso dell’ottimo rapporto tra Berlusconi e Merkel. Si sentono da diversi mesi e non lo scopriamo certo dagli ultimi retroscena. I tempi delle risatine di Sarkozy sono finiti. E tutti sappiamo come è andata a finire per l’ex presidente francese. Berlusconi per la Merkel è un punto di stabilizzazione non solo per la politica italiana ma anche per l’Europa. Una garanzia arriva anche da Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e tra i fondatori di Forza Italia.
Cosa è cambiato nell’approccio della Merkel?
Ha capito in questi anni che Berlusconi rappresenta un argine verso il populismo e una tutela nei confronti della struttura europea minacciata dagli anti-europeisti. Berlusconi è un elemento dinamico non di potere, basta pensare ai Trattati. E Merkel, che ritengo vincerà le elezioni in Germania, avrà bisogno di una figura come Berlusconi per ridare spinta all’Europa.
Insomma, il popolarismo di Berlusconi come antidoto al populismo grillino. Quali sono le colpe dei governi di centrosinistra?
L’ineffabile Padoan aveva promesso già negli anni scorsi la riduzione del debito pubblico che invece continua a crescere in modo incontrollato. L’errore è fare politiche in deficit e aver usato la flessibilità europea per investire 20 miliardi non in modo strutturale ma per gli 80 euro di Renzi e per altre forme assistenziali in chiave elettorale.
Lei ha sempre criticato il jobs act definendolo flop act.
Sì perché non genera lavoro in modo strutturale ma è legato a misure di defiscalizzazione a tempo per le imprese.
Eppure il governo rivendica gli ultimi dati economici che mostrano una crescita all’1,5 per cento delle stime del Pil, produzione industriale in salita e disoccupazione in calo.
Dovrebbero ringraziare Mario Draghi. Solo grazie al Quantitative Easing della Bce i paesi europei sono cresciuti e l’Italia è rimasta fanalino di coda solo davanti al Belgio. L’iniezione di liquidità come veicolo di penetrazione ha permesso una svalutazione dell’euro che si era rafforzato troppo e una spinta all’export più tutta una serie di altri benefici. Il problema arriverà nei prossimi mesi quando questo strumento subirà una pausa e non ci sarà un sensibile deprezzamento dell’euro. E chi avrà fatto bene i compiti a casa non subirà contraccolpi. Noi i compiti non li abbiamo fatti. E mi fa sorridere quello che ha scritto Renzi nel suo libro Avanti.
A cosa si riferisce?
All’idea, che è da irresponsabili, di aumentare il deficit al 2,9 per cento. Una visione politico-programmatica di spendi e spandi sbagliata che farebbe pagare all’Italia di Renzi e Gentiloni le conseguenze. Siamo ancora il malato d’Europa e questo è un messaggio incendiario per i mercati internazionali.
Crede che la strada sia ridurre la spesa pubblica e abbandonare le politiche dei bonus e degli sgravi come molti economisti (tra cui Michele Boldrin) suggeriscono per una ripresa forte e stabile?
Lo diciamo da anni. Dove è finita la spending review? Dove è finito Cottarelli? Dove sono le liberalizzazioni? Dove sono le privatizzazioni fatte con serietà? Dove è finita una vera riforma fiscale? Ecco, da queste domande si capisce il fallimento delle politiche di centrosinistra.
Quale aggettivo o parola darebbe a Matteo Renzi?
Non pervenuto.
A Luigi Di Maio?
Non classificato.
Quasi lo stesso giudizio che ha espresso per Renzi.
Beh, in fondo si assomigliano.
Passiamo al centrodestra. A Matteo Salvini?
Bravo. Ma deve anche saper ascoltare di più.
E a Silvio Berlusconi?
Il più bravo. Il migliore. Può anche avere alcuni difetti ma i pregi sono ampiamente superiori.
E Renato Brunetta come si definisce?
Credo di essere un gran lavoratore, un fondista. Con il tempo e un grande impegno i risultati alla fine si ottengono.
La gara è ancora lunga e non mancheranno gli scatti in avanti da ogni direzione. Soprattutto quelli di breve durata che poco piacciono al presidente Brunetta, ma che nella politica comunicativa di questa fase sono all’ordine del giorno. «Non mi piacciono i fuochi di paglia – dice riferendosi alle ricette economiche – durano poco e non scaldano». Un’analisi che può essere anche applicata alla politica.
Foto Ansa
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