Come l’arrivo di un centinaio di bambini dagli orfanotrofi ucraini ha scombussolato la placida vita di un paesino della Bergamasca. E come un’intera comunità, dal sindaco al parroco, dal dentista al fornaio, ha brigato per dare loro un tetto e un po’ di speranza
Spettacolo a teatro per profughi dall’Ucraina ospitati a Rota d’Imagna
Che a qualcuno fossero scappati i cavalli? Non si era visto un tale via vai di staffette nemmeno per la Via Crucis o per la riapertura dello smagliante resort Miramonti, e chi non avesse saputo la storia non avrebbe capito un accidente: «Arrivano domani, sono più di cento», ripeteva la gente inoltrandosi i messaggi inviati al parroco, «bambino più, bambino meno, stanno uscendo ora dalla Polonia». Del resto, anche a raccontarla riesce difficile immaginare che proprio a Rota d’Imagna possano succedere cose che da altre parti non succedono. Un borgo di casette che sembrano gettate tra i boschi con la fionda, 920 abitanti, un patrono, San Siro, che custodisce dall’omonima chiesetta edificata su un poggio aereo il dispiegarsi della Valle Imagna sotto il Resegone, fino ai colli di Bergamo, nonché l’unica via attorno alla quale si raccoglie il paese, la scuolina, il comune, la gelateria aperta quando viene bello. Ed è tutto qui, non c’è neanche il bar dove buttar giù un caffè o un bicchiere d...