
La casa di chi non torna
Dentro la casa di quelli che, in un giorno di tragedia, non tornano a casa la sera. Duecento morti, mille feriti negli ospedali, i cellulari che non funzionano, il caos delle notizie e delle voci impazzite. Forse quel figlio che manca è solo sotto choc in un pronto soccorso, forse sta cercando, nel traffico paralizzato, di rientrare. A casa, intanto, a sua madre sta scoppiando il cuore.
Bologna, la sera del 23 dicembre 1984, antivigilia di Natale. In una galleria sull’Appennino tosco-emiliano una bomba squarcia il rapido 904 che corre in su da Firenze. 15 morti, oltre 40 feriti, i passeggeri che scappano impazziti nel fumo e nel buio del tunnel…
Ma ecco, una casa come tante, a Bologna, alle dodici del mattino dopo. Una figlia di vent’anni, la chiameremo Anna, non è tornata, non ha telefonato. Era andata a Firenze a comprare un regalo per Natale. Non è, però, nemmeno fra i morti allineati all’obitorio. Né in alcun ospedale. Non c’è. Sparita, come nel nulla di quella terribile notte sull’Appennino.
La giovane cronista, comandata dalla legge di un mestiere che, impara ora, è veramente duro, si fa coraggio, e suona alla porta. Le apre il padre, disfatto, la faccia terrea. La fa entrare, perfino accomodare sul divano, benché lei spieghi che è una giornalista, e si aspetti dunque d’essere buttata fuori. Invece no. Nel salotto borghese ci sono le tracce di una notte di calvario: i portacenere colmi di mozziconi, una bottiglia di roba forte a metà. Il telefono tace. Attorno, nel quartiere residenziale, in quella vigilia di Natale violata il silenzio è assoluto.
E paradossalmente l’uomo che cerca sua figlia pare trovare conforto nella compagnia della cronista sconosciuta. Racconta, e sembra che il raccontare lo sfoghi. «Anna non c’è, da nessuna parte. I miei familiari l’hanno prima cercata negli ospedali: nulla. Allora siamo andati all’obitorio, ma la bambina non è nemmeno là. Dunque, ci siamo detti, è viva, è scappata dal tunnel, e adesso sta vagando sotto choc attorno alla galleria. Sono certo che può avercela fatta, a scappare: è atletica, s’allena tutte le mattine, certo è corsa fuori veloce, e ora è salva, magari ha solo perso la memoria…».
Anna, aggiunge il padre, è alta, bruna, «le somiglia un po’», dice alla cronista, che improvvisamente capisce perché quell’uomo così generosamente le ha raccontato la sua angoscia: come in un gioco d’ombre, per un attimo, nella sconosciuta aveva ritrovato la figlia. Così che la giornalista ora ha paura di andarsene, di rompere troppo bruscamente quel fragile incantesimo, e di lasciare posto alla verità. Perché Anna, si saprà dopo poche ore, non si trova perché era seduta proprio accanto alla bomba, e di lei non sono rimasti che pochi frammenti.
Questo accade nelle case di quelli che non tornano, come a Madrid. Ma quelli che mettono le bombe, non capiranno mai.
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