
La Cgil non è più un sindacato
Le cose non vanno male per i comunisti mediterranei: in Spagna la maggioranza del Psoe è divenuta una maggioranza con i comunisti di Izquierda unida, ovunque i socialisti conquistino le autonomie locali. Ma anche in Italia Bertinotti può essere contento: ha perso il referendum, era nei conti, come poteva rompere i rapporti della sinistra con le piccole imprese? Ma ha obbligato la sinistra a prendere sul serio un provvedimento impossibile, contrario a tutta la dinamica del lavoro moderno: è riuscito a dimostrare quanto pesa ancora il fattore ideologico, classista, antioccidentale nella sinistra italiana. Il referendum di Bertinotti non avrebbe dovuto porre problemi alla sinistra, dopo il governo Prodi e il governo D’Alema: e invece gliene ha posti eccome. In linea di principio la sinistra non ha saputo criticare il referendum, nemmeno D’Alema lo ha fatto. Mentre l’astensione consigliata dalla Confindustria era una scelta di battaglia, l’astensione praticata dai Ds è stata un’astensione di imbarazzo: un’astensione che non era una scelta ma propriamente il rifiuto di scegliere. Il colmo è stata la divisione tra la Cgil e Cofferati, la Cgil ha scelto il sì, diventando un’organizzazione del solo lavoro subordinato nel momento in cui esso sfiorisce, Cofferati si è astenuto. è stato un modo per giocare su due fronti. Cofferati non votando ha marcato la sua volontà di continuare a mantenere saldamente il suo collocamento diessino.
Figura di lotta e di governo, di istituzioni e di movimenti, Cofferati ha voluto rimanere una figura di sintesi degli opposti. Candidandosi a sindaco di Bologna egli diviene a un tempo l’uomo dei riformisti emiliani e l’uomo dei girotondi, avere le due identità e quindi mantenere una radicale ambiguità politica è proprio di Cofferati.
Ma la sinistra è divenuta così incerta che l’ambiguità è un radicale punto di forza, tanto più che le elezioni amministrative hanno mostrato che il voto di Rifondazione è necessario per vincere. Chi ne esce in modo stracciato è la Cgil, usata da Cofferati come suo mero strumento tattico, una pedina nel gioco. La Cisl di Pezzotta e L’Uil di Angeletti possono domandarsi se la Cgil è ancora un sindacato o è diventato il collettore di servizio d’ordine di girotondi, pacifisti e No global, che essa finanzia con il denaro pubblico che le viene dalle trattenute sulla busta paga e sulle pensioni e su tutti i compiti paraistituzionali che i sindacati hanno assunto nella prima Repubblica grazie al fatto di essere sindacati di partito. La Cgil ormai è governata da un’istanza antisistema che è naturalmente il bagno di cultura dei nuovi movimenti terroristi. Marco Biagi ha denunciato con il suo sangue l’ambiguità di Cofferati, da lui considerato come la vera chiave dei rischi che correva il giornalista del Sole. I sindacati democratici dovrebbero porre con più chiarezza il fatto che la Cgil non è più un sindacato se non nella forma e che è governata da una prospettiva indefinitamente ideologica e funzionaria che ha come esito il nullismo sindacale e politico.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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