La chance Draghi per il Quirinale

Dal Colle, l’ex presidente della Bce può aiutare a consolidare il ruolo dell’Italia. Anticipazione del nuovo libro di Lodovico Festa e Giulio Sapelli

È in libreria “Draghi o il caos. La grande disgregazione: l’Italia ha una via d’uscita?”, libro di Lodovico Festa e Giulio Sapelli (Guerini editore). Il volume sarà presentato sabato 27 novembre, ora 10.30, al Centro culturale di Milano (Largo Corsia dei Servi 4, Milano). Parteciperanno: Fabio Tamburini, direttore del Sole 24 Ore, Alessandra Ghisleri, sondaggista e direttrice di Euromedia Research. Modera: Francesco Migliarese, presidente Sintesi Politica. Saranno presenti gli autori. I posti sono limitati, per iscriversi cliccare qui.

Anticipiamo di seguito uno stralcio del libro.

Se la nostra analisi sullo stato disperato in cui versano le istituzioni italiane è realistica, se si ritiene che la ricostruzione della disgregazione italiana, precipitata del decennio 2010-2020, sia corretta, se dall’immediato passato si deduce, che la scelta di svuotare di funzione la politica, pur forse talvolta inevitabile e pur consentendo qualche vantaggio tattico, abbia determinato la crisi verticale che stiamo vivendo, se questi sono gli onesti presupposti per una scelta, allora quella che abbiamo definito “la chance” Draghi per salvare la Repubblica, va giocata nella partita del Quirinale con il massimo della consapevolezza.

E l’analisi delle nostre vicende non può dare che un unico responso: l’elezione del nuovo presidente deve aiutare una ripresa della politica, non neutralizzarla per un’altra lunga stagione della quale non si riesce a vedere la fine.

La Costituzione attribuisce poteri al presidente della Repubblica, materialmente (non illegittimamente) ampliati in questi ultimi decenni per esempio con gli interventi sulle scelte dei ministri. Questi poteri materiali conferiscono al “presidente” un ruolo di garanzia del corretto comportamento del governo che in parte va oltre lo spirito della Costituzione, ma è stato consentito dalla reintepretazione delle norme scritte.

Questi poteri normati e/o conquistati con la prassi, verrebbero consolidati con un’ascesa al Colle di una personalità di riconosciute competenze e di eccezionali relazioni internazionali.

Si può sacrificare il vantaggio – che vari ambienti (compresi giornali come il Financial Times) sottolineano- nell’avere Draghi a Palazzo Chigi fino alla completa esecuzione degli impegni presi con il Recovery fund, con l’opportunità di offrirgli un ruolo da garante del governo anche verso il sistema di relazioni internazionali, eleggendolo presidente?

È evidente come il caos italiano sia determinato da due fattori: una carenza di credibilità internazionale accentuata dalle mosse franco-tedeschi tese a semplificare così la loro egemonia sulla governance europea, e una parallela e gravissima rottura tra società e istituzioni italiane.

Intervenire solo sul primo fattore (lasciare Draghi a Palazzo Chigi a gestire scelte di governo e relazioni internazionali, e mettere al Quirinale una figura minore) può apparire una scelta opportuna. In realtà lasciando andare alla deriva il sistema politico, non si fa che accelerare la corsa verso il baratro perché nessun supertecnico può sopperire alla concretezza dei legami società-istituzioni, l’unica che può rivitalizzare in qualche modo il ruolo dei partiti. Certo sono sostanzialmente imprecisate le forme che potrà assumere questa eventuale rivitalizzazione. Però sono assolutamente prevedibili le macerie ulteriori che si accumulerebbero, se non si facesse un passo in questa nuova direzione.

L’eccezionale chance che Draghi offre oggi non va gestita esclusivamente guardando all’emergenza ma considerando anche il risanamento sistemico che solo può reggere il futuro della Repubblica.

Dal Colle, l’ex presidente della Bce può sia aiutare a consolidare il nuovo ruolo che l’Italia ha assunto sullo scenario internazionale grazie alla sua persona, sia garantire l’Unione europea che gli impegni presi per il Recovery fund saranno osservati.

Intanto operando dentro la cornice (in parte anomala) delle garanzie date dal Quirinale al sistema politico, i partiti potranno riprendere a discutere con la società delle scelte che (pur dentro la inevitabile cornice draghiana) si potranno assumere: tentando di ridare così anche un ruolo a un Parlamento particolarmente avvilito nei periodi più recenti.

Senza rinascita dei partiti la democrazia italiana non ha futuro, ma oggi non è semplice immaginare come potranno rinascere i partiti senza un Quirinale draghiano.

Abbiamo cercato di spiegare quella che secondo noi è una, pur rischiosa via di uscita dallo stato di disgregazione cultural-istituzionale dell’Italia. Ma il nostro destino nazionale può anche infilarsi in modo più o meno definitivo in una via senza uscita: nelle vicende umane l’esito catastrofico non può mai essere escluso.

Foto Ansa

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