La Corte Suprema incorona Maduro. Continua la caccia al “nemico fascista”

Di Paolo Manzo
24 Agosto 2024
Giornalisti espulsi, tremila arresti, torture. Gli show grotteschi del regime e il denaro elargito ai delatori funzionano: i giudici ratificano la vittoria del presidente chavista. Ora nessuno è al sicuro in Venezuela
La leader dell'opposizione venezuelana Maria Corina Machado sventola una bandiera durante una protesta contro i risultati delle elezioni presidenziali del paese a Caracas, Venezuela, 17 agosto 2024 (Ansa)
La leader dell'opposizione venezuelana Maria Corina Machado sventola una bandiera durante una protesta contro i risultati delle elezioni presidenziali del paese a Caracas, Venezuela, 17 agosto 2024 (Ansa)

«Mai nella mia vita mi avevano pagato così tanto denaro come in questa crociata contro il fascismo». La confessione proviene da un membro della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB), rivelata ai suoi familiari più stretti e raccolta da Daniel Lozano, inviato del quotidiano El Mundo in Venezuela per seguire le elezioni presidenziali dello scorso 28 luglio.

Al momento, il presidente de facto Nicolás Maduro non ha ancora “regolato” Lozano, che, nella terminologia delle dittature come Cuba, Nicaragua e Venezuela, significa espellere o sequestrare, come è invece accaduto a decine di giornalisti.

I giornalisti espulsi e la reporter arrestata dai servizi segreti

Gli stranieri vengono caricati sul primo aereo disponibile e rispediti nei loro paesi d’origine: è quanto accaduto al giornalista Rai Marco Bariletti e al suo cameraman Ivo Bonito. I reporter locali, invece, vengono rapiti direttamente a casa o sequestrati per strada, per poi finire “desaparecidos” o torturati. L’ultima vittima è stata Ana Carolina Guaita, una delle tante venezuelane di origine italiana che lavora per il media digitale indipendente La Patilla.

I servizi segreti del regime, il famigerato Sebin, l’hanno sequestrata mentre usciva da casa sua a Maiquetía, la città che ospita l’aeroporto internazionale di Caracas, a una quarantina di chilometri dalla capitale. Oltre a essere una reporter che raccontava la verità, ovvero la feroce repressione del regime di Maduro, Ana Carolina è stata portata via a forza anche perché figlia di Carlos Guaita e Xiomara Barreto, entrambi membri del Partito Politico Sociale Cristiano Copei.

Maduro premia con cento dollari chi stana il “nemico fascista”

Come ai tempi di Pinochet in Cile o di Videla in Argentina, oggi chiunque non sia favorevole al regime è a rischio in Venezuela. Dall’altra parte, chi sequestra è gratificato dai ricchi premi distribuiti dalla dittatura a chiunque combatta la “setta satanica” di “Maria fascista Machado”, come viene definita dalla narrazione delirante di Maduro, che chiama così la leader dell’opposizione, accusandola di aver tentato un “cyber colpo di Stato”. I “militanti rivoluzionari” che forniscono alle forze di sicurezza della dittatura informazioni dettagliate sulle vittime designate (nome, indirizzo, telefono, parenti stretti e luoghi abituali che frequentano) ricevono infatti 100 dollari. Una somma enorme in un paese dove il salario minimo è di 5 dollari.

Una volta sequestrato il “nemico fascista”, la consegna del denaro, rigorosamente in contanti, è responsabilità dei capi del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) di Maduro. Il chavismo ha dunque messo in atto questo sistema di bonus per premiare la macchina della repressione. Una struttura che non mira tanto a uccidere – finora sono state solo una trentina le morti di cui il governo è direttamente responsabile -, quanto a terrorizzare la società venezuelana affinché smetta di protestare contro la mega frode elettorale del 28 luglio, considerata la più grande nella storia dell’America Latina da tutti gli osservatori indipendenti, dall’Onu al Centro Carter, dall’Organizzazione degli Stati Americani all’Ong latinoamericana Transparencia Electoral, un punto di riferimento per le elezioni in questa parte del mondo.

Sequestro, scomparsa, tortura

Oggi, di fatto, tutti i leader dell’opposizione, gli attivisti della società civile e le migliaia di elettori che hanno partecipato alla difesa del voto hanno sulla testa una spada di Damocle chavista, ovvero “sequestro, scomparsa e tortura”.

E mentre gli arrestati sono circa 3.000, secondo l’ammissione della stessa dittatura, tutti costretti a cantare inni chavisti per la “rieducazione rivoluzionaria” e sottoposti a torture, il regime per settimane ha montato il suo “show” affinché la Corte Suprema di Giustizia (Tsj) confermasse i risultati annunciati tre settimane e mezzo fa dall’ente elettorale statale, il Cne, senza presentare neanche una scheda elettorale a sostegno del presunto trionfo di Maduro. È ovvio, visto che tutto in Venezuela, compresi Tsj e Cne, è controllato al 100 per cento dal presidente de facto.

Vince lo show grottesco di Maduro

L’ultima scena di questo “show” del chavismo si è conclusa con la sentenza del Tsj che ha ufficializzato la “vittoria” di Maduro. Corte che era stata azionata da un ricorso del presidente dittatore proprio per certificare  la sua vittoria. Ovviamente Maduro ha subito definito “storica e forte” la sentenza della Corte che ha anche confermato il sedicente attacco cibernetico al Consiglio Nazionale elettorale che avrebbe causato il ritardo nella pubblicazione dei verbali elettorali. Tradotto: la Corte Suprema del Venezuela, dopo che il Consiglio elettorale (Cne) non ha pubblicato i risultati dei verbali elettorali, ratifica Maduro presidente esentando il Cne dal mostrare i verbali. Non solo, il Tsj li ha anche presi sotto la sua “protezione” mentre i 600mila scrutatori dell’opposizione che li avevano raccolti e messi online ora sono perseguitati dalla stessa Corte Suprema.

Questa pantomima grottesca sarebbe degna di una serie Netlix ma, purtroppo, non è finzione visto che in ballo c’è il futuro di 32 milioni di venezuelani, 8 dei quali fuggiti all’estero. Il chavismo, in modo pacchiano, ha dunque legittimato Maduro con questo obbrobrio giudiziario. Ora l’unica cosa certa sarà l’aumento esponenziale della diaspora venezuelana, alla ricerca di quella speranza perduta in patria il 28 luglio scorso, quando le presidenziali, come dimostrato dall’83,5 per cento dei verbali elettorali raccolti dagli scrutinatori dell’opposizione e messi online, sono state stravinte da Edmundo González Urrutia.

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