
La crisi USA? Inizia adesso
Non so se quando leggerete questa rubrica ci sarà già il nuovo presidente eletto degli Usa, ma la sensazione comune è che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che la situazione possa sbloccarsi. Finora, la maggior parte degli americani non ha mostrato di avere una particolare fretta in proposito. Per tutti, la preoccupazione fondamentale è che non venga compromessa la legittimità del processo di elezione. Legittimità, naturalmente, significa sottomissione alla Costituzione e poiché ancora nulla di quanto è accaduto sembra spingersi sostanzialmente al di là di quanto la Costituzione stessa prevede come possibile, per la gente non ha alcun senso parlare di “crisi”. Piuttosto, i cittadini appaiono alquanto divertiti dalla confusione. I responsabili della campagna elettorale di Bush e Gore, comunque, vigilano per intercettare qualsiasi cambiamento nell’opinione pubblica. Insisteranno a sostenere le proprie posizioni finché l’opinione pubblica glielo permetterà. Presto o tardi, la gente comincerà a manifestare impazienza e a quel punto i principali leader di entrambi i partiti e i loro finanziatori inculcheranno con chiarezza nella mente dei due candidati che è arrivato il momento di tirare i remi in barca e salvare il salvabile. Né Bush né Gore controllano le rispettive parti, i cui leader sono pienamente consapevoli che si stanno avvicinando altre scadenze elettorali, in particolare quelle del Congresso, previste tra due anni, che avranno maggiore peso su chi detiene il potere negli Usa di queste ultime elezioni presidenziali. Il punto è, però, per quanto tempo ancora i leader di partito saranno in grado di svolgere questa funzione di controllo. Come si comporterà lo “zoccolo duro” di chi ha appoggiato la guerra culturale in seno ai due schieramenti? Quelli che hanno considerato questa elezione come una battaglia culturale, sembrano pronti a non fermarsi davanti a nulla pur di sconfiggere la parte avversa. Per loro questa è – come ha dichiarato pubblicamente Paul Begala, un sostenitore di Al Gore – una questione di lotta del bene contro il male. Dietro questa situazione apparentemente tranquilla, è dunque in atto una preoccupante divisione del paese che in futuro potrebbe realmente tradursi in una crisi della Costituzione. L’estate passata, a Rimini, il direttore del New Republic Peter Beinart aveva anticipato che l’aspetto più interessante delle elezioni presidenziali in arrivo sarebbe stato la crescente influenza dei “partiti ideologici” ai margini sia dell’arco politico liberal che di quello conservatore, in breve i sostenitori di Pat Buchanan e Ralph Nader. E nonostante nessuno dei due sia riuscito a raggiungere il proprio obiettivo diventando un protagonista riconosciuto del panorama politico americano, l’intuizione di Beinart è stata confermata dalla volontà dei sostenitori più duri di Bush e Gore di fare tutto quanto è possibile per impedire all’avversario di vincere. Sembra che il primo riassestamento post-elettorale avverrà a sinistra. Il risultato elettorale mostra che la sinistra ha avuto meno fiducia nel partito Democratico che la destra in quello Repubblicano. Mentre non si può dire che Buchanan abbia avuto un influenza significativa in questa campagna elettorale, è chiaro che non si può dire lo stesso per Nader, senza il quale Gore avrebbe già vinto. Se vincerà Bush la destra rimarrà dunque in seno all’ovile Repubblicano, cercando di consolidare la sua influenza, ma che succederà alla sinistra? La rabbia dei Democratici, infuriati con Nader che ha impedito la loro vittoria, porterà i liberal a trasferire la propria casa politica nel Partito dei Verdi, o (come ha fatto il senatore Hillary Rodham Clinton) i liberal cercheranno piuttosto di traghettare il partito Democratico in quella direzione, appoggiandosi all’idea che l’errore di Gore è stato proprio quello di non spostarsi abbastanza a sinistra? E se invece vincesse Gore, sarà possibile per i liberal che hanno votato Nader tornare nell’ovile Democratico? Prima o poi tutti i cittadini americani si accorgeranno che quel loro tipico atteggiamento di indifferentismo verso la politica, ha aperto le porte a una polarizzazione che non avrebbero mai sospettato fosse possibile, e la prossima elezione provocherà quella vera crisi che questa recente fino ad oggi non ha ancora determinato.
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