Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo il racconto “La goccia” contenuto nella raccolta di recente pubblicazione Riso sul sagrato (Montag).
* * *
La goccia non cade.
Rimane aggrappata per un soffio d’acqua alla grondaia. Con il resto di sé si slancia nel vuoto, un orecchino di cristallo. La sua testolina tonda luccicando riflette i fanali delle macchine, il riverbero dei lampioni e le finestre illuminate. È una minuscola galassia, costellata di embrioni di stelle.
Anche il piccione è immobile, e non precipita. Ha appena spiccato il volo dalla medesima grondaia, e lì, a pochi centimetri, è rimasto, appeso a un filo invisibile: un’ala già distesa, l’altra ancora piegata, il collare grigioverde arruffato per la contrazione del collo, il becco semiaperto. Gli occhietti rossi spiano l’abisso: la facciata del condominio sottostante, il gradino del marciapiede color catrame, l’asfalto crepato della strada.
Il freddo è qui.
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