
La Gran Bretagna non è un paese per bambini

«Da qualunque punto si osservi la cosa, la Gran Bretagna del XXI secolo è un ambiente ostile per chi vuole diventare madre». Il Daily Telegraph affida al commento di una delle sue nuove e più brillanti editorialiste, Olivia Utley (che alcuni avrebbero voluto come portavoce del premier Boris Johnson), il suo sconcerto per la combinazione di anti-natalismo dominante nella cultura popolare e difficoltà economiche a cui va incontro chi ha figli, che sta determinando un costante abbassamento della natalità nel Regno Unito. Secondo i dati della Banca Mondiale, il paese è sceso da 12,8 nati ogni 1.000 persone a 10,7 in soli otto anni, fra il 2012 e il 2019, segnando il più basso valore di sempre nella storia britannica.
Il costo dell’assistenza all’infanzia
L’editoriale evidenzia i problemi economici della maternità nel Regno Unito: «Secondo un nuovo studio dello University College di Londra, nel primo anno dopo la nascita del loro primo figlio il reddito delle donne diminuisce del 28 per cento – mediamente 306 sterline al mese – rispetto a quello che sarebbe stato se non avessero partorito; e questa flessione arriva a toccare il 45 per cento se si considerano i sei anni successivi. Le giovani militanti per la giustizia sociale parlano molto del “gap salariale di genere” come se a capo delle industrie ci fossero dinosauri del patriarcato che lo impongono. E forse in alcuni casi è così. Ma le statistiche – che mostrano anche che fra i 20 e i 30 anni le donne tendono a guadagnare la stessa cifra delle loro controparti maschili, se non addirittura qualcosa in più – suggeriscono che il nucleo del problema è molto più insidioso e radicato: troppi posti di lavoro non si adattano alle madri. D’altra parte abbandonare il lavoro salariato è raramente una strada percorribile, anche da parte delle donne che preferirebbero stare a casa. Il costo della vita – dall’affitto al carburante – ha continuato a crescere per così tanto tempo che vivere da famiglia monoreddito è completamente impossibile; il solo costo dell’assistenza all’infanzia (nidi, baby-sitter, ecc. – ndt) è esorbitante, fra i più alti in Europa: 865 sterline (1.016 euro – ndt) al mese».
Secondo lo studio dell’Ocse Net childcare costs in EU countries – Impact on family incomes and work incentives, 2019 (del maggio 2020) il costo dell’assistenza all’infanzia nel Regno Unito non è fra i più alti d’Europa, ma il più alto in assoluto del continente. A ciò si aggiunge «il limite di due figli fissato dal governo, che restringe il sostegno attraverso le detrazioni fiscali e il credito d’imposta ai primi due figli».
Il premio per Harry e Meghan
Ma secondo la Utley la Gran Bretagna è diventata terra inospitale per la maternità anche per altre ragioni: «I soldi sono soltanto una parte del problema. Nonostante il Regno Unito sia nella morsa di una depressione della natalità che ha il potenziale per mettere in ginocchio la nostra economia in un futuro non lontano, c’è una crescente ostilità culturale nei confronti di coloro che vogliono dare vita a una famiglia, tanto più se immaginata numerosa. Ho sentito giovani attivisti ambientalisti col complesso di Armageddon – che nei bambini vedono prima di tutto dei succhia-energia – argomentare che mettere al mondo figli in un pianeta sull’orlo del collasso è dimostrazione di egoismo. La loro logica fanatica può essere profondamente errata – tanto per cominciare gli scienziati che risolveranno il problema dell’innalzamento globale delle temperature probabilmente devono ancora nascere -, ma vediamo che si sta diffondendo. Il mese scorso Harry e Meghan hanno vinto un premio per aver limitato la loro famiglia a due figli, e sono stati ampiamente lodati sui social media, senza un briciolo di ironia, come modelli di comportamento. Questa mentalità anti-famiglia non è confinata ad ambientalisti pazzotici. Tempo fa il piacere di diventare genitori era giustificazione sufficiente per avere tanti bambini, augurandosi che fossero felici e in salute. Ma per la classe media dei millennial, che sono cresciuti rimpinzandosi di reality televisivi come Benefits Street (un documentario televisivo in più puntate che mostrava la vita debosciata e criminale delle famiglie con molti figli che vivevano di assistenza pubblica – ndt), c’è qualcosa di intrinsecamente ripugnante in una mamma con un passeggino a due posti e un bebè fasciato su di un fianco».
Rigenerarsi e crescere
Sotto accusa è il mondo dei Vip, con una sola, significativa eccezione: «Tranne il Duca e la Duchessa di Cambridge, pochi genitori sembrano disponibili a parlare in pubblico delle gioie dell’avere figli. In realtà nei magazine alla moda c’è una crescente tendenza di femministe che “rompono l’ultimo tabù” e ammettono di rimpiangere di essere diventate madri. Una confessione come questa deve apparire liberante – e capisco che implichi un certo genere di forza d’animo. Ma a una donna incinta o a coppie che programmano entusiasticamente una famiglia suona decisamente alienante (e dubito che sia bene accetta dalla prole di colei che fa la confessione). Avere figli non è una cosa per tutti, e nessuna dovrebbe essere svergognata per esserne rimasta priva. Tuttavia si trova un grande potere nell’essere una società natalista, insieme alla fiducia e alla visione necessarie per rigenerarsi e crescere».
Foto Ansa
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