La Grande Mela proibita del Partito Repubblicano

Di Lorenzo Albacete
14 Giugno 2001
A New York si chiude l’era Giuliani. E alle prossime elezioni, minoranze e abitanti di Manhattan sembrano voler tornare a un sindaco Democratico. Dopo la vittoria del conservatore Bush, i preparativi elettorali nella città più “a sinistra” degli Usa

Quest’anno nessuno ha fischiato il sindaco di New York, Rudolph Giuliani, mentre sfilava lungo la Quinta Strada durante l’annuale parata del “Porto Rico Day”, la più grande delle infinite “parate etniche” che si svolgono in città. Forse perché più a nessuno interessava farlo, visto che Giuliani sta per concludere il suo secondo mandato come sindaco e non può più essere rieletto. Inoltre ha appoggiato la richiesta portoricana di far cessare le operazioni militari della Marina Usa nell’isola di Vieques. Magari gli ispanici si sono dimenticati che non avevano il dovere di approvarlo. Neri ed ispanici delle aree più povere della città si considerano l’obiettivo della fortunata campagna di lotta alla criminalità di un sindaco che girava la faccia dall’altra parte e appoggiava la polizia quando le tecniche delle forze dell’ordine diventavano brutali. Forse si aspettano che questo stato di cose finisca quando Giuliani sarà rimpiazzato da un sindaco di New York più in linea con la tradizione della città, un liberal del Partito Democratico. Tutti i potenziali candidati democratici per la carica di sindaco, oggi sono liberal. New York è molto più a sinistra rispetto agli attuali umori politici degli Usa e l’elezione di Giuliani più che la scelta di un repubblicano è stata l’elezione di un noto avversario della criminalità organizzata e della corruzione governativa. E ci si chiede se tutto tornerà come prima dopo la sua uscita di scena. Gli stessi candidati democratici potrebbero non essere direttamente coinvolti in episodi di corruzione, così come i sindaci prima di Giuliani, ma tuttavia devono pur aver saputo cosa succedeva durante le loro amministrazioni. Uno di loro, Peter Vallone, è un frequentatore quotidiano della Chiesa a cui l’ascesa nel Partito Democratico ha imposto di ignorare la corruzione tra i suoi sostenitori. Il candidato Fernando Ferrer, presidente del consiglio distrettuale del Bronx, sta cercando di rimettere insieme quella coalizione nero-ispanica che già elesse Dinkins, il primo sindaco nero di New York, ma si è trovato in difficoltà e non è riuscito ad ottenere l’appoggio dei bianchi liberal di Manhattan. I quali non hanno manifestato troppo entusiasmo per un sindaco espressione delle minoranze, compresi gli ebrei, che se la prende per un tale sostegno di Israele a un candidato. Questo rende Mark Green l’attuale favorito. Green non è mai stato molto gradito ai membri del Partito Democratico ma si è posizionato assai meglio di Ferrer nella ricostruzione della vittoriosa coalizione di Dinkins. Si potrebbe credere che davanti a candidati così deboli i repubblicani possono avere una chance di vittoria. Eppure i fatti parlano diversamente: il 67% degli elettori registrati di New York sono a favore dei Democratici, e solo il 13% mostra di voler dare il voto ai repubblicani. Gore ha ottenuto 4 volte i consensi di Bush e Hillary Clinton 3 volte quelli del suo sfidante Rick Lazio. Giuliani non è riuscito a cambiare questi numeri.

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