La grande sconfitta della sinistra cattolica

Di Gianni Baget Bozzo
15 Marzo 2001
Il cattocomunismo italiano è durato 40 anni. Una stagione sterile - culturalmente e politicamente - che oggi si avvia alla conclusione. L'agonia di un Ulivo abbandonato al suo destino

Cè una grande sconfitta in questa campagna elettorale, quella di una forza politica che ha segnato la vita della Chiesa e dello Stato in Italia: la sinistra cattolica. La storia della sinistra cattolica si intreccia nel nostro paese con quella del Pci. Il Pci durante la Resistenza fu anticlericale, voleva distruggere le elites popolari. Lo testimoniano i preti uccisi durante la guerra civile. Ma poi la cosa cambiò: e fu una caratteristica costante nel Pci di Togliatti, reduce dallo scontro con gli anarchici anticlericali della guerra civile spagnola, quella di cercare uno spazio d’intesa col mondo cattolico. Venne dapprima cercato a destra con il cardinale Ottaviani e monsignor Tardini avversi al partito unico dei cattolici, la Dc. Poi le porte d’oltretevere, quelle delle curie e delle parrocchie, si fecero più aperte. Si creò, dopo il Concilio, un’intesa sull’anticapitalismo, l’antimperialismo americano, il pacifismo. Poi, sempre più, il corpo cattolico e il corpo del Pci presero a intrecciarsi: al punto che si può dire che il Pci italiano risultò nell’ethos di base un partito che parlava un linguaggio di protesta religiosa indipendente dalla sua attività politica. Il Pci risultò un partito marxista esoterico e un partito cattolicheggiante essoterico. Il pensiero cattolico divenne una sorta di cortile esterno al tempio comunista. Questa storia è finita con il Pci. Quello che ne è rimasto con l’Ulivo è una vicenda diversa, in cui non esiste più l’empito morale, un misto di utopia, politica e religione, ma in cui la politica ha fatto sentire le sue durezze. I cattolici dell’Ulivo erano dei dossettiani e volevano essere loro gli egemoni dei comunisti: si trattava di un quadro in cui il cattolico Prodi mediava non con il popolo cattolico ma con Agnelli, Mediobanca e il Vaticano. Il tecnocattocomunismo fu altra cosa rispetto al cattocomunismo dei Balducci e dei Turoldo, ma delle marce pacifiste dell’internazionalismo del volontariato, in cui la politica cedeva il posto alla mobilitazione del cuore. Questa storia ora è lontana e rimangono, in coppa all’olivo, gli scampoli di Rutelli e di Parisi. La sinistra non è più là. L’ethos cattocomunista è finito. Con Amato e D’Alema la sinistra storica abbandona l’Ulivo al suo destino: ed essa non ha più, con Rutelli come germoglio, l’aria di una pianta cattolica. Il ramo pasquale inventato da don Dossetti è reciso. Il cattocomunismo è durato quarant’anni ma non ha avuto un’influenza nella cultura italiana (ma chi ricorda Mancini, Balducci, Turoldo?). Nel complesso sembra una stagione sterile per i cattolici e per i comunisti. I comunisti non divennero socialdemocratici e i cattolici persero la fede.

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