LA JELLA DI PRODI E IL DECLINO CAROLINGIO

Di Gianni Baget Bozzo
17 Giugno 2004
Ma forse è vero quel che mi diceva un mio amico bolognese che Prodi porta iella

Ma forse è vero quel che mi diceva un mio amico bolognese che Prodi porta iella. Non era mai accaduto sinora che le elezioni europee avessero per oggetto Bruxelles o Strasburgo: ognuno votava tranquillo per il partito di sua preferenza o abituale o casuale. Ma gli elettori europei sono troppo smagati per credere di contare qualcosa votando un Parlamento che non contava niente. Questa volta c’è stata una rabbia antieuropea che si è manifestata sotto forma di astensione e che ha penalizzato i due governi che sognavano di aver raggiunto da tempo l’egemonia sull’Unione Europea: Parigi e Berlino. Tale egemonia si era manifestata intensamente nella questione irakena. Qui Francia e Germania, l’una in chiave gollista e laicista, l’altra in chiave socialdemocratica e pacifista, avevano deciso che rompere i ponti con l’America era il modo migliore per fare dell’Europa un “passo a due” franco-tedesco. I due governi si erano tanto amati durante la loro guerra americana che l’oratore di Chirac, il ministro degli Esteri Dominique de Villepin, aveva persino disegnato su Le Monde l’idea di uno Stato comune tra Francia e Germania: non ci sarebbero più stati né il Reno né le Alpi, l’impero carolingio si sarebbe realizzato con l’intesa franco-tedesca.
Poi il sogno fallì: ed ora compare la realtà, cioè che il cancelliere tedesco controlla solo un quarto dell’elettorato e sarebbe obbligato alle dimissioni; la Francia, diventata tutta socialista alle regionali, si conferma come tale alle europee. La linea antiamericana non ha pagato né a Parigi né a Berlino e la mozione che Francia e Germania hanno accettato di votare al Consiglio di sicurezza conferisce a Bush quella legittimazione delle Nazioni Unite alla guerra irakena che Bush aveva cercato all’inizio con il suo discorso all’assemblea dell’Onu.
Alla fine anche Chirac e Schroeder hanno dovuto convenire sui fini della guerra irakena, cioè la creazione di uno stato federale irakeno liberato da Saddam Hussein e con l’impegno dei G8 a espandere la democrazia nel mondo arabo.
L’idea dunque di un’egemonia franco-tedesca antiamericana sull’Unione Europea perde dalla spina e dal tacco. I governi non hanno mantenuto il consenso politico dei loro popoli nonostante il loro ostentato pacifismo, non hanno ottenuto la sconfitta della politica di Bush in Irak. Ormai gli Stati Uniti sono nel Mediterraneo, diventato il loro cortile di casa, per impedire il tracollo del mondo islamico e in particolare dell’Arabia Saudita sotto il peso dell’islam rivoluzionario. Ma è sconfitta, assieme all’egemonia franco-tedesca, anche la burocrazia federale delle istituzioni di Bruxelles e di Strasburgo che di quella egemonia è un prodotto. Il sistema bruxellese è colpito dalla massiccia astensione degli elettori europei.
Sono lieto che, nonostante le giuste richieste del Papa, il termine “civiltà cristiana” non sia entrato nel Trattato costituzionale. Se il Trattato verrà sottoposto a referendum, sarà respinto probabilmente anche in Francia e in Germania. Solo l’Italia è rimasta eurofila, nonostante Prodi.
Il mandato della commissione Prodi si conclude con il massimo rigetto delle istituzioni europee da parte dell’elettorato europeo. Se Prodi non porta iella per conto proprio, la sconfitta della sua politica di presidente della Commissione è una vittoria del principio di nazionalità e del principio di democrazia sul burocratismo a cui, in nome del federalismo, è stata ridotta la causa dell’unità europea.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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