La Lega, lo scudetto e la pace dei Sensi

Di Fred Perri
24 Gennaio 2002
Avete seguito la vicenda dell’elezione del presidente della Lega calcio? No? Avete fatto bene.

Avete seguito la vicenda dell’elezione del presidente della Lega calcio? No? Avete fatto bene. Però ve ne parlo lo stesso perché piace molto ai direttori. Le società più importanti (Juve, Milan, Inter, Lazio) hanno candidato Stefano Tanzi, presidente del Parma, mentre a paladino dei poveri (ah, ah, ah) si è eretto Francesco Sensi, danaroso presidente della Roma, moderno Robin Hood. In realtà, come a tutti i ricchi (salvo rare eccezioni), anche a lui i poveri fanno schifo. Si è candidato spinto dal suo allenatore Capello che, a dicembre, si è reso conto che la Roma poteva riconquistare lo scudo. Capello pensa che quando vince lui è tutto regolare, mentre quando succede agli altri c’è di mezzo la Cia. Così, essendo un dritto, ha escogitato la candidatura del suo presidente. Infatti, ha pensato, se lui si candida, il Palazzo (attraverso i suoi scherani, gli arbitri) non può darci addosso, sarebbe uno scandalo. Sensi starà lì a traccheggiare il più possibile, mentre la Roma si gioca il suo campionato. Agitando davanti al mondo il possibile complotto, Sensi e Capello cercheranno di rosicchiare punti di qui e di là. Infine tratteranno il ritiro della candidatura in cambio dell’immunità. E sarà pace. Questo è il calcio, bellezza, altro che Vieri e Adriano.

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