
LA LINGUA UNIVERSALE DI RATZINGER
Celebrando in latino la Messa ai cardinali dopo il conclave e usando il latino persino per l’omelia, Benedetto XVI indica nella liturgia una delle preoccupazioni principali del suo ministero. La formula del culto è la forma stessa della fede. Il Papa ha voluto sottolineare che il ruolo delle celebrazioni rivolte verso Dio deve differire dal linguaggio della vita quotidiana: occorre cioè creare un linguaggio proprio alle cose divine. Ha quindi ribadito che la liturgia deve mantenere la sua sacralità. Nel suo discorso, ha svolto una teologia del ministero petrino e del papato, ha ricordato che il potere non è conferito al Papa solo dalla sua elezione da parte del conclave; essa è il presupposto perché scenda da Cristo il conferimento dell’autorità sulla Chiesa universale. Del resto è anche il tema che Ratzinger aveva ricordato ai cardinali nell’omelia in italiano, rivolta a loro come decano del Collegio cardinalizio.
La collegialità episcopale che Benedetto XVI ha richiamato nella sua omelia va vista in riferimento a questo alto concetto del potere papale che ha caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II e che il suo successore ha poi pienamente ripreso.
Ciò non toglie il fatto che il papato di Benedetto XVI non sarà la semplice prosecuzione di quello di Giovanni Paolo II. Questi ha potuto governare la Chiesa forte di un supporto nella comunità dei fedeli e nell’opinione pubblica mondiale certamente legato alla sua personalità. Benedetto dovrà contare maggiormente sull’apporto che gli viene dal consenso del mondo ecclesiastico come tale: la sua libertà d’azione non è così grande come quella del suo predecessore. Questo spiega anche il perché egli è stato scelto così presto; si trattava di ribadire la continuità e di mantenere la posizione di autorevolezza che la Chiesa cattolica ha ottenuto con Giovanni Paolo II. Il nuovo Papa ha una concezione drammatica del tempo che la Chiesa vive, ma sa anche che la domanda spirituale e religiosa è diventata più forte man mano che il tempo della globalizzazione e delle tecnologie poneva problemi, di identità spirituale e culturale, che vanno oltre gli spazi della Chiesa.
Non a caso, nell’omelia ai cardinali dopo l’elezione, ha posto se stesso come punto fermo, capace di confortare coloro che cercano nella fede, anche in queste condizioni ed anzi ancora di più, la risposta sul senso della vita. Egli ha il linguaggio capace di farsi comprendere nella sua identità cattolica anche da coloro che non la condividono. Per lui la differenza cattolica è la base stessa del dialogo.
Scegliendolo, i cardinali hanno dimostrato di condividere l’approccio culturale di dialogo, pur sapendo che il linguaggio di Ratzinger è più sottile, complicato e personale di quello che è proprio alla grande comunità popolare che è la Chiesa cattolica.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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