La marcia per tornare a vincere. Intervista a Tosi: «Il centrodestra torni unito e riparta dalle persone con le primarie»

Il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi ha una ricetta per battere le «chiacchiere di Renzi»: «Se il centrodestra non vuole essere sepolto deve lasciar scegliere ai propri elettori da chi vogliono essere rappresentati»

«Il centrodestra deve ripartire dalle persone, dalla classe dirigente. Deve affidarsi ai cittadini, alle primarie». Ribadisce da mesi questo principio elementare, il leghista Flavio Tosi. Era il 6 ottobre 2013: il sindaco di Verona (e aspirante candidato premier) lanciò il progetto di un nuova alleanza fra tutti i partiti di destra. Una coalizione guidata da una classe dirigente credibile, almeno in parte eletta dai cittadini e non nominata dai capi partito. Alcuni ambienti di Forza Italia accolsero freddamente la proposta di Tosi. Oggi, a distanza di mesi, l’esito delle elezioni europee ha confermato l’idea del sindaco di Verona.

«La sconfitta probabilmente è servita a Silvio Berlusconi per rendersi conto della necessità delle primarie», dice Tosi a Tempi. «Da qualche anno, i cittadini votano soprattutto per le persone, non per il simbolo. Se il centrodestra non vuole essere sepolto deve lasciar scegliere ai propri elettori da chi vogliono essere rappresentati». Che Tosi non abbia torto, lo ha dimostrato ampiamente l’ascesa del premier Matteo Renzi. Il “matador” di Firenze, fino a un anno fa, era un elemento alieno nel Pd. Oggi, grazie ai consensi raccolti, ne è leader indiscusso. «Si deve a Renzi e alle primarie se il Pd ha ottenuto il suo miglior risultato elettorale di sempre. Se ci fosse stato Bersani, probabilmente la sinistra avrebbe avuto la metà dei voti».

Ncd, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega Nord. Qualcuno dice che è meglio rimanere divisi che cercare l’unità. Cosa ne pensa, Tosi?
Se si è divisi si conta poco. Non si può incidere dall’opposizione e si perdono voti. Il centrodestra è sotto del 20 per cento rispetto ai suoi massimi storici, quando ne faceva parte anche l’Udc. E ora cos’è? È diventato un guazzabuglio dove ogni partito fa quello che gli pare, ogni politico dice quello che gli viene in mente. È tutto poco serio. Siamo obbligati ad accordarci, se vogliamo essere credibili. E bisogna partire da subito, lanciando le primarie di coalizione. Sarebbe inutile unirsi all’ultimo momento, prima delle elezioni.

Perché il primo step dell’operazione “salva centrodestra” dovrebbe essere un accordo sulle primarie?
Bisogna definire le leadership. Le primarie non solo sanciscono il potenziale premier della coalizione, ma danno anche una indicazione sulla capacità di raccogliere consensi dei concorrenti sconfitti. Con una leadership chiara e credibile, che tiene assieme tutte le anime dei partiti, si può ricostruire il centrodestra.

E qual è il passo successivo?
Si dovrà mettere insieme una squadra che costruisca un programma di governo alternativo a quello di Matteo Renzi. L’Italia è un paese di centrodestra, e lo è ancora: se gli elettori moderati tornano a votare, saranno ancora vincenti.

Voto? Programma di governo? Pensa che Renzi, solidamente piantato a palazzo Chigi, abbia in mente le elezioni?
Non è improbabile che si andrà a votare per le politiche l’anno prossimo. Renzi ha fatto tante promesse, ma adesso ha pochi mesi per dimostrare che le sta realizzando, e ho seri dubbi che ci riesca. Se non concretizza quello che promette, dovrà tornare al voto. Più la tira lunga più deve rendere conto agli elettori e più va in difficoltà. È facile che decida di accelerare e di andare alle urne, non penso che si voglia bruciare stando al governo. Ovviamente darà la colpa al Parlamento per le mancate riforme, prima di dimettersi.

Sembra molto sicuro.
Perché è prevedibile. Renzi cercherà di massimizzare il vantaggio che ha ottenuto alle elezioni europee. Non può lasciare che il centrodestra si riorganizzi. Sa bene che più tempo passa e più è facile che ciò accada. Quindi credo che si possa andare al voto anche nella primavera prossima.

E pensa che questo centrodestra sia in grado di sconfiggere Renzi?
Se si riorganizza da subito ha la capacità di giocarsela. Anche perché fino ad ora Renzi si è rivelato un gran chiacchierone. Di tutte le cose che ha promesso non se ne è verificata una. Le province sono ancora lì, la riforma del Senato è lungi dal farsi, e anche la legge elettorale. Vediamo se sarà in grado di fare qualcosa nei prossimi mesi. Ma secondo me non ci riuscirà.

È credibile una coalizione dove su un tema fondamentale come i rapporti con l’Europa ci sono posizioni diversissime?
Ci sono differenze, non una divisione. Vedo tre posizioni: l’euro-entusiasta, ma sono veramente pochi; il no-euro, ma è più una forzatura che altro; poi la posizione euro-critica, che mi pare largamente maggioritaria. Da questa si deve partire. E poi si parla di programma di governo del paese e non del Parlamento europeo. Oggi in Europa conta solo la Commissione, che è nominata direttamente dai governi. In questo senso ciò che si deve fare, con un governo di coalizione, è rinegoziare i rapporti con l’Europa.

C’è la questione del Fiscal compact imposto all’Italia dall’Unione Europea e che in passato ha diviso il centrodestra.
C’è stata dabbenaggine e superficialità da parte del Parlamento quando l’accordo fu firmato da Monti. Ma chi del centrodestra lo approvò, oggi riconosce che l’Italia lo ha recepito in modo acritico, senza rendersi conto dei numeri. Sappiamo bene che il Fiscal compact, così com’è, è una follia e che l’Italia non riuscirà mai a reggerlo. Lo dico anche da sindaco.

Fare il sindaco è difficile in questi tempi. Lei però ha raccolto quasi 100 mila preferenze alle europee.
Le risorse sono quello che sono, ma la gente sa quanta fatica fanno i sindaci ad amministrare. Per questo è la categoria politica meno invisa e più apprezzata. Poi c’è anche il rapporto diretto con gli elettori: se qualcosa non va, sanno dove trovarti. A Roma, già il fatto che si facciano chiamare onorevoli può far arrabbiare. E poi è Roma a essere identificata con il non fare nulla, lo spreco e le ruberie. Ed è vero che in generale tutto quello che non funziona nel paese lo si deve alle mancate riforme romane. È vent’anni che si devono fare.

Com’è finita l’inchiesta di Report sulle  presunte infiltrazioni della ’ndrangheta nel suo comune?
In nulla. L’attacco di certi media e del centrosinistra è continuato in maniera pesante e continua da quando abbiamo lanciato l’idea di fare un progetto nazionale di ricostruzione del centrodestra. Ma alla fine si è sgonfiato. Certo, all’inizio c’è stato disorientamento, visto che hanno dipinto Verona come una città in mano alla ’ndrangheta. Uno si aspetta l’apocalisse. Sono passati quasi due mesi, però, e non è successo nulla. Hanno semplicemente provato a dare una spallata alla giunta e a screditarmi, ma non ci sono riusciti. Mi sono candidato alle europee anche per questo. Quando hai il consenso della gente, non c’è modo di infangarti.

La Lega Nord nelle ultime elezioni è sta l’unica forza del centrodestra a crescere, passando dal 4 per cento al 6,2.
L’impressione generale è buona. E lo si deve soprattutto al segretario, Matteo Salvini. Abbiamo pagato cari gli scandali, come era giusto che fosse, ma oggi stiamo andando avanti. Soprattutto per quanto riguarda i comuni, dove esprimiamo una buona classe dirigente. Alle comunali, in concomitanza con le europee, abbiamo ottenuto una larga riconferma e qualche comune in più. Alla fine quello che conta, per vincere, è questo: avere una classe politica dirigente credibile.

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