La memoria viva di Marco Gallo e l’idiozia della “compersione”

Il pellegrinaggio in ricordo di un giovane prematuramente scomparso e il trucco di giocare con le parole per nascondere il reale

«Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore». La Liturgia della festa di Ognissanti così fa pregare tutta la Chiesa. Il 1 novembre di quest’anno, nuovamente, questa parola si è riempita di vita. Sempre nuova, imprevista, sorprendente. Reale, carnale: si è mostrata questa generazione che cerca il volto del Signore. Un intreccio di vite, storie, drammi, che si fa Corpo. La generazione che cerca il volto del Signore. Un corpo di più di seicento volti, che si è incamminato verso la Madonna di Montallegro, su per la salita, per affidarsi e affidare, e imparare a riconoscerLo presente. È viva la memoria di Marco Gallo, salito al cielo il 5 novembre 2011. Da quell’anno, con fatica e per obbedienza, familiari e amici compiono un pellegrinaggio alla Madonna di Montallegro. Non una commemorazione. Un gesto di vita: Marco continua a essere segno del Signore presente. Della misteriosa vita che scaturisce dalla Risurrezione di Cristo. «Il tempo, nell’esperienza umanissima della fede, non consuma, ma invera. Cioè svela sempre più ciò che è vero in una persona, in un’esperienza, in un fatto. E ne manifesta l’inesauribile vitalità e fecondità. Così è per Marco» ha scritto il card. Angelo Scola nel messaggio indirizzato ai pellegrini. Le Sue vie non sono le nostre. Laddove c’è morte, dolore, nostalgia: tutto questo non è eliminato, ma trasfigurato. Rinnovato. Nelle Sue mani, tutto questo diventa vita. Persone che camminano senza escludere «le belle vie dell’imprevisto». Un Corpo nel quale la Sua presenza si manifesta nel segno fragile dell’umanità. Un gesto semplice: cammino, canto, preghiera, condivisione di cibo e di vita. La vita cristiana: lo straordinario nell’ordinario. L’imprevisto si fa carne anche quest’anno. Si fa Presenza. Si fa Movimento – dove c’è il canto c’è il Movimento. Un richiamo per tutto il Movimento, per la Chiesa: ci rivela chi siamo. La generazione che cerca il volto del Signore. E che, per Grazia, diventa Corpo nel quale è possibile riconoscerLo presente e operante. Un Corpo radunato anche grazie a Marco, il «giovane amico che, pochi mesi prima di trovare una morte improvvisa, scriveva: “Esclusa una falsa e distrattiva via di mezzo, o Cristo si rifiuta o diventa il punto fermo”» (A. Scola, Omelia della S. Messa nel XII anniversario della morte di don Giussani, 28 febbraio 2017).Giovane amico al quale possiamo continuare ad affidare la nostra vita, il Movimento, la Chiesa intera. Giovane amico che ci indica l’unica via da seguire: il rapporto vivo con Cristo.

don Giovanni Grimoldi

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Caro direttore, durante l’estate appena trascorsa, siamo stati invasi, durante i vari telegiornali di tutti i colori, da una frase che si riferiva alla situazione meteorologia. Faceva caldo, come giusto d’estate, e ci veniva ripetuto, in modo ossessivo, una frase tipo questa: “la temperatura è oltre la media del periodo” oppure “la temperatura è molto al di sopra delle medie stagionali”, anche se non ci dicevano mai quali fossero queste benedette “medie”, in modo che ciascuno di noi potesse fare i dovuti confronti. Il dogma era che le temperature erano necessariamente superiori alla media. Dentro di me pensavo che non era tanto vero, anche perché mi ricordavo che anche quando ero bambino (e cioè non pochi anni fa) si erano registrate temperature anche superiori ai 40 gradi. Questa comunicazione veramente ossessiva mi ha fatto venire in mente un paragone analogico con tutt’altre materie, forse più gravi (culturalmente parlando) del tema della temperatura. Mi è venuto in mente, cioè, che proprio in questo stesso periodo si sentono dire “idiozie” ben superiori alla medie stagionali: date le materie, si potrebbe dire molto oltre le medie secolari. Mi spiego.

Quando si dice l’idiozia (Chesterton direbbe la “pazzia”) secondo la quale non è l’organo sessuale (con tutto il contorno conseguente) a farci dire se una persona è un uomo oppure una donna, mi pare che si osi dire una cosa che contraddice non solo qualche “stagione” o “periodo” di storia, ma addirittura secoli di storia. Si contraddice, cioè, non solo l’evidenza della realtà presente (che oggi è la grande imputata), ma anche tutta la storia della saggezza umana, la quale, a partire dalla realtà e non dai sogni, non ha fatto altro che prendere atto di ciò che ha “ricevuto” (come, probabilmente, direbbe l’Arcivescovo di Milano) per abbracciare un pensiero, resistito per migliaia e migliaia di anni, che non faceva che accettare quanto così gratuitamente ricevuto. L’idiozia bestemmiatrice di oggi, invece, vorrebbe ribaltare il dato reale, ma, proprio per questo, sta perdendo l’equilibrio, cioè la testa. La parola idiozia, così, è molto vicina al vero. Ma non è il solo caso, perché, oramai, pare che vi sia una sorta di epidemia delle idiozie.

Per esempio, la nostra bravissima amica Annalisa Teggi ci ha recentemente illustrato, su Tempi, un’altra idiozia, che è arrivata addirittura a inventare un’altra parola per dare dignità ad un fenomeno che potremmo definire almeno disumano. La parola nuova è “compersione”, con la quale si vuole esprimere la contentezza che ciascuno dovrebbe portare con sé nel permettere al proprio partner di avere un’altra conclamata relazione sentimentale. Il popolo di base, che è molto vicino alla sanità, direbbe “cornuti e contenti”. Come si fa a non comprendere come questo fenomeno non sarebbe secondo quanto il cuore ci detta e non per questioni di egoismo o di bieca gelosia, ma perché il rapporto di vero amore richiede naturalmente una esclusività, non solo momentanea, ma anche nel tempo. Non a caso la Chiesa indica l’indissolubilità del rapporto come l’ideale più umano. Ma intanto c’è chi inventa anche parole nuove pur si sentirsi libero di dire idiozie oltre la media di tutti i secoli.

Potremmo continuare a lungo con questo elenco. Lo spazio non lo permette, ma un tema non può essere taciuto ed è quello che riguarda la vita. Vanno ben oltre l’idiozia coloro che sostengono, anche a livello legislativo, che, in fondo, si deve poter parlare addirittura di “diritto” ad interrompere una vita. Taluni hanno l’ardire di sostenere che si deve usare questo termine a proposito di quell’atto terribile che si chiama aborto e, ultimamente, a proposito dell’aiutare chi lo chiede a suicidarsi. In questi casi, le parole hanno totalmente perso il loro originario significato, come spesso succede a coloro che definiamo pazzi. Non è ammissibile distorcere le parole fino a dare un significato volutamente positivo quando si accosta la parola “diritto” alla possibilità di interrompere una vita. Soprattutto in questi casi, direi, è abissalmente superata la media secolare del giusto pensiero comune e umano. Così facendo, si torna indietro di almeno 2000 anni.

Peppino Zola

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