
La messa finì. Aprile fu crudele. Ma Nanni non conosceva il comunismo?
Siete morti, sembrate vivi ma in realtà siete i fantasmi di un corpo politico che non esiste più come corpo ma solo come frammenti. A quanto Moretti ha dichiarato alla dirigenza dell’Ulivo, che bravo postmodermo. Sono frammento, siete frammenti, il nichilismo vi ha ucciso. Non è il nichilismo l’esito ultimo della crisi del marxismo, non è il nichilismo il pensiero dei vostri filosofi Vattimo e Cacciari? Siate voi stessi, ombre di ciò che fu un corpo politico ed accettate di essere un popolo di frammenti. Con ciò Moretti ha testimoniato che la dirigenza comunista ed ulivista vive ormai una vita fittizia, di infiniti attori in cerca di un autore, di foglie agitate dal vento della storia, che hanno creduto fosse il sigillo della loro vittoria ed ora solo la violenza della fine che giungeva su di loro. Questo è il messaggio morettiano dell’Aprile rosso. L’Ulivo era solo spettacolo, è bastato che un regista dicesse che lo spettacolo era finito, che la messa era finita perché si facesse il silenzio in sala. Quelle parole suonano come una rivelazione del fatto che gli ulivisti non sono più corpo politico, ma solo frammenti in guerra con altri frammenti. I postcomunisti, divenuti un popolo di parole, sono stati uccisi da un maestro delle immagini che ha recitato in realtà la scena che aveva già costruito in Aprile Rosso. Non era già questo il manto funerario che avvolgeva a corsa in bicicletta, la finale in pasticceria con il mantello della morte sulle spalle? Moretti ha girato nella realtà tre anni dopo il film che aveva posto in pellicola. La reazione dei postcomunisti è stata il panico: l’invito a tornare ad essere comunista rivolto a colui che li aveva dichiarati fantasmi, aveva in sé la voce del terrore. E in verità non c’è stata risposta. Perché Moretti distruggeva la risposta pronta, arcaica: la definizione di Berlusconi come galeotto potenziale, il carattere illegale della Casa della libertà: infine una nuova variante della teoria del “doppio Stato” (uno legale, l’altro mafioso e criminale) che i comunisti avevano proposto come teoria della Dc. Ancora e solo il nemico come nemico, il male puro, con la soppressione della domanda razionale, non mitica: perché, se il nemico è tanto orrido, ha avuto tanto consenso? Moretti mostra nel suo intervento ben comunista che i comunisti non hanno altra arma che il processo criminale, alla faccia della dialettica: e che nel processo la sentenza di condanna è la motivazione del processo. Ma infine Moretti non conosceva il comunismo? Non sapeva che è sempre stato così? Bello fare la parte del grande inquisitore quando si ha la medesima cultura politica del grande inquisito. E se ne ripete il gesto. Nulla sotto il sole di nuovo, dice l’Ecclesiaste leggendo la storia comunista. Il rapporto intercomunista è fondato sull’odio reciproco, maggiore dell’odio contro gli avversari. Il comunismo italiano è oggi l’ostensione di questa essenza odiante dei comunisti e della loro sottospecie, i cattocomunisti. Di cui Prodi e Parisi sono magnifici esemplari. E Moretti un efficace testimone e, ad un tempo, esempio.
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