La pace prepotente dell’Anticristo secondo Solov’ëv

Di Renato Farina
09 Marzo 2017
Per il filosofo russo il pericolo sarebbe stato la sparizione della drammaticità della scelta tra Dio e la sua negazione. Tutto diventa uguale

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Vladimir Sergeevicˇ Solov’ëv (1853-1900) è il massimo filosofo russo di sempre. Qual è la sua idea centrale? Io la traduco da ignorante così: la possibilità di sperimentare oggi, adesso, la «divino-umanità», la «uni-totalità». Insomma: ciascun io può attingere la verità e la bellezza. L’Essere non è un’idea. L’Essere non è materia. L’Essere è il permanere nell’effimero dell’eterno. E questo è reso possibile dall’Avvenimento dell’Incarnazione di Dio. Gli uomini possono bere e mangiare tutto questo ogni istante. È Cristo.

L’Anticristo è colui che non nega questa realtà. Non la bombarda. Semplicemente allunga il brodo, finge di riverire questa faccenda, pretende di assimilarla, smaltirla, dolcificarla. Tempi dice che colui che più somiglia a questa figura è il fondatore di Facebook, che non nomino per ragioni che attengono a un certo timore che gli antichi russi e i masai degli Altopiani hanno per nomi crudeli.
Mi appoggio, oltre che alle mie modeste letture, alla sintesi di Giacomo Biffi. Il grande e compianto cardinale di Bologna dedicò a Solov’ëv un corposo saggio in Pinocchio, Peppone, l’Anticristo e altre divagazioni (Cantagalli, 256 pagine, 14,90 euro). L’Anticristo si riferisce al titolo dell’ultima opera del russo, la più famosa e citata spesso a sproposito. Il racconto dell’Anticristo è profetico.

Scrive Solov’ëv, profetico come Cassandra: «I problemi della vita e della morte, del destino finale del mondo e dell’uomo, resi più complicati e intricati da una valanga di ricerche e di scoperte nuove nel campo fisiologico e psicologico, rimangono come per l’addietro senza soluzione. Viene in luce soltanto un unico risultato importante, ma di carattere negativo: il completo fallimento del materialismo teoretico». Ehi, e dopo questo fallimento arriva il Salvatore presunto. E questo è il creatore di Facebook. L’avvento di un impero spiritualista. Prima gli Stati uniti d’Europa, quindi la presidenza di un impero mondiale dove a dominare è il pensiero umanista. Proprio così, per Solov’ëv il pericolo sarebbe stato questo: la sparizione della drammaticità della scelta tra Dio e la sua negazione. Tutto diventa uguale. L’Anticristo è per lui un «convinto spiritualista». Un filantropo ascetico e generoso. «Dava altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza». Stimava Cristo, lo aveva studiato benissimo, il Signor Anticristo. Non sopportava però la sua unicità, il fatto che fosse risorto. Ripete: «È marcito, è marcito nel sepolcro».

Si professa superiore per questo a Cristo: «Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace». In realtà, dice Solov’ëv c’è «la pace buona, la pace cristiana, basata sulla… separazione tra il bene e il male, la verità e la menzogna; e la pace cattiva, la pace del mondo, fondata sulla mescolanza o unione esteriore di ciò che è interiormente in guerra con se stesso». È – scrive Biffi – «la resa sociale alla prevaricazione, un abbandono dei piccoli alla mercé dei prepotenti».

L’amore appassionato per Saimaa
Oltre che pacifista, l’Anticristo sarà animalista, «personalmente vegetariano». Soprattutto ecumenico. Capace di dialogo con tutti, «con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza». La speranza però è che un gruppo di ortodossi, protestanti e cattolici resistano. L’Anticristo vuole offrire loro istituti biblici, possibilità di predicazione di valori, eccetera. Ma loro sono scontenti. E alla domanda che cosa ci sia di più prezioso nel cristianesimo, a nome di questo piccolo gregge, l’ortodosso risponde: «Cristo stesso». Insomma il cristianesimo come fatto accaduto, non come una grande idea.

Solov’ëv aveva doti intellettuali strabilianti ed ebbe una vita avventurosa. Scrisse versi per “Saimaa”, e questo diffuse la diceria di una sua passione per una ragazza finlandese. Invece si era innamorato, letteralmente innamorato, di un lago in cui vedeva il segno fisico di Dio. Io ci sono andato in pellegrinaggio, tra le betulle e i ghiacci. Ci torno quando posso. L’ultima volta una famigliola di alci gigantesche mi ha salutato sul ciglio di un bosco, prima di involarsi leggera.

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