
LA PRINCIPESSA DI ROCCIA
Nessuno, pare, ha visto. è stato di notte, in una delle prime notti di giugno, ma quando esattamente non si sa. Addirittura sembra che nessuno giù a valle abbia avvertito l’eco della roccia spezzata, e il frantumarsi in mille sassi. Eppure non era grande, la Torre di Trephor, nel gruppo delle Cinque Torri, sopra Cortina, ma neanche così piccola, se generazioni di scalatori ci si erano arrampicati in seste vie sempre più ardite. Vertigo, si chiamava una di queste strade del cielo graffiata sulla roccia rossa. Neanche Vertigo c’è più: polverizzata in un istante, nel buio, senza che nessuno vedesse, nel gran silenzio della notte sotto le Tofane e il Nuvolau. Soltanto nei precipizi deserti lo scroscio sinistro di quelle pietre rotolanti a valle, infranta per sempre, nella forma bella della Torre di Trephor, l’unità originaria; e poi il silenzio, come una volta, come in un giorno infinitamente lontano.
Normale, nell’arco del tempo geologico, che una roccia si spezzi. Normale, nei milioni di anni che sono la vita di una montagna. Ma quando il punto di morte di una montagna coincide col breve, quasi ridicolo tempo degli uomini, allora si resta attoniti. Le guardavi, quelle Torri sorelle, da bambina, e ti sembravano vecchie come la notte dei tempi, vegliarde e forse streghe. Ma solo la scorsa estate, i bambini per mano, davanti alle stesse Torri, sotto a un sole radioso, eri certa ormai che morta tu, morti i tuoi figli, “loro” sarebbero state identiche, splendide e altere, sotto a quello stesso cielo, per sempre. E invece no: una piccola delle Cinque Torri, che in realtà sono undici, è morta. Distrutta, dicono i geologi, dal termoclastismo, l’escursione termica e l’acqua che spacca la roccia. Dopo 215 milioni di anni, in un giorno del tempo degli uomini.
Strano però davvero, che nessuno abbia sentito nulla. Lo schianto rabbioso come di un fulmine, e l’inseguirsi vorticoso dei frammenti rotolanti. Nella quiete della notte, fa ben rumore una torre che muore. Vien da pensare a certe leggende che fino a pochi anni fa raccontavano le donne, da queste parti, quando ancora portavano le vesti lunghe e nere, ai bambini che le stavano a ascoltare la sera. Erano storie di principi e principesse, sempre molto pallide, che per l’invidia di qualche strega non potevano convolare a nozze. E il principe se ne andava in esilio, e la principessa, per il dolore, impietriva. Principesse dunque, in realtà, le cime della valle d’Ampezzo, in attesa d’essere svegliate. E la Trephor, allora? Ma nessuno più nella valle racconta queste storie ai bambini, che sanno invece come quella Torre fosse solo dolomia, corrosa dal termoclastismo. Benché, pallida e bella, come le sue sorelle sembrasse davvero una regina.
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