La rivoluzione liberale di Forza Italia non è finita. Si rinnova per rispondere alla restaurazione statalista

Forza Italia non sarà mai sciolta, è il movimento che esprime il Partito delle libertà. Lo sono i suoi dirigenti e i suoi rappresentanti. Il grande sforzo per costituire una realtà cattolico-liberale rimane intatto. Il cambiamento di nome e una nuova forma di mobilitazione popolare sono dovuti al fatto che il paese sente come un regime questo governo. L’antipolitica non è nata a destra, ma a sinistra, e ha sorpreso persino le forze politiche che stavano a sinistra del Partito democratico. Neanche Fausto Bertinotti si aspettava che il governo Prodi divenisse il fondamento del rigetto della politica istituzionale della sinistra, e Rifondazione rischia di essere colpita nel suo stesso elettorato. L’antipolitica non è nata dal popolo della libertà, è una forma esclusiva della militanza postcomunista. Perché i Ds si aspettavano non solo un aumento del loro potere, non solo più soldi, più istituzioni, più posti: si aspettavano anche più consenso, proprio in ragione del loro aumento di potere. Certo non credevano che l’aumento di potere causasse la diminuzione del consenso. Ciò mostra la concezione dei gramsciani, per i quali il partito, moderno Principe, è, a un tempo, l’egemonia culturale e il controllo politico, un’idea che diviene fatto. I postcomunisti sono rimasti un partito ideologico e l’ideologia è una profezia che non guarda la realtà ma la deduce dal pensiero astratto. I fatti, però, hanno la testa dura. E la domanda della società liberale è un fatto.
La nascita del mercato mondiale senza garanzie ha creato problemi per i paesi occidentali, che vedono le loro tecniche riprodotte in Cina e in India in condizioni sociali che fanno orrore. Ma è chiaro che il vero problema dell’Italia è acquistare spazi nel mercato globale, dove il soggetto è la società civile molto prima che lo Stato. È un cambiamento reale che comporta un cambiamento culturale. Oggi gli italiani sanno, a loro spese, che non possono vivere di assistenza pubblica. Ma la filosofia delle nostre istituzioni è ancora legata all’idea che sia lo Stato a garantire tutto, un pensiero reso comune dal fascismo. Se leggiamo la Costituzione, sembra che la Repubblica sia il paese di Bengodi, in cui tutti vengono protetti e assistiti. Per decenni abbiamo vissuto così e ne usciamo con il debito pubblico più alto del mondo. Forse alla base della crisi della democrazia italiana degli anni Novanta vi è proprio la convinzione, diffusa in Europa e in America, che l’Italia vivesse al di sopra delle sue possibilità.
Ebbene, il governo Prodi ha voluto restaurare il vecchio Stato sociale e fare dell’accordo con i sindacati la base della sua politica. E tutto ciò dopo che Berlusconi aveva aperto una grande alternativa liberale. Forza Italia, infatti, è nata proprio per dire che la libertà è un diritto naturale, che il privato ha diritti innanzi allo Stato, diritti che lo Stato non può non rispettare. Ha aperto in Italia una prospettiva diversa, liberale e occidentale, rispondendo allo sforzo di quei lavoratori e di quei piccoli e medi imprenditori ai quali si deve la presenza del nostro paese sul mercato globale. Libertà, prima di Berlusconi, voleva dire soltanto libertà dei diritti politici e soprattutto libertà dei partiti. Non a caso erano i partiti antifascisti la chiave di volta dello Stato repubblicano. Forza Italia ha dato l’idea che la libertà comprenda la proprietà privata, il diritto ad agire per crescere, e che lo Stato ha il compito di mantenere forte la legalità e la sicurezza e alto il sentimento della nazione, anche di fronte al fenomeno dell’immigrazione, inevitabile per via della crisi di nascite nel nostro paese. Berlusconi, insomma, ha fatto entrare l’Italia negli anni 2000, quindi sa di aver creato un popolo che lo attende e che gli altri partiti della coalizione non avevano capito. Legittimamente pensavano di trovarsi di fronte a una riforma in cui tutto potesse tornare come prima, ma si sono trovati di fronte a un’alternativa culturale.
Tutti ora si domandano cosa farà Silvio Berlusconi. Ma lui stesso ora cerca di comprendere il grande spazio che si è aperto alla navigazione di un Partito della libertà che risponde al dramma della tentata restaurazione dello Stato del Novecento.
    bagetbozzo@ragionpolitica.it

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