
La Russia taglia il gas all’Italia e la Germania aggira le sanzioni

Ieri il Nord Stream 1 ha smesso di funzionare. Come annunciato da Mosca, il gasdotto che collega direttamente la Siberia alla Germania e fornisce 60 dei 200 miliardi di metri cubi di metano russo che fluiscono ogni anno in Europa, sarà chiuso 10 giorni per manutenzione.
La Russia taglia il gas all’Europa
Ufficialmente, il problema è cambiare una turbina spedita in Canada per essere riparata, ma tutti in Europa temono che si tratti di un anticipo dello stop totale alle forniture di gas russo. I segnali non mancano: prima il blocco a chi si è rifiutato di violare le sanzioni europee e pagare in rubli (Polonia, Bulgaria, Olanda, Finlandia e Danimarca). Poi il taglio parziale a molti paesi, tra cui l’Italia.
Ieri Eni ha annunciato che Gazprom ridurrà le forniture a 21 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 32 milioni precedenti, che già rappresentavano un contributo nettamente inferiore a quanto richiesto dal nostro paese.
Putin minaccia, l’Occidente cede
È sempre più evidente che Vladimir Putin sta utilizzando l’arma del gas per ricattare l’Europa e per impedire il riempimento degli stoccaggi in vista dell’inverno. Il problema più grave, però, è che pur di togliere ogni alibi al Cremlino e smascherarne la strategia ricattatoria l’Occidente ha scelto ancora una volta di violare le proprie sanzioni.
Il Canada, infatti, ha approvato il divieto di esportazione in Russia di prodotti tecnologici e pertanto non può inviare a Mosca la turbina riparata. Su pressione della Germania, ha però deciso di spedirla a Berlino, che si farà carico di farla arrivare in Russia. Non c’è da stupirsi se l’Ucraina ha protestato con forza parlando di «coltellata alle spalle».
La precedente violazione delle sanzioni
Non è la prima volta che l’Europa si mostra debole e cede alle richieste di Mosca, violando le proprie sanzioni. Tutti i paesi, Italia compresa, che hanno dato il via libera all’apertura del doppio conto in Gazprom, hanno infatti accettato di effettuare una transazione vietata attraverso la Banca centrale russa. Quel che è peggio, è che la violazione delle sanzioni è avvenuta con il benestare della Commissione europea.
È chiaro che l’Unione Europea non ha davanti a sé scelte facili. Secondo il think tank Bruegel, per fronteggiare al probabile stop delle forniture di gas russo l’Europa dovrà tagliare i consumi del 15% in media, la Germania del 20%. «Rischiamo forti divisioni sociali», ha dichiarato il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck. «Dobbiamo prepararci al peggio». Ciò non toglie che approvare sanzioni contro Mosca per poi infrangerle in continuazione non è solo un segnale di debolezza, ma ne limita l’efficacia stessa.
La Germania ha deciso di aggirare le misure punitive ai danni della Russia per cercare di proseguire con gli stoccaggi in vista dell’inverno fino a quando sarà possibile ed evitare così uno stop alle produzioni industriali.
L’Italia si prepara a razionare i consumi
Il problema riguarda anche l’Italia: per compensare la penuria di gas russo, fondamentale anche per la produzione di elettricità, il governo guidato da Mario Draghi ha già dato ordine alle sei centrali a carbone ancora in attività di aumentare la produzione di elettricità. È previsto anche un piano di razionamento dei consumi: fino al 30 aprile 2023 le temperature negli uffici pubblici non potranno essere superiore ai 19 gradi di inverno e inferiori ai 27 in estate. Potrebbero essere approvate in futuro anche limitazioni per abitazioni e uffici privati.
Il governo prende in considerazione anche lo spegnimento dei lampioni sulla rete stradale cittadina ed extra-urbana e l’interruzione all’illuminazione di monumenti ed edifici storici. Ma se si dovesse arrivare al temuto stop totale delle forniture di gas russo, è possibile che le industrie più energivore (cementifici, acciaierie, ceramica, vetro, carta) debbano smettere di lavorare a intermittenza.
«Il prezzo del gas scatenerà una nuova crisi»
Al di là della mancanza fisica di metano, secondo gli esperti il problema principale sarà il prezzo di quello disponibile sul mercato. «I prezzi elevati rischiano di mettere in crisi interi settori industriali», spiega Andrea Giuricin, economista dell’Istituto Bruno Leoni. Su questo fronte servirebbe una mossa comune dell’Unione Europea, che però è bloccata dal solito gioco di veti e controveti.
Tra sanzioni inefficienti o aggirate e scarsa unità nel fronteggiare le difficoltà causate dalla guerra, non si può certo dire che la strategia europea brilli per forza, compattezza e coerenza.
Foto Ansa
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1 commento
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L’errore è stato inviare armi, e anche mettere le sanzioni. L’Ucraina se l’è cercata mettendosi in casa gli Stati Uniti. Non doveva farlo. E quindi doveva sbrogliarsela da sola.