La sanità lombarda è copiata anche in Cina. «Ci hanno chiesto di formare i loro medici»

Di Benedetta Frigerio
31 Gennaio 2012
Da 13 anni va avanti la collaborazione in campo sanitario tra Lombardia e Cina, affascinata dal modello regionale leader in Italia. Intervista a Franco Naccarella: «È il modello sussidiario in grado di garantire cure eccellenti lasciando i conti in ordine a incuriosirli. Ci hanno chiesto non solo di formare i medici, ma anche i dirigenti dei County hospital»

Un workshop Italia-Cina. Più precisamente uno scambio tra Milano e Pechino sulla politica sanitaria e le migliori tecniche mediche è stato organizzato dal consolato cinese, dalla Bocconi e da Quale Medicina 2000 in collaborazione con l’Irccs Policlinico San Donato. Franco Naccarella, presidente della organizzazione no-profit Quale Medicina 2000, accreditata dal governo cinese per la formazione permanente post-laurea in campo medico, racconta a tempi.it cosa ha reso possibile una collaborazione che dura da ormai tredici anni.

Da dove è nata questa iniziativa e la collaborazione tra i soggetti che hanno sostenuto l’iniziativa?
Alla fine degli anni Novanta Gabriele Menegatti, ambasciatore italiano a Pechino, mi disse che era necessaria una collaborazione in campo cardiologico e chirurgico. Così incominciarono i primi legami con la Cina in questo campo. Nel 2004, poi, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi andò a Pechino e disse che era necessario scambiare il migliore “know-how” italiano con quello cinese. Così ora esiste una sanità cinese molto vicina alla nostra e sempre più basata sull’evidenza scientifica. Che guarda con rispetto alla medicina tradizionale, ma anche alla nostra ricerca scientifica di base e alla sua applicazione. Sono ormai dieci anni che offriamo formazione, ospitando medici cinesi neolaureati. Rimangono tutti colpiti dal nostro sistema, specialmente da quello lombardo.

Come mai i cinesi sono colpiti da un modello così lontano culturalmente?
È l’assenza dello statalismo a interessarli. In Lombardia vedono la realizzazione di una competizione giusta e proficua, dove l’operato è giudicato in base alla qualità e non a seconda del finanziamento pubblico o privato di un ente. Anzi è proprio l’integrazione e la sinergia tra pubblico e privato, attraverso l’applicazione del modello sussidiario in grado di garantire cure eccellenti lasciando i conti in ordine, a incuriosirli.

Qual è il contributo dato dall’ultimo workshop?
Ci siamo soffermati sul modello di cura e ricerca scientifica lombardo basato sul concetto di Rete. È stata presentata Rol (Rete oncologica lombarda), che attraverso il raggiungimento di due obiettivi, l’appropriatezza e un’economia di scala, rende possibile una sostenibilità economica di un servizio essenziale quale quello sanitario ad un costo nullo o molto basso per il cittadino, in un momento di crisi economica globale e con i costi dei nuovi farmaci oncologici aumentati in maniera significativa. È stato anche descritto il modello di integrazione tra ricerca accademica e sviluppo farmaceutico realizzato in Regione Lombardia grazie alla Rol e al Nerviano Medical Science, che ha consentito l’attivazione di importanti progetti di ricerca clinica e di sviluppo di farmaci.

Quali sono gli altri progetti che vedono protagoniste Milano e Pechino?
Il presidente della Lombardia Roberto Formigoni è andato spesso in Cina. E ha firmato diversi accordi importanti che includono lo sviluppo delle energie compatibili con il sistema ambiente, gli scambi tra le università cinesi e quelle lombarde per la formazione, la condivisione delle tecnologie. La Lombardia ha anche finanziato un importante progetto sanitario per il sostegno all’handicap in Cina. Con l’aiuto del Policlinico San Donato abbiamo poi formato 22 cardiologi e 26 cardio-chirurghi cinesi. Due di questi hanno studiato cinque anni a Milano e ora sono fra i quattro migliori della Cina. Nel 2008 l’assessore alla Sanità della Lombardia, Luciano Bresciani, ha annunciato di puntare su un sistema in grado di interagire ancora di più con la Cina (la Lomabrdia esportava già il suo modello, spendendo il doppio dello Stato italiano per la cooperazione nel mondo): così abbiamo incrementato lo scambio di personale medico, di conoscenze scientifiche e cardio-chirurgiche tra il Policlinico San Donato l’An Zhen Hospital di Pechino. Ma c’è di più.

Cosa?
Ci hanno chiesto non solo di formare i medici, ma anche i dirigenti dei County hospital, realtà enormi da 1.200 posti letto che servono dai 3 ai 4 milioni di cittadini. Questo è un altro dei risultati della libertà che la Regione ha dato agli istituti per effettuare scambi economici e scientifici in grado di far crescere il proprio know-how e quello dei nostri partner.

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