
LA SCELTA DI DON GIUSSANI
Don Giussani entra nella città di Dio nella pienezza della vita eterna e nella storia del Novecento. La sua opera è stata centrale nella vita della Chiesa nel passaggio della Chiesa tra il Vaticano I e il Vaticano II. La Chiesa aveva vissuto a lungo comunicando nella tradizione delle famiglie il cristianesimo alle nuove generazioni, la fede passava attraverso la Chiesa di padre in figlio. Nella seconda metà del ’900 comincia a non essere più così, il rapporto tradizionale rimane ma non è più sufficiente a fare i nuovi cristiani. La fede diventa un’opzione, è il frutto di una scelta. Prima di questo, nel tempo della tradizione, la Chiesa forniva ai credenti le sue argomentazioni sulla vita cristiana, era all’interno della Chiesa che si conosceva Cristo, la fede sosteneva il passaggio dall’accettazione semplice alla conoscenza riflessa senza soluzione di continuità. La Chiesa cerca di affrontare i nuovi tempi con il Concilio Vaticano II e quindi si apre alla tematica della modernità, ma questo fatto spiazza la trasmissione della fede per vie di tradizione e crea incertezze nella Chiesa. Sembra che la fede debba essere accettata mediante il tramite di una teologia. La via della ragione è divenuta la via del pluralismo teologico e non è più un’opzione né unitaria né certa.
Nel medesimo tempo avviene in Occidente una crisi culturale, il sistema di civiltà occidentale viene messo in crisi nei suoi fondamenti, nelle università e nelle culture. La contestazione dilaga ed assume a un tempo la forma di una contestazione della Chiesa e della società. Don Giussani va visto come duplice sfida, spirituale e civile. Delinea per primo una nuova strada, quella della scelta non di una teologia né di una ideologia, ma la scelta di una persona: Gesù Cristo. Egli ha compreso che nella crisi della ragione solo un volto può costituire una via di salvezza, una via di certezza nella forma dell’esperienza di dedizione a una persona. E quale persona può in Occidente avere un fascino maggiore di Gesù Cristo che nella memoria occidentale vive riconosciuto come Dio e come uomo? Non sarà il solo don Giussani a riconoscere questa realtà, ma sarà il primo a provarla nel crogiuolo della contestazione spirituale e civile a un tempo e a rispondere congiungendo fede a presenza sociale economica e politica. La dedizione a Cristo diviene il principio di una compagnia di persone che la condividono e si manifesta in opere nella piena logica dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Egli ha così dato vita a un ruolo dei laici della Chiesa facendo egli, prete, un movimento che è essenzialmente laicale, si fonda sulla conversione personale e sulla pratica sociale, civile e politica, facendo dell’uno il fondamento dell’altro. Una categoria del ’68, il movimento politico, è così trasfigurata in movimento ecclesiale, una categoria che con Giovanni Paolo II troverà piena cittadinanza della Chiesa estendendosi a tutte le forme nate dalla grande crisi del trapasso dal tempo della tradizione al tempo della scelta personale e sociale.
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