
La scoperta dell’acqua
La verità è che a Edgardo Mariani i motori elettrici avevano iniziato davvero a venire a noia. Soddisfazioni economiche: quelle sì che ce ne erano, e pure tante. L’azienda che si era tirato su, tutto da solo col suo ingegno, in Germania procedeva a gonfie vele, con una produzione annua di circa 24 mila pezzi, e i suoi due ragazzi, Gianluca e Gianpaolo, rispettivamente 7 e 11 anni, crescevano che era una meraviglia. Ma c’erano anche quei 36 anni, e la fastidiosa sensazione che a quella giovane età non ci si poteva già annoiare. E più girava bene la diffusione dei suoi pezzi all’estero, più nel Mariani si faceva strada un sospetto che a metà degli anni Ottanta divenne un’irreversibile certezza: «Ok – disse ai suoi ragazzi – è ufficiale: non mi sto più divertendo». Prese il suo socio in disparte e con quelle stesse parole (“Ho un problema: non mi diverto più”), lo informò che si sarebbe preso un anno di riflessione. Quello stesso giorno, varcate le soglie della sua storica azienda, Mariani sapeva già che non sarebbe tornato indietro.
Facendo appello alla sua decennale esperienza tecnica, iniziò una meticolosa analisi di mercato a livello mondiale a partire proprio dai suoi clienti. Quello che ne venne fuori spiega solo in parte perché il destino dei Mariani arrivò tacitamente a incrociarsi con quello dei divi di Hollywood o dell’Emiro di Dubai. Perché quello che ne venne fuori fu semplicemente che in Italia quasi nessuno produceva pompe per uso professionale. E che il Mariani avrebbe ricominciato presto a divertirsi. Il business no, quello è venuto dopo. All’inizio, racconta oggi Edgardo Mariani dal suo ufficio a Cinisello Balsamo (Milano), nel bel mezzo di tutti i 3 mila metri quadrati della sua società, «c’era solo un’insopprimibile voglia di creare un prodotto diverso. Di soldi, grazie alla mia occupazione precedente, ce ne erano abbastanza. Ma di gioia, di realizzazione personale, zero. Il motore elettrico era un prodotto piatto. Dovevo assolutamente inventare qualcosa di nuovo. Per farla breve, nel 1987 realizzo il primo prototipo di pompa per portare la pressione dall’acquedotto da 3 bar a 200/300 bar, e con questa pompa e un’apposita società, la Simmm Engineering, mi presento al mercato italiano. Da cui – sorride Mariani – vengo bellamente snobbato». Se è vero però che l’Italia sul finire degli anni Ottanta non era ancora pronta per le elevate prestazioni del prodotto e la qualità dei materiali utilizzati, è anche vero che Mariani non aveva nessuna intenzione di aspettarla.
«Il mio circuito di Monza»
Decise allora di prendere contatto all’estero. Dove, tra i vecchi clienti a cui forniva “piatti” motori per ascensori o funivie, annoverava anche un’azienda statunitense. «Gli americani mi chiesero se la mia macchina poteva arrivare a certe prestazioni. Per usare una metafora, era come se mi avessero chiesto di farmi il circuito di Monza in tre secondi. E io, senza manco chiedere a cosa servisse una pompa del genere, ci ho lavorato giorno e notte. Ero estasiato all’idea di poter creare qualcosa che nessuno era riuscito a inventare prima. E ce l’ho fatta. Ho finito il circuito in meno di tre secondi». L ‘azienda statunitense rimane tuttora il partner d’eccezione di Mariani che vola dalla sede di Cinisello a quella del South Carolina con frequenza settimanale. Ma la storia è ancora lunga. «Fatta, progettata e brevettata, comincio ad adattare la macchina ad altre applicazioni. Dietro le quali ho fatto altri 5 o 6 brevetti, uno a livello mondiale e tre a livello europeo. Comincio cioè a vendere la mia tecnologia, il mio prodotto aprendolo ad altri core business, a utilizzare il principio di questa pompa per offrire soluzioni personalizzate». Il principio è semplice: la pompa del Mariani riesce a raffreddare l’aria consumando meno di un condizionatore. In modo semplice e naturale: nebulizzando cioè l’acqua e sottraendo con l’evaporazione della stessa il calore all’ambiente circostante. In meno di 30 minuti le apparecchiature del Mariani raffreddano 2400 metri cubi con una potenza di tre kilowatt e 25 litri d’acqua. Abbattono dagli 8 ai 12 gradi. Le vogliono gli stadi del Bernabeu in Spagna e l’Olimpico di Atene. Gli hotel di Las Vegas e gli Universal Studios di Hollywood. L’Aquatica di Milano e la Galleria Vittorio Emanuele. L’Hotel Timi Ama di Villasimius, i cantieri aeronautici in Umbria e le truppe americane in Iraq. I ristoranti di Singapore e i palcoscenici della moda, da Prada a Hugo Boss. E dopo l’impianto di raffreddamento dell’aeroporto, Mariani viene richiamato ancora a Dubai, per testare un impianto in cui le apparecchiature Simmm fanno tutt’oggi compagnia alle centinaia di persone che lavorano 24 ore su 24 intorno a un’ immensa piscina in cui l’Emiro si tuffa solo due volte all’anno.
E si affina, la tecnologia del Mariani – complice una macchina in grado di sfornare un pezzo ogni 50 secondi creata da Edgardo nel ’96 e costata un miliardo di lire -: viene installata nell’ambiente in quanto in grado di abbattere, oltre al caldo, gli odori e ogni tipo di polvere, anche il pm10. Le apparecchiature Simmm vengono richieste in Australia, Singapore, Malaysia, Corea, Dubai, Kuwait, Iran, Cina, Egitto, Brasile. Il fatturato sale a 2 milioni di euro all’anno.
Ed ecco che, un anno e mezzo fa, Mariani capisce che è venuto il momento di ripresentarsi in Italia con una nuova realtà. Lo intuisce quando s’imbatte in un «grosso personaggio di una grossa azienda che si era innamorato della mia tecnologia durante una fiera». Mariani lo incontra: «Gli chiarisco che a questo punto della mia carriera non mi interessa più vendere i miei sistemi, bensì cercare nuovi partner per aprire nuove aziende, ciascuna dedita a un settore specifico. Perché nella vita non puoi mica fare tutto. E se fai qualcosa devi farlo in modo professionale. Il successo all’estero dei miei prodotti è stato tale perché indirizzato e seguito da leader diversi, ciascuno con la sua specialità. Se ti presenti sul mercato promettendo di saper fare di tutto risulti alla fine solo poco credibile». Il “grosso personaggio” accetta dunque di mettersi in società col Mariani e così, «un passettino alla volta», è nata Neo Tech le cui soluzioni – già anticipate dai sistemi di raffreddamento Simmm scelti dall’archietto Cardenas per il prestigioso Driade di via Manzoni – verranno presentate al Kitchen Garden di Ingegnoli a Milano dal 17 al 23 aprile, e il cui laboratorio è già oggetto di uno studio del Cnr. Un bel risultato, sommato al riconoscimento ottenuto qualche tempo prima da un bando provinciale per l’innovazione («Siete talmente avanti da risultare fuori scala», commentarono gli esaminatori comparando il sistema e-business ed e-commerce di Simmm ad oltre 3.200 aziende).
Pochi “blablabla”
«Raffreddamento, umidificazione e le altre due prossime aziende a cui ho in mente di dedicarmi non faranno nulla di questo. Cose nuove insomma», ammicca Mariani che ha davvero ricominciato a divertirsi, soprattutto adesso che vanta i due migliori soci che potesse sperare: Gianpaolo e Gianluca, che da Londra e Dublino sono tornati a dare man forte al babbo, il primo formatosi nel commerciale, il secondo nel tecnico-finanziario. Una foto alle sue spalle mostra il terzetto. Guardandola, Mariani commenta: «Alla fine ho 55 anni, mica 80, non mi sento vecchio per niente. Eppure questo mondo ha cominciato a correre più veloce di me, lanciando messaggi che se non ci fossero i miei ragazzi non afferrerei mai. O sto perdendo colpi io, o sono loro ad essere dei mostri. Ma non credo, perché di giovani altrettanto capaci, che sanno affrontare le cose meglio di come le ho affrontate io alla loro età, ce ne sono tanti. Forse – sorride – sto solo andando fuori periodo».
Nei suoi primi quattro mesi di vita Neo Tech ha fatturato 220 mila euro, avvalendosi dei pezzi sfornati dalla macchina del ’96 da un miliardo di lire. «Lavora solo tre mesi all’anno quella lì. Potrei benissimo farla lavorare di più, ma a che scopo ingrandirmi? Quello che dovevo fare l’ho fatto quando ho deciso di non aspettare che le cose piovessero dal cielo. Un pizzico di fortuna e qualcuno che guarda dall’alto avranno sicuramente aiutato. Ma la verità è che il mio prodotto l’ho venduto perché era reale, non un “blablabla”». Qualcuno che ha provato a seguirlo c’è stato «epperò vi ha fatto lo shampoo – ri-ammicca Mariani -. Come a Gardaland: acqua da tutte le parti. La pompa della mia valigetta nebulizza invece l’acqua al punto da renderla invisibile. Pensate che a Driade avrebbero messo a rischio tessuti e cristalli? No signori, quella che ho creato io è stata una tecnologia ancora più fine di quella da noi progettata per il raffreddamento dei cantieri industriali e più leggera di quella per il controllo dell’umidità creata per le serre, le cantine vinicole, le industrie cartiere o gli allevamenti di animali. E quando dico “io” intendo lo zoccolo duro di Simmm, queste 12 persone che creano una centralina come questa qua – solleva una valigetta argentata stile James Bond – dalla quale scaturisce qualcosa di molto emozionale, in grado di creare qualcosa di bello (e vedrete che creazione ho preparato per Ingegnoli, con giochi di luci e acqua nebulizzata!) e che risolve un bel po’ di problemi, senza che nessuno se ne accorga. Eccetto le zanzare: le loro ali sono le uniche a risentire della nebulizzazione e a lasciarvi in pace». Appello ai milanesi: provate per credere passeggiando quest’estate in piazza Duomo o prendendovi un aperitivo al Bar Bianco nel parco Sempione, raffreddati dal fresco naturale di Neo Tech. Scordatevi però di sottrarre qualche magico ugello per carpirne i segreti: la tecnologia Mariani vanta ingredienti assai più misteriosi della Coca Cola.
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