
La scoperta dell’America
Quando leggerete questo articolo, le elezioni presidenziali americane saranno ormai concluse, e gli Usa avranno un nuovo presidente. È ancora impossibile stabilire quale sarà il peso di questa scelta sul futuro del Paese, dato che durante la campagna elettorale i due candidati principali hanno mostrato differenze di programma soltanto a livello di politiche concrete, su temi dove sarà il Congresso, e non il presidente, a giocare il ruolo principale. Per il momento, la vita continua come prima. Il punto è che oggi negli Usa non esiste una specifica filosofia politica dominante. Le guerre ideologiche del XX secolo non significano più molto per gli americani. Il loro definitivo vincitore è stato il consumismo. Ed è il consumismo a fornire quei principi di organizzazione della società che definiscono il significato di una “vita buona”, stabiliscono i doveri, e determinano ciò che è socialmente “giusto” o “sbagliato”. La società americana è certamente ancora una democrazia liberale ma libertà sembra sempre di più voler dire che tutto si può comprare mentre democrazia significa che qualsiasi cosa uno voglia, quello diventa il meglio per lui. Durante la campagna presidenziale, gli unici due candidati ad uscire da questa visione sono stati considerati “estremisti” (Ralph Nader e Patrick Buchanan); sia Bush che Gore sono invece rimasti all’interno della stessa concezione di “ciò che è buono per il Paese” – le differenze erano solo una questione di enfasi diversa e significati particolari. Recentemente sono stati pubblicati sei libri che analizzano questa trasformazione dell’American life. Alan Wolfe, critico del settimanale The New Republic, li commenta tutti e sei in un interessante articolo pubblicato sul numero del 23 ottobre della rivista. Wolfe spiega come i liberal e i conservatori del dopoguerra hanno cambiato il loro approccio per rispondere a questa situazione. I liberal continuano a credere in una redistribuzione della ricchezza, ma difendono l’intervento del governo sull’economia, uno strumento che protegge dal disastro economico dei ricchi – proprio come la Depressione. Inoltre i programmi sociali da loro promossi devono essere finanziati al di fuori delle entrate fiscali determinate dalla crescita economica. I liberal e il mondo dell’impresa e della finanza hanno oggi un interesse comune. Mentre la “nuova sinistra” stava combattendo contro questa trasformazione, scoprì che i capitalisti avevano indirizzato la loro ricerca di “nuove esperienze” su nuovi mercati e avevano allacciato nuove alleanze con la cosiddetta “contro-cultura”, la quale rapidamente ha creato una nuova cultura dominante di cui beneficiare (un processo cha ha raggiunto il suo apice con la creazione della classe sociale dei “Bobo”, i “borghesi-bohemienne”). Come sostiene Wolfe, il capitalismo americano è diventato post-moderno (“Proprio nel momento in cui i professori inglesi presero a domandarsi se non avessero dato di Derrida una interpretazione troppo estremistica, le compagnie pubblicitarie uscivano con campagne di affissioni che condannavano la pubblicità”). Gli osservatori più intelligenti e i sociologi concordano nel ritenere che questa situazione sta dando vita a una società molto diversa da quella fondata sulla tradizionale, tipica alleanza americana tra iniziativa capitalista e disciplina e autocontrollo protestante. Questa nuova società rende “invisibili” quanto mai prima d’oggi tutti coloro che non hanno i mezzi per competere nella folle corsa al possesso. Il problema è che il protestantesimo americano ha ormai rinunciato ad essere un fattore culturale dominante, riducendo la critica del consumismo ad attacchi elitari contro il desiderio di crescita economica dei poveri o di quelli che non hanno la loro educazione e le loro risorse. Chiunque voglia mettere in guardia la società americana dai pericoli del suo consumismo rampante, deve innanzitutto mostrare che questa richiesta di ascetismo non mira a ostacolare il giusto desiderio di migliorare le proprie condizioni, di un arricchimento della vita, ma vuole piuttosto impedire lo sgretolamento di quei “beni” che più di tutti rendono la vita degna di essere vissuta: l’amicizia, la comunione, la famiglia, lo stupore dinanzi alla bellezza, l’apertura senza pregiudizi al Mistero di Dio. Sarà capace il nuovo presidente americano di aprire questo discorso? Questo, credo, sarà l’impegno più importante.
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