La settimana orribile dell’Ucraina

La controffensiva che non sfonda, lo scontro con la Polonia, l'accoglienza fredda di parte del Congresso Usa e le rivelazioni imbarazzanti del Nyt: gli ultimi sette giorni sono stati durissimi sul fronte militare, mediatico e diplomatico per Kiev

Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina, al Congresso americano (Ansa)

Dal punto di vista militare, mediatico e diplomatico quella appena trascorsa è stata una delle settimane più difficili per l’Ucraina dall’inizio dell’invasione da parte della Russia. Sul fronte delle operazioni militari la controffensiva nel sud del paese continua ad arrancare, la stampa americana ha rivelato notizie imbarazzanti per Kiev sulla gestione del conflitto, il presidente Volodymyr Zelensky non ha ricevuto l’accoglienza che sperava negli Stati Uniti e lo scontro con la Polonia fa gioire soltanto il Cremlino, che invece ha trovato nella Corea del Nord un prezioso alleato.

La strage del mercato causata dall’Ucraina

Lunedì il New York Times ha pubblicato una dolorosa inchiesta sulla strage del mercato di Kostiantynivka, dove due settimane fa un missile ha ucciso almeno 17 persone, compresi diversi bambini. Subito dopo l’attacco, Zelensky aveva puntato il dito contro la Russia, accusandola di «disumanità assoluta».

Secondo il Nyt, però, il missile che ha distrutto il mercato non era russo, ma ucraino, e la strage non è stata causata da un attentato di Mosca ma da un tragico errore compiuto dalle forze armate ucraine. Probabilmente un 9M38, in dotazione agli ucraini come munizione del sistema antiaereo Buk, è finito fuori rotta per un errore umano o un malfunzionamento. Forse anche per questo sei viceministri della Difesa sono stati destituiti.

La controffensiva procede a rilento

Anche sul fronte militare non è stata una settimana facile per l’Ucraina. La controffensiva di Kiev, lanciata nei primi giorni di giugno, ha ottenuto qualche successo. Dopo la conquista del villaggio di Robotyne, situato oltre la prima linea di difese russe nel sud del paese, ci sono stati però scarsi progressi.

Le brigate ucraine sono avanzate verso la città ipercorazzata di Tokmak, ma molto lentamente. Il centro chiave per la riuscita della controffensiva, che apre la strada a Melitopol, dista ancora 25 km e difficilmente gli ucraini potranno raggiungerlo prima dell’inverno, quando le piogge e il clima gelido renderanno impraticabile il terreno.

Le difficoltà di Zelensky all’Onu e negli Usa

È però il fronte diplomatico a essersi rivelato il più ostico per Zelensky questa settimana. La proposta, fatta all’assemblea generale dell’Onu a New York, di togliere il potere di veto alla Russia nel Consiglio di sicurezza non è stata seriamente presa in considerazione dalle altre potenze.

E a Washington, dove un anno fa Zelensky era stato accolto come un eroe, il presidente ucraino ha avuto diversi problemi. Joe Biden ha promesso un nuovo pacchetto di forniture militari da 325 milioni di dollari, ma ancora non vi ha incluso i missili a lungo raggio Atacms.

Il Congresso americano è diviso sugli aiuti a Kiev

Per quanto riguarda il Congresso, se il Senato ha appoggiato pienamente Zelensky, alla Camera lo speaker McCarthy non ha lasciato parlare il presidente ucraino, inviso a parte dei repubblicani. I 24 miliardi di assistenza chiesti da Biden potrebbero non essere mai stanziati, oppure fortemente sforbiciati, in un momento in cui negli Stati Uniti non si trova l’accordo sulla legge di bilancio generale e si rischia lo shutdown delle attività statali.

Nel suo discorso pubblico al Senato Zelensky ha garantito all’America che «vinceremo contro la Russia», ma sono frasi a cui non crede più nessuno. Non a caso, durante i colloqui privati il presidente ha invece sottolineato che «se non riceveremo i vostri aiuti non vinceremo la guerra».

Lo scontro tra Ucraina e Polonia

Il fatto che parte della Camera abbia accolto freddamente Zelensky non significa che il sostegno americano stia scemando. Il fronte pro-Ucraina però si sta incrinando e non solo al di là dell’Oceano Atlantico.

Il fronte europeo è stato infatti spaccato in modo clamoroso dallo scontro tra Polonia e Ucraina, causato dalla vendita dei prodotti agricoli ucraini in Europa. Polonia, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria hanno confermato lo stop per evitare la crisi dei propri agricoltori. Kiev ha optato per la linea dura, denunciando i primi tre paesi all’Organizzazione mondiale del commercio. Varsavia, il terzo più importante fornitore di aiuti militari e umanitari a Kiev, ha reagito annunciando che non invierà più armi al paese di Zelensky.

Un vero disastro, soprattutto se si considera che contemporaneamente Vladimir Putin potrebbe aver raggiunto un accordo con la Corea del Nord di Kim Jong-un per la fornitura di munizioni per l’artiglieria russa.

«Via al “piano B”: Zelensky deve trattare»

Ed è forse anche l’andamento dell’ultima settimana che ha spinto l’ex direttore per l’Europa alla Casa Bianca Charles Kupchan, che ad aprile aveva incontrato in segreto il ministro degli Esteri Sergej Lavrov per mediare, a dichiarare in un’intervista a Repubblica: «La controffensiva non è avanzata quanto sperato. L’obiettivo originale di raggiungere il Mar d’Azov è improbabile. È ora di discutere il “piano B”, parlando con gli ucraini di cosa succede se la controffensiva non fa grandi progressi. Servono la tregua e poi la soluzione diplomatica».

Kupchan sottolinea di non voler «rinunciare a stabilire la piena sovranità ucraina, ma guardando le forze e le difficoltà, è più probabile ottenerla al tavolo diplomatico che sul campo di battaglia, anche se bisognerà aspettare il dopo Putin».

Per ora, insomma, «la Nato deve discutere con Kiev cos’è nel suo interesse nazionale: meglio tregua, investimenti stranieri e ricostruzione, o combattere per il restante 14% del paese soffrendo danni e perdite di vite?».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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