
Terra di nessuno
La signora D. e la ricerca di un motivo per alzarsi dal letto al mattino
La signora D. aprì gli occhi nel suo letto, non appena la luce del giorno si fece strada tra gli scuri socchiusi, e si accorse che era successo di nuovo. Di nuovo era del tutto incapace di alzarsi; ma non per cattiva voglia; invece per uno smarrimento totale in cui, nella notte, era piombata. Uno smarrimento del senso. Giacché in fondo noi, senza che ce ne rendiamo conto, ogni volta che al mattino ci alziamo, ci vestiamo e usciamo di casa, consentiamo implicitamente all’idea che questo nostro fare abbia un senso. Che sia necessario e utile, fare ciò che dobbiamo fare. Invece alla signora D., e fin da quando era ragazza, periodicamente accadeva di perdere quel filo di ragionevolezza e di istinto di sopravvivenza che regge la vita; e di svegliarsi al mattino, completamente sperduta.
Era come se qualcuno le avesse messo degli occhiali, per cui il presente era stato cancellato; e invece vedeva, benissimo, molto in lontananza, un punto di orizzonte imprecisato, forse l’ultimo suo giorno di vita. E nell’eliminazione del presente e con lo sguardo fisso in un indefinito lontano, niente aveva più significato. Atrocemente superflue le incombenze quotidiane, terribilmente difficile il lavorare; e gli affetti, poi? Nella penombra della stanza appena rischiarata dall’alba la signora D. posò gli occhi su una foto, su un comodino: il marito, i figli, ciò che aveva di più caro. Ma forse che anche loro, in quell’orizzonte lontano, non sarebbero morti? E il cane ai piedi del letto, che alla signora D. era tanto caro: anche lui, in quell’orizzonte, una piccola umile comparsa, e poi il nulla.
Quanto a se stessa la signora D., in quello sgradevole risveglio, si considerò con autentica pena: quarant’anni, tanto da fare, sempre di corsa, e per cosa? Si tirò le coperte sul viso. Forse che, dibatteva fra sé con le ultime sue energie, non era assolutamente vero che tutto alla fine decade e muore? Stava malissimo, ma perfino il pensiero di telefonare al medico le pareva assurdo: curarsi di che? Della realtà? Questa è depressione, e violenta, le diceva intanto una parte di sé; macché, questa è semplicemente la verità, nuda e cruda, ribatteva un’altra in lei, ostinata. E tra i due pensieri nella testa della signora D. ne interveniva un terzo: e Cristo, in cui dici di credere, dove sta, in questo orizzonte disperato? Dove sta, dove sta, rimuginava lei fra sé.
Sta, che forse per me Cristo è una pura idea, e non davvero presenza viva, faccia concreta che cambia lo sguardo. E cosa dovrei fare, quindi? «Semplicemente, come un mendicante, domandare», le rispose un’altra parte di lei (quel giorno la sua testa era affollata da anime diverse, e litigiose). Lentamente la signora D., a quella risposta, respinse le coperte e con fatica, come fosse fatta di pietra, si alzò; come ogni giorno si lavò, mise la caffettiera sul fuoco, e diede da mangiare al cane, con una carezza. (Un’amica mi ha raccontato di essersi, un mattino, svegliata così. Ne riferisco, casomai la stessa cosa accadesse ad altri).
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6 commenti
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Quante mattine da signora D……però quel terzo pensiero,tenace,cocciuto,come una spina nella carne….finché lo riconosci non più come un pensiero ma come una presenza,anzi la Presenza che ti costituisce e ti solleva dal tuo niente….allora ci si può alzare incredibilmente lieti e grati!
Una volta non volevo alzarmi per pigrizia poi mi sono cagato addosso perché la sera prima avevo bevute due coche cole gelate e allora sono saltato giu dai letti come una schida e sono ndato in bagno e giu a lavare delle mutande ciao.
Interessante…
un commento da adulto!…..guarda che prima o poi la vita ti prende anche a te!
È la speranza di poter leggere capolavori della letteratura mondiale come questo articolo a costituire la più seria motivazione ad alzarsi dalla branda e a fare il cubo tutte le mattine. Scrivine ancora, scrivine tanti. Saluti a Ridge Forrester di Bruttiful.
Anni fa mi capitava di ragionare nella medesima maniera, talune volte risvegliandomi.
Era la ricerca di un perché che mi confortasse nell’importanza di ciò che andavo a fare fuori di casa, del fine e del risultato del mio impegno. Ne ero soddisfatto, mi alzavo volentieri.
Lentamente, fino a meno di un anno fa, le mie risposte a quei quesiti cambiarono: si ridussero a poche, quasi sempre le stesse, sino a una sola: per sopravvivere. Mi alzavo, ma di malavoglia.
Poi, mesi fa, persi il lavoro. Non ho più domande e non ho perciò bisogno di risposte. Spesso rimango a letto tutto il giorno.