Non c’è notizia che riesca a scalfire la storiella dell’Italia isolata in Europa

Il primo ministro Giorgia Meloni a un vertice del Consiglio europeo a Bruxelles il 9 febbraio scorso (foto Ansa)e

Su Huffington Post Italia Angela Mauro scrive: «“Di solito, il Consiglio europeo discute, si decide un certo mandato e sulla base di quel mandato si organizzano gli incontri internazionali. In questo caso, c’è stato un incontro senza un mandato”. A due giorni dal viaggio di Ursula von der Leyen a Washington, a Bruxelles si scatena l’artiglieria pesante contro la presidente della Commissione europea. Della serie: è andata negli Usa, ha concordato una linea con Joe Biden, ma a nome di chi? Non dei 27, “sparano” fonti europee dopo aver meditato una risposta per tutto il weekend».

Autorevoli quotidiani in preda a un’acuta isteria antimeloniana ci informano che Roma è ormai isolata nell’Unione Europea dal solido asse franco-tedesco. Poi uno legge delle polemiche del macroniano Michel con l’atlantica Von der Leyen, dell’intesa della Germania con l’Italia sull’auto elettrica, del premier Mark Rutte che corre a Palazzo Chigi per contenere gli aiuti nazionali all’industria, dell’attenzione americana per l’intesa polacca-italiana sull’Ucraina, della stessa Francia che si aspetta una mano dall’Italia per difendere la produzione nucleare di energia. E si domanda: ma non c’è una cura un po’ efficace per l’isteria?

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Su Dagospia si riporta questa dichiarazione concessa a Un giorno da pecora di Rai Radio 1 da Sandro Ruotolo, nuovo membro della direzione del Pd, a cui si è appena iscritto: «“La mia posizione”, ha detto il giornalista a Un giorno da pecora, “è che ci sono tecnologie che possono fare anche a meno di bruciare il rifiuto. Noi sappiamo che i rifiuti urbani sono il 20 per cento e l’80 per cento di produzione sono quelli industriali”. Quindi lei non lo costruirebbe? “Mi confronterei coi cittadini e troverei insieme una soluzione, il mega impianto ti chiude e ti frega la differenziata”».

Ecco un’ennesima prova di come la neo eletta segretaria del Pd Elly Schlein dovrà conciliare il “potere della frase” con quello del “pensiero”, le aspirazioni spesso assai indeterminate di un ecologismo astratto con l’analisi realistica dei compiti molto concreti del sindaco Pd di Roma Roberto Gualtieri.

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Su Formiche il sottosegretario agli Esteri Maria Tripodi dice: «L’Italia sta riacquisendo un ruolo da protagonista. Lo dico a ragion veduta con la partecipazione al V Forum dell’Onu tenutosi a Doha, dove ho avuto una fittissima agenda di incontri bilaterali con i paesi meno sviluppati. Un chiaro segnale di come il governo intenda rilanciare le nostre relazioni e avviare azioni a sostegno dei Least developed countries attraverso le risorse della Cooperazione allo sviluppo. Anche a fronte delle comuni sfide dell’agenda globale: lotta ai cambiamenti climatici, ambiente, sviluppo sostenibile e immigrazione. Proprio su questo ultimo punto ho riscontrato grande interesse da parte di diversi paesi, in merito alla proposta del ministro Tajani di un piano Marshall europeo per l’Africa. Cento miliardi, con una strategia di crescita capace di fermare le partenze. Contenente una serie di accordi con Libia, Tunisia, Marocco, Niger e altri paesi subsahariani».

Al di là di un po’ di enfasi la Tripodi ricorda in modo convincente il ruolo nuovo che l’Italia sta conquistando nel mondo e non solo in Europa, Mediterraneo e Africa. Colpiscono in questo senso le polemiche di autorevoli quotidiani per i troppi viaggi aerei rispetto ai governi precedenti da parte di Giorgia Meloni, ma anche Antonio Tajani e Guido Crosetto. Anche l’isteria antimeloniana dovrebbe avere qualche limite. In certi casi verrebbe quasi da pensare a proprietà editoriali che ormai hanno più interessi parigini che romani. Ma, poi, forse è solo la disperazione di un giornalismo abituato a comandare a bacchetta l’opinione pubblica e che oggi si trova in qualche difficoltà.

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Su Open si scrive: «Il premier britannico Rishi Sunak parla oggi in un’intervista a Repubblica della linea del suo governo sull’immigrazione. E sostiene che soltanto così si difendono i più deboli. Sunak esordisce spiegando che “l’immigrazione non è un problema solo britannico, ma europeo. La nostra collaborazione crescente con la Francia per pattugliare le coste è l’inizio di un percorso molto positivo. In futuro, avere discussioni con l’Ue sull’immigrazione è certamente nei nostri piani, così come con Frontex. Perché la bacchetta magica non ce l’ha nessuno. Siamo solo all’inizio di un lungo viaggio”. Poi dice che definirebbe la legge britannica “dura ma giusta. Non credo sia etico continuare a insistere con questo status quo in cui le persone muoiono in mare, come al largo delle coste italiane, sfruttate dalle gang criminali. Anche perché le nostre risorse e generosità per aiutare vulnerabili e bisognosi sono prosciugate da coloro che sbarcano illegalmente”».

Al di là che si condivida o meno le posizioni sull’immigrazione del premier britannico Sunak (che difficilmente, comunque, si può accusare di razzismo), è interessante sottolineare l’accordo che Londra ha trovato con Parigi. Un accordo che mi pare metta anche in evidenza come nell’azione di Emmanuel Macron, forse disturbato dalla protesta di milioni di francesi contro la sua forneriana riforma delle pensioni, vi sia un elemento di poco controllato nervosismo. È un nervosismo che si legge nella sua politica africana che subisce duri colpi nella Repubblica Democratica del Congo, nei rapporti con il re del Marocco e con il governo algerino. È un nervosismo che si coglie nei suoi rapporti con il governo italiano al quale si arriva a rimproverare scelte sull’immigrazione che invece sono pienamente accettate dall’Eliseo in un accordo con il governo britannico.

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