La voce della coscienza

Di Fabio Cavallari
05 Giugno 2003
Un nano li risvegliò dal sonno morale

Teodoro e Marika hanno “dormito” per ventitrè anni. Non sanno cosa sia successo in questo lasso di tempo e, a prima vista, non sembrano neppure interessati a saperlo. Aurelio, un nano che non smette mai di fumare, è colui che è stato incaricato di reinserirli nell’ambiente circostante. Dopo sbrigativi e superficiali convenevoli offre loro un pasto veloce ed un caffè bollente. Alle loro domande Aurelio non risponde, si limita a sussurrare: «Non abbiate premura, avrete tutto il tempo necessario per capire. Ora leggete qui, ci vediamo fra qualche ora». Sbattendo la porta, l’austero nano lancia verso i due un plico di giornali e prima di salutarli intima loro: «Vedete di alleggerirmi il lavoro, cercate di informarvi e capire». I due iniziano a sfogliare quotidiani e riviste. Leggendo la storia in codesta maniera tutto sembra estremamente asettico: la caduta del muro, bambini mutilati, la trasformazione del lavoro, schiere di morti, innovazioni tecnologiche, donne stuprate, fosse comuni. Tutto appare drammaticamente senza anima, solo una foto costringe loro a ritornare su se stessi. La didascalia è scarna ma efficace: «Ecco cosa rimane della casa dei coniugi Caporali». Quella era la loro abitazione trasformata in un cumulo di macerie. Improvvisamente Aurelio, fumando e ridacchiando come sempre, ricompare nella stanza. Teodoro si scaraventa su di lui: «Chi sei?» Il nano visibilmente scocciato inizia a parlare: «Sono la voce della vostra coscienza, il lato cinico delle vostre sensazioni, l’egoismo dei vostri sentimenti, la pochezza delle vostre vite. Sono quello che voi siete, sono il limite che non vedete, sono l’immagine di voi stessi deformata dalla quotidianità». Marika si sveglia di soprassalto, la sveglia segna le 08.35, si catapulta giù dal letto e chiama Teodoro che ancora dorme: «è tardi, muoviti, dobbiamo andare a lavorare». Va in bagno, si guarda allo specchio e vede Aurelio che, serissimo, scuote la testa e si mette a piangere. Teodoro la raggiunge e senza guardarla si rivolge a lei: «Perseo usava un manto di nebbia per inseguire i mostri. Noi ci tiriamo la cappa di nebbia sugli occhi per poter negare l’esistenza proprio di quei mostri. Aurelio ci ha fornito una lente, ora non possiamo eluderne l’esistenza».

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