
L’affaire Enron e il gioco duro del business Usa
La settimana scorsa a dominare i media americani è stato il crollo della Enron Corporation. Un disastro finanziario che indubbiamente ha creato un’onda di preoccupazione per le possibili ricadute sull’intera economia nazionale. Tuttavia, la maggioranza degli americani non ci vede un segno dell’incrinatura di quel sistema economico al quale ha affidato il proprio “sogno americano”. Piuttosto lo considera il frutto dell’avidità d’alcuni dirigenti, un movente comprensibile e, in una certa misura, addirittura da ammirare. Gli americani sembrano insomma affrontare lo scandalo Enron come quei tifosi di football che talvolta apprezzano la “ruvidezza” del gioco. È un gioco duro, le regole devono garantire che sia il più possibile corretto ma, infine, è la pura forza bruta a vincere la gara e chi ha paura di farsi male farebbe meglio, semplicemente, a non giocare. I media, da parte loro, hanno più interesse nell’andare in cerca dello scandalo politico che nemmeno nel sollevare problemi di filosofia economica. Naturalmente, in questo caso, lo scandalo consiste nei rapporti tra i dirigenti della Enron e l’amministrazione Bush. I leader democratici al Congresso hanno ringraziato per questo regalo piovuto dal Cielo che ha offerto loro l’occasione per chiudere una discussa politica d’approvazione e appoggio al ruolo guida di George W. Bush nella guerra contro il terrorismo e insieme di critica e ostruzionismo inflessibile verso le misure di politica economica del Presidente. I democratici ricordano quanto accadde a Bush padre che passò con sorprendente rapidità dal popolarissimo incarico di comandante supremo delle forze armate al ruolo di ex-presidente. Se lo ricorda bene anche Bush figlio che fin qui è riuscito a reggere bene alla tempesta. Del resto sembra che un’esplorazione più approfondita dei legami tra la “cricca” della Enron e il mondo politico porterebbe alla luce non poche grane per membri eminenti del Partito Democratico, sia al Congresso che nella passata amministrazione. Il che diverte ulteriormente gli americani, con l’eccezione, naturalmente, di coloro che avevano i propri fondi pensione legati alle azioni della società. Ma, anche in questo caso, “è un gioco da duri”. Ora nello scandalo bisognerebbe riuscire a trovare un qualche risvolto sessuale: aiuterebbe a dimenticare gli inconvenienti e i rischi della guerra al terrorismo, quando passerà al suo secondo obiettivo, qualunque esso sia. Passerà anche questa, non c’è dubbio. Già alla fine della scorsa settimana il mercato sembrava assai più preoccupato della corretta interpretazione del pronunciamento di Alan Greenspan che della sorte delle vittime dell’affaire Enron. Per quanto riguarda poi i dirigenti della Enron, sono riusciti a mettere da parte sufficiente denaro per sopravvivere allo scandalo. Abbastanza da comprarsi l’Argentina…
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